Esami radiografici: sono sempre utili?

Rubrica Scienza&Salute

«Un esame radiografico su tre è inutile». L’allarme lanciato dalla Società italiana di radiologia medica è di quelli che fanno riflettere e porta subito a chiedersi dove sta l’errore, e perché dobbiamo sottoporci inutilmente a esami diagnostici che non solo hanno un costo per lo Stato, ma soprattutto sono dannosi per i pazienti. Sia perché si riceve una dose di radiazioni ionizzanti (o raggi X) senza motivo, sia perché «prescrivere radiografie inutili aumenta del 400% il rischio di essere operato inutilmente» come riporta Quotidianosanità. Allarme che inoltre, a prima vista, lascia un po’ disorientati: di quali esami stiamo parlando? Come distinguere quelli utili dagli inutili?

«La maggior parte degli esami inutili sono le radiografie» risponde a Linkiesta Massimo Bellomi, direttore della divisione di Radiologia dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo) e presidente del corso di laurea in tecniche di radiologia presso l’Università degli Studi di Milano. «Per esempio quelle per il controllo dell’artrosi, della spalla e in generale per i dolori reumatici articolari. Spesso i medici di medicina generale prescrivono ai pazienti radiografie che sono assolutamente inutili. Esami che potrebbero essere sostituiti da un’ecografia – meno dannosa per il paziente – o addirittura evitati semplicemente con una visita clinica fatta bene, in grado di dare una diagnosi precisa. Invece i medici hanno la tendenza a rimandare le responsabilità alla tecnologia, spesso inutile. Anche perché parliamo di sintomatologie generiche come un mal di pancia o mal di schiena, e nel 95% dei casi poi gli esami sono negativi. La conseguenza è che si incide sulle liste d’attesa, sui costi del servizio pubblico e naturalmente si è esposti a radiazioni senza motivo».

Sebbene nel 2013 possa sembrare controtendenza, non è sempre vero, quindi, che la tecnologia sia più affidabile o meglio del cervello umano. E in alcuni casi la diagnosi clinica del medico è ancora più vantaggiosa di un esame diagnostico. La Società Italiana di radiologia medica ha stilato un elenco dei casi in cui l’esame diagnostico può essere di troppo: al primo posto troviamo la risonanza magnetica del rachide lombosacrale, seguita da quella dell’encefalo e del ginocchio. Rispettivamente in caso di mal di schiena, mal di testa o dolori alla ginocchia, prima di effettuare un esame di questo tipo sarebbe meglio sentire la diagnosi del medico e provare a curarli, e solo dopo, se il dolore persiste, approfondire il problema.

In generale però risonanza magnetica o tac sono più utili rispetto alla radiografia convenzionale perché permettono di vedere più a fondo il problema. La radiologia convenzionale del torace e della colonna, per esempio, è assolutamente superata perché non permette di vedere un’ernia del disco. Cosa che invece fanno tac o risonanza. Ma di contro la tac espone il paziente a una dose di radiazioni molto maggiore rispetto alla radiografia. Inoltre l’esame deve essere “giustificato” altrimenti si rischia di farlo inutilmente. «Giustificato nel senso che per legge ci devono essere i presupposti per cui il paziente si sottoponga all’esame – continua Bellomi – il che avviene 20% dei casi negli altri 80% questo requisito non esiste».

Altra storia sono gli esami per la diagnosi precoce del tumore. I ricercatori canadesi del Terry Fox Research Institute hanno recentemente pubblicato sul New england journal of medicine uno studio su un nuovo calcolatore del rischio per il tumore al polmone, che associato alla tomografia computerizzata (tac) a basso dosaggio potrebbe aiutare a individuare i casi di tumore maligno. «Esistono diversi calcolatori di rischio del tumore del polmone, alcuni sono online da anni e vengono perfezionati sempre di più», afferma Bellomi. «Questo è solo un esempio. Quello che fanno è calcolare il rischio di tumore in base a diversi fattori di rischio, come età, sigarette fumate, problemi respiratori ecc. Niente di nuovo in realtà, l’unica novità è che negli anni – nel 1999 venne usato per la prima volta questo sistema – abbiamo imparato molte cose con l’esperienza e tutte queste informazioni ci aiutano a raffinare il sistema che è sempre più preciso».

Si tratta di un sistema – quello della tac spirale o a basso dosaggio per la diagnosi precoce del tumore del polmone – che un grosso studio americano, sostenuto dal National cancer institute, aveva confermato già nel 2011, ma che aveva suscitato non poche polemiche negli anni. «Anche se i dati di fatto sono incontrovertibili – replica il direttore della divisione di radiologia dell’Ieo – i ricercatori americani hanno condotto la sperimentazione clinica su 50mila persone a rischio di tumore del polmone: 25mila sono state sono state sottoposte alla tac a basso dosaggio e 25mila no. Trovando che la mortalità era più bassa del 20% nel primo gruppo. Si può discutere quanto vogliamo di come sia stata condotta la ricerca e cercare il pelo nell’uovo, ma questi sono i dati. Tanto che le stesse assicurazioni americane, che sono molto attente a questi argomenti, l’hanno inserita nelle good clinical practices, per i soggetti a rischio: cioè i fumatori di oltre 50 anni».

Ora i principali gruppi di lavoro oncologici si stanno concentrando su un sistema per diagnosticare in anticipo questo tumore, associando alla tac a basso dosaggio l’analisi genomica. Un semplice prelievo del sangue associato all’analisi strumentale potrebbe forse aiutarci a salvare delle vite umane. «Anche a Milano con lo studio “Cosmos II” stiamo cercando un bio-marcatore che possa identificare le modifiche che si instaurano quando c’è un tumore o addirittura quando si sta sviluppando», conclude Bellomi. «La sequenza ideale, il tester, non è stata ancora trovata ma a Milano ne abbiamo due in fase di sperimentazione su volontari a rischio. Ci stiamo lavorando all’Ieo come all’Istituto dei tumori di Milano, in America, Germania e Giappone. Speriamo che presto emerga qualcosa di positivo».
 

Twitter:@cristinatogna

In collaborazione con RBS-Ricerca Biomedica e Salute

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