Fortezza Europa, passano le merci ma gli uomini muoiono

Oltre 50 vittime in un nuovo naufragio

In una trentina d’anni il Mediterraneo ha inghiottito quasi 20mila persone nel tentativo vano di raggiungere le coste meridionali dell’Europa, forse credendo ancora ciecamente nell’utopia che l’Europa persegua un proprio ideale di civiltà da millenni mentre è oramai chiaro che ha perso la bussola e si dirige dritto verso la barbarie. Per la prima volta nella storia umana una barriera naturale non costituisce l’insormontabile ostacolo per raggiungere l’agognata riva ma diventa il cimitero a cielo aperto di coloro che non ce l’hanno fatta, sfortunati maratoneti che s’accasciano tragicamente a poche centinaia di metri dal traguardo mentre quelli sulla terraferma guardano con indifferenza i naufraghi morire, senza muovere un dito. Questa volta ad affondare è un pezzo d’isola, un villaggio intero, un piccolo quartiere di 518 anime mentre ciò che resta della barca di cartone galleggiante sprofonda tra i flutti del Mediterraneo.
E, dopo pochi giorni, l’11 ottobre un nuovo naufragio con oltre 50 vittime e duecento persone tratte in salvo. Sprofonda davanti alle luci lontane di un’isola, di un gruppo di case illuminate, di pescherecci che ti vedono e fuggono via come se la barca beccheggiante fosse una nave di untori e appestati alla deriva. La riva la si vede da lontano, brumosa e irraggiungibile. I naufraghi affondano vicino alla terraferma come falcidiati da un male misterioso, schiantandosi su una muraglia invisibile, fatta d’indifferenza, legge restrittive, incomprensione: sono le mura della Fortezza Europa, tanto invisibili quanto invalicabili.

Fortezza Europa”. Per capire fino in fondo di cosa si tratti, occorre rispolverare il concetto espresso da Naomi Klein di “continente-fortezza”. Il continente-fortezza è un blocco di nazioni che uniscono le proprie forze per ottenere accordi commerciali favorevoli da paesi terzi ma che allo stesso tempo pattugliano severamente le proprie frontiere per non far passare i cittadini di quegli stessi paesi. Il che significa concretamente rigettare violentemente fuori coloro che cercano disperatamente di penetrare nel continente-fortezza anche sparandogli addosso e non importa se i disperati provengono proprio da quel paese terzo col quale s’è appena stretto un accordo. Il continente-fortezza infatti permette lo scambio di merci, non di uomini. Per far transitare forza lavoro le maglie s’allargano magicamente ma l’umanità qui non c’entra nulla. È il “capitale umano” a transitare, una risorsa unica ed a buon mercato che serve a far funzionare la stessa macchina che spara, affonda o lascia che anneghino in mare coloro che cercano di fuggire da guerre, fame, carestie. L’essenza del continente-fortezza è circondare un’isola protetta, pattugliare un’oasi nel deserto proteggendola con armi e leggi da coloro che ne sono fuori e che dunque non possono accamparne una cittadinanza nonostante accordi commerciali e partenariati stabiliti tra paesi limitrofi, confinanti o prossimi. Un paradosso, ma non l’unico.

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Questa strategia è stata messa in atto inizialmente da Stati Uniti, Canada e Messico per fronteggiare l’assalto di migranti alla Fortezza-America dai paesi dell’America Latina ed è stata esportata con successo anche al di qua dell’Atlantico, ovvero nel Mar Mediterraneo. Come tra Messico ed Usa, i migranti sono ritenuti semplice merce di scambio. La fuga del migrante da una situazione di disagio ed il suo diritto ad aspirare ad una vita degna non sono neanche presi in considerazione. Le porte della Fortezza Europa – chiuse a doppia mandata grazie alla solerzia delle leggi europee e ai pattugliamenti aggressivi delle motovedette locali che s’occupano principalmente della segnalazione e del respingimento e non della salvaguardia delle vite – s’aprono solo per far passare “materie prime umane” quando è necessario, ovvero quando il mercato globale ne ha bisogno. Prima la tratta della vergogna era Messico-Stati Uniti. La manodopera immigrata è stata infatti da sempre il vero carburante dell’economia del sud-ovest degli Stati Uniti. Ogni anno migliaia di clandestini cercano di superare il Muro di Tijuana, la barriera che corre lungo quasi mille chilometri lungo il confine fra gli Stati Uniti e il Messico. A causa del trattato commerciale ‘Nafta’ (una sorta di mercato interno americano allargato al Canada e al Messico) milioni di contadini del Messico settentrionale sono stati costretti infatti ad abbandonare le proprie terre per tentare l’emigrazione clandestina negli Stati Uniti. Circa il 45% dei lavoratori agricoli in Usa sono in realtà immigranti illegali, e buona parte di loro viene dal Messico. La “Fortezza America” dunque ed il Nafta sono stati successivamente integrati dal «Piano Sur». Il governo messicano s’è trasformato in breve nel poliziotto al soldo degli americani, il Messico è diventato una frontiera americana allargata, il dispositivo di sicurezza per arginare il flusso di disperati che affluisce dai paesi dell’America Latina verso gli Stati Uniti. Grazie a questo dispositivo, centinaia, migliaia di migranti sono stati fermati, imprigionati e deportati dalla polizia messicana prima ancora che raggiungessero i confini statunitensi. Il Piano Sur ha provocato quasi 2.000 morti tra il 1998 ed il 2004 ed è risultato dannoso oltre che dispendioso (per la Secure Border Initiative, che controlla le frontiere con il Messico e il Canada, sono stati sborsati 3,7 miliardi di dollari ma i fondi sono stati tagliati nel 2010).

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E in Europa? L’Europa, come ha ribadito lucidamente Naomi Klein, s’è trasformata in una «fortezza regionale a più livelli». L’allargamento verso la Polonia, la Bulgaria, l’Ungheria o la Repubblica Ceca è diventato il pretesto per accedere a riserve di forza-lavoro a buon mercato con costi di produzioni notevolmente più bassi. Questi paesi sono diventati infatti paesi-serbatoio di manodopera di facile accesso. Il Mediterraneo è invece da decenni la nuova frontiera dello sfruttamento delle masse di disperati che attraversano il mare per tentare di raggiungere l’agognata Europa. Tutte le politiche sino ad oggi sono apparse meri palliativi per non risolvere il problema e continuare ad alimentare il paradosso su cui si basa la Fortezza Europa. Dal 2011, con lo scoppio delle primavere arabe, il numero di migranti che cerca di approdare sulle coste europee è aumentato a dismisura (in quell’anno, a causa dei flussi legati alle primavere arabe, 2.352 persone sono morte nel tentativo di raggiungere le coste meridionali dell’Europa). Ma il metro continua ad essere lo stesso. Frontiere sigillate per coloro che fuggono dalla guerra o dalla fame ed al tempo stesso facile accesso a una manodopera a basso prezzo sottomessa e senza diritti che in breve passa ad uno stato di semi-schiavitù (un esempio è ciò che avviene nelle campagne del Sud Italia). In fondo, come ha spiegato il filsofo Zygmunt Bauman,il problema resta sempre lo stesso, ovvero soddisfare le richieste di un mercato sempre più vorace.

«Il mercato richiede costantemente nuove terre incolte e relativamente vergini da includere nel proprio universo in modo da soddisfare nuovi mercati e aprire a sua volta nuovi spazi (…). Il problema della manodopera si risolve facilmente aprendo il lucchetto della “fortezza”, facendo entrare un po’ di gente per poi richiuderlo subito».

Ma è davvero questa l’idea di fondo dell’Europa? La Fortezza Europa ha importato il sistema statunitense per schiacciare i flussi migratori sfruttandone le risorse in termini di manodopera al nero a prezzo zero. Il migrante non richiesto dal mercato del lavoro costituisce un pericolo, una mina vagante. Allora gli si spara addosso, lo si lascia morire in mare oppure lo si lascia entrare clandestinamente, lo si lascia fuggire da centri di detenzione che sono campi di concentramento per poi sfruttare il suo lavoro al nero. È l’economia globale a volerlo. Da questo punto di vista il dispositivo “Eurosur” non è tanto diverso dal “Piano Sur”. Eurosur è basato su un concetto “securitario” di gestione dei flussi migratori. Esso infatti in teoria ha un triplice obiettivo: individuare i migranti clandestini, lottare contro la criminalità internazionale e salvare i profughi che fuggono via nave. Ma in realtà quest’ultimo punto è solo fumo negli occhi in quanto non esiste alcuna procedura per stabilire chi deve salvare chi e dove è possibile richiedere lo status di rifugiato. Mentre infatti i paesi si gettano l’un l’altro la patata bollente di un barcone alla deriva (è successo ad esempio tra Italia e Malta in passato), i migranti periscono in mare. In realtà Eurosur è un progetto poco affidabile, sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista operativo, e la tragedia di Lampedusa ne è una riprova lampante. Non c’è un organismo di sorveglianza ed è un progetto molto oneroso che dovrebbe costare entro il 2020 circa 340 milioni di euro ma secondo calcoli di diversi specialisti si arriverà ad una cifra del doppio o del triplo. Sono soldi spesi bene? Non sembra.

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Del resto anche il budget di Frontex (l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell’UE) è passato dai 6 milioni di euro del 2005 a quasi 90 milioni nel 2009 la gran parte dei quali impegnati per le operazioni di pattugliamento congiunto del Mediterraneo. Si siglano infatti accordi con paesi che reprimono i diritti fondamentali, si barattano aiuti economici in cambio dell’impegno a trattenere i migranti fuori dalle mura della Fortezza Europa e tutto ciò avviene a discapito della tutela dei diritti umani dei migranti. Ma se la Fortezza Europa (alla stregua di quello che hanno fatto gli Usa con il Messico) è capace addirittura di allargare la sua sovranità fin nel continente africano, esternalizzando le frontiere per stroncare sul nascere il fenomeno dell’immigrazione clandestina, se è capace di finanziare centri di detenzione, di pattugliare e respingere in mare, perché non è capace invece di esternalizzare anche i diritti, proteggendo e fornendo assistenza a coloro che fuggono da fame e guerre ?

E questo significa concretamente non solo mettere al bando l’iniqua e barbara legge Bossi-Fini ma parallelamente aprire canali umanitari nel Mediterraneo affinché chi fugge dalla guerra possa chiedere asilo e non affidarsi ai barconi della morte dirigendosi verso una morte certa. Il paradigma “più sviluppo, meno migrazione” che ci hanno propinato per decenni non ha funzionato perché è l’Europa stessa ad avere bisogno d’immigrati per sopravvivere.
Le politiche migratorie europee continuano ad essere invece impregnate da una visione allarmata e distorta dell’immigrazione che vede al centro dell’universo un’Europa civile assaltata da barbari immigrati che occorre respingere con violenza e solerzia. Non si vede invece l’immigrazione come una ricchezza, il necessario apporto ad un’economia e delle società strangolate, non si vede nell’immigrazione la possibilità del riscatto, quel riscatto che tanti italiani, spagnoli, greci, francesi hanno trovato altrove in altri tempi della storia. Finché le mura della Fortezza Europa resteranno invalicabili ed impermeabili, il concetto stesso di Europa e di civiltà europea saranno destinati a perire indegnamente tra i flutti del Mediterraneo.

Twitter: @marco_cesario

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