Italianità a tutti i costi? Meglio il modello Thohir

Alitalia & Inter

Facciamo un esperimento mentale. Berlusconi è ancora presidente del Consiglio; Erik Thohir e Massimo Moratti trattano la cessione dell’Inter; Palazzo Chigi stoppa l’operazione perché “un’Inter indonesiana trasferirebbe i migliori talenti da Milano a Giacarta”. Credibile? No di certo. Sorvolando sul conflitto d’interessi di un proprietario del Milan che intervenisse nelle vicende societarie dei cugini, non s’investono centinaia di milioni per depredare una società dei suoi asset migliori: nella fattispecie, i (tanti o pochi) campioni che si allenano alla Pinetina.

Come mai, allora, ci siamo bevuti la fola secondo cui un’Alitalia francese avrebbe rapito i passeggeri diretti a Roma per riconsegnarli a Parigi? E come mai tuttora riteniamo vitale preservare la nazionalità d’imprese che dalla loro italianità non sembrano trarre grandi benefici? Non è difficile comprendere perché la classe politica ci propini un simile punto di vista: non sempre gli investitori stranieri sono avvezzi ai costumi locali. Meno evidente è il motivo per cui, da elettori, ci prestiamo alla demonizzazione dello straniero che, da consumatori, accogliamo di buon grado.

Il calcio offre un formidabile esempio in tal senso. Già oggi, soggetti stranieri controllano oltre la metà dei club che partecipano alla Premier League inglese. Nella Ligue 1 francese, si scontrano a suon di trasferimenti milionari il Paris Saint Germain e il Monaco, guidati rispettivamente da Nasser Al-Khelaifi e Dmitrij Rybolovlev: non due esotici centravanti, bensì i due munifici magnati che saldano il conto. In Italia, ha ceduto al fascino dello straniero anche la Roma, che – dopo un paio di stagioni di rodaggio – guida ora la classifica in virtù di uno stupefacente avvio di campionato. I tifosi fanno i tifosi: non lesinano le critiche – ne sanno qualcosa i Glazer a Manchester – quando l’andamento della squadra lo richiede, ma il passaporto di chi la guida non è tra i primi cinquanta motivi di disagio.

Un investimento è una garanzia materiale, ma è anche una promessa di successo: certo, quelli che si affermano sul mercato non sempre sono i migliori proprietari possibili, ma tendenzialmente sono i migliori proprietari plausibili. Nell’arena politica subentrano altre valutazioni: se non voleremo con Alitalia, potremo pur sempre ricorrere a qualche altro vettore; allo stadio non esistono piani di riserva.  on le aziende pubbliche, già pubbliche o para-pubbliche si può scherzare; con la squadra del cuore no. Per lei vogliamo il meglio: un proprietario con idee chiare e tasche profonde. La sua nazionalità non c’interessa. Del resto, i soli campioni nazionali sono quelli con lo scudetto sulla maglia.

(articolo originariamente pubblicato sul sito dell’Istituto Bruno Leoni)

X