Ci sono gli scaffali di cartone, le mensole di cartone, gli alberi di cartone e anche le grucce di cartone. E poi l’immancabile “Armadio Verde”, che ha dato il nome alla catena di swapping (baratto) di abiti per bambini nata nel 2011 a Milano. Alto, basso, largo o stretto. Purché l’armadio sia green, come vuole la filosofia dei negozi creati da Eleonora Dellera e suo marito David Erba, che da Milano si sono già diffusi a Genova, Bergamo e in provincia di Varese (Busto Arsizio) Il concept è quello dello spreco zero e del riutilizzo, ma niente “mercatino dell’usato” e cesta delle occasioni. Qui gli abiti sono ben sistemati come in una boutique di lusso, dopo esser stati selezionati con cura e valutati in base a specifiche fasce di marchi.
Nonostante quello dell’“Armadio Verde” sembri un mondo di fantasia, il progetto che c’è dietro è tutt’altro che campato in aria. Il target degli utenti è medio-alto. Cosa che consente di ricevere e vendere prodotti di qualità. «Sono persone che a loro volta hanno comprato bene. È importante dare loro un’immagine confortevole, per questo i nostri negozi sono ben curati», spiega Eleonora Dellera, «così i genitori possono superare il pregiudizio dell’usato per i figli. L’immagine paga».
Sono le dieci del mattino e in pochi minuti nella boutique di Porta Romana, a Milano, è già arrivata una pila di vestitini, tra cui un maglioncino nuovo di zecca firmato Richmond con l’etichetta ancora attaccata. «In questo periodo di cambio stagione ci arrivano moltissimi vestiti. Poi si ricevono tanti regali, molti sbagliati», racconta Laura, titolare della boutique dopo parecchi anni passati a lavorare in banca (e un corso da sommelier), «e le cose per bambini durano poco. Si usano per pochi mesi, addirittura pochi giorni».
Il funzionamento dell’“Armadio Verde” è semplice. I genitori selezionano dall’armadio i vestiti che i bambini non indossano più e scelgono una boutique in cui portarli, alla quale si abbonano con una card. In questo modo si cominciano ad accumulare le “stelline” con cui si potranno comprare i vestiti (che qualcun altro ha portato) in tutte le boutique della catena. Un metodo partito da un singolo negozio, che poi è diventato un franchising. E ora è possibile fare shopping verde anche sul web, grazie all’online store: la mamma può scegliere i vestiti ovunque si trovi e farli arrivare nella boutique più vicina senza alcun costo.
Prima di gestire il marchio “Armadio Verde”, Eleonora aveva lavorato per molti anni nel marketing del lusso e dei viaggi. Suo marito, invece, di mestiere faceva il consulente. «Quando poi sono rimasta incinta ho capito che c’era una grande opportunità nell’ambito del second hand», racconta Eleonora. «Tra amiche e parenti ci si scambiavano i vestiti. E c’erano anche gli swap party di quartiere,ma tra poche persone. Così ho cominciato a pensare a qualcosa di più esteso, che potesse ridare valore agli oggetti. E anche qualcosa che mi lasciasse più tempo per la famiglia, visto che avevo intenzione di fare un secondo figlio».
La prima boutique la apre lei in persona e la gestisce per un anno. Poi arrivano le altre. Le aperture non sono casuali. «Si fa prima un’analisi della clientela potenziale, si studiano i luoghi, si scelgono quelli con scuole o asili». E poi si individuano «le boutique, che devono avere un arredamento riconoscibile, per lo più fatto con materiali di riciclo o recuperato. E soprattutto un armadio verde. Ognuno sceglie il suo, solitamente restaurandolo o recuperandolo. Al futuro titolare del negozio poi viene fatto un periodo di formazione e viene consegnato uno stock di vestiti con cui cominciare». A chiedere di aprire un “Armadio Verde” «sono soprattutto mamme, perché si riesce a conciliare bene la vita privata con la vita lavorativa. Ciascun negozio ha i suoi orari». E negli stessi spazi in cui vengono scambiati i vestiti, si organizzano anche gli eventi per genitori e bambini.
I clienti sono di tre tipi, dice Eleonora. «Ci sono le fashion victim che trovano da noi anche vestitini provenienti da ogni parte del mondo, visto che le mamme viaggiano molto. Poi ci sono quelle attente al risparmio, soprattutto con la crisi, e infine quelli più attenti all’ecologia».
E i marchi dei vestiti che vengono portati nelle boutique sono selezionati rigorosamente. «Privilegiando soprattutto quelli piccoli. Ma abbiamo anche marchi di lusso come Dior bambino, Cavalli o Armani e vestiti di sartoria fatti a mano dalle nonne». La regola, poi, «è che magliette e pantaloni non debbano avere macchie e tutti i bottoni a posto». Incrociando in seguito il tipo di vestito, il marchio e l’età alla quale è destinato, alle mamme e ai papà vengono date in cambio le “stelline” per barattare nuovi vestiti. Una nuova moneta, che non ha bisogno di cassa. E sui cartellini di pagliaccetti e salopette, non si trovano gli euro ma i numeri di stelline.
Sì, ma con questo tipo di business, i soldi come si fanno? «Gli unici soldi entrano al momento dell’iscrizione», spiega la fondatrice. «Per portare i vestiti nelle boutique si deve sottoscrivere un abbonamento, che equivale a “comprare” il servizio che offriamo di selezione e scambio. Gli abbonamenti sono di sei mesi, a 150 euro, o un anno, a 250 euro. Costi uguali sia per chi ha un figlio, sia per chi ne ha i più». Le somme viste così possono far paura. «Ma se si fanno i conti su quanto costano i vestiti di un anno intero sicuramente si risparmia. Si paga una sola volta e poi si scambia quanto si vuole». E spesso il vestito barattato già una volta può tornare in negozio per essere riutilizzato. «Come le tutine da sci. La usi una sola volta per la settimana bianca. E poi se è in buono stato la riporti qui riprendendoti le stelline».
Gli abbonamenti, al momento, sono oltre 250 nelle cinque boutique (e sono in continua crescita). L’ultima apertura, qualche giorno fa a Bergamo. Ma l’intenzione di Eleonora e David è quella di espandersi anche nel centro Italia. E ora dall’Armadio Verde lanciano anche gli sconti: le stelline in omaggio per le mamme in gravidanza, «che non hanno ancora accumulato molta roba, ma ne accumuleranno molta al momento della nascita» e quelle aggiuntive per le mamme che hanno figli sopra i sette anni. Con una novità: presto verrà presentata una linea sartoriale «tutta nostra fatta con i tessuti di scarto dei grandi marchida una mamma che ha lavorato nella moda». Solo in questo caso, però, per comprare bisognerà fare un mix di stelline e soldi “veri”.