“La modernità è liquida e questo mondo è finito”

La vita passa dall’offline all’online

Sulla modernità, sulla vita online e offline, sull’impatto della tecnologia sulla vita dell’occidente, sui profughi, sulla globalizzazione, sul concetto di tempo, sulla fine degli stati sovrani. Zygmunt Bauman, ha un’opinione su tutto: a domanda, risponde. Il sociologo (uno dei più famosi e citati al mondo) è a Milano per partecipare al ciclo di incontri Meet the Media Guru, organizzato dalla Camera di Commercio di Milano. Il tema è la vita tra online e offline. Ma all’incontro con la stampa in mattinata parla anche di altro, cioè di quasi tutto il resto: passa senza problemi dalla finzione che tiene in piedi gli stati nazionali alle idiosincrasie della vita quotidiana, fino alle chat e le rotte dei migranti. Del resto, è l’uomo giusto per navigare a suo agio in questa modernità liquida (definizione sua e diventata subito celebre – e declinata in ogni modo). Forse non sempre in modo originale, ma senz’altro interessante.

E allora è vero che vivere connessi «impone un’altro modo di vedere il tempo». In cui «tutto resta schiacciato nell’immediato». Si vuole «un caffè? Dev’essere istantaneo». La pazienza è scomparsa e a dominare l’epoca delle comunicazioni immediate è il qui e ora, «il nowism». Le conseguenze sono numerose. In primo luogo, scompare la pianificazione a lungo termine. Come applicazione e prima ancora, come concetto: non solo si dimentica l’attitudine su progetti di ampio respiro, ma la società stessa impone una flessibilità sull’immediato: tradotto, non vale più studiare a lungo per imparare un lavoro perché nel frattempo il lavoro stesso sarà cambiato, «e tutto quello che si è appreso sarà già obsoleto».

Ma vivere connessi ha conseguenze anche sul piano della politica: la rete permette un livello di interazione «mai visto». Prima «occorreva passare attraverso giornali, ottenere notorietà lungo livelli istituzionali. Internet permette a tutti una visibilità indipendente e questo «lo rende l’elemento naturale della democrazia». Anche se sorvola sull’elemento Beppe Grillo e si concentra sulla natura stessa della politica, e del potere. E nota che «ormai le due cose sono separate – a meno che si resti in una scala locale. A livello globale lo stato nazionale sovrano è solo una finzione». Un’epoca finita: gli organismi politici che reggevano il novecento nella modernità liquida non hanno più senso. Anche perché, se «la politica è l’abilità di decidere le cose che devono essere fatte», in un mondo schiacciato sul presente ogni previsione è impossibile. E allora «la politica segue solo le richieste dell’elettorato, preoccupandosi solo di avere un’offerta adeguata ai desideri del pubblico». Senza una visione di lungo periodo.

«Adesso è un momento di interregno», in cui si registra un passaggio di poteri dalle forme tradizionali alla borsa, ci sono altre cose da imparare. Interrogato sulla strage di Lampedusa, Bauman ha ricordato che «anche il mondo dell’accoglienza è cambiato». Col tempo, si è modificato il pensiero con cui si considera lo straniero: «prima la politica era di assimilazione, adattamento, integrazione». Lo straniero, inserendosi nella nuova società imparava la lingua, i modi, imitava lo stile di vita. Smetteva cioè di essere straniero. «Ora è diverso: chi arriva mantiene salda la propria identità. E allora il destino sarà di vivere sempre accanto a uno straniero». Una condizione nuova e tutta da definire. Ma impossibile da programmare.

E allora, in un mondo nuovo, in cui la tecnologia elimina, o cerca di eliminare la complessità, privilegiando un pensiero superficiale fatto di immagini e colori, ogni cosa sembra già detta. Forse anche da Bauman stesso. Ma a quanto pare – visione di insieme a parte – l’originalità non è tratto di questi tempi. 

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