L’intervista del Fatto quotidiano a Lapo Elkann è il classico “pezzo” che ogni giornale vorrebbe avere. Svela lati sconosciuti, debolezze umane e persino miserie, violenze e fragilità di un uomo testimonial del made in Italy nel mondo. Un filo interrotto che si riavvolge dopo il crac di dieci anni fa, la vicenda della droga e del trans Donato Brocco in arte Patrizia che esposero il giovane Elkann alla ribalta mediatica di mezzo mondo. Il racconto, ben scritto e raccontato, inciampa però in due inesattezze che val la pena sottolineare, per dovere di cronaca. La prima è la gaffe di Lapo sul voto a Berlusconi nel 1994. Non che sia scabroso votare il Cavaliere, intendiamoci. E’ che non era tecnicamente possibile visto che in quell’anno l’erede Agnelli aveva 17 anni dunque non poteva votare. Ricorda male Lapo, si riferiva forse al voto del 1996, oppure è una affermazione non veritiera?
La seconda è una inesattezza un po’ più importante perchè investe l’immagine di un intero movimento ecclesiale che rischia di uscire con le ossa rotte, screditato, da una intervista del genere. Lapo infatti racconta per la prima volta di violenze e abusi sessuali subiti a 13 anni, testualmente, “in un collegio di gesuiti”. In realtà non sarebbe così, almeno per chi si è incaricato di fare chiarezza sulla vicenda come Andrea Sarubbi, ex parlamentare Pd, fondatore di #OpenCamera e oggi collaboratore de La Stampa. Lo ha scritto in un appassionato post su Facebook. Un post che ripubblichiamo qui sotto perchè ci sembra interessante e utile per tutti. Se poi lo stesso Lapo volesse fare chiarezza sul punto, sarebbe opera meritoria.
Andrea Sarubbi: “Scrivo due righe che forse qualcuno fraintenderà, ma voglio prendermi il rischio perché l’argomento mi sta a cuore. Mi ha colpito molto la confessione di Lapo Elkann a Il Fatto Quotidiano sugli abusi subiti a 13 anni. Ancora di più, per la mia storia personale, mi ha colpito il particolare che li avesse subiti – cito testualmente – “in un collegio di gesuiti”. Mi hanno cercato diversi organi di informazione oggi per chiedermi dettagli, sapendo della mia vicinanza alla Compagnia di Gesù e alle sue scuole, ma non avevo risposte da dare. Dopo diverse ore di ricerche ho appurato due cose: la prima – che immaginavo già, vista l’infanzia di Lapo vissuta all’estero – è che nessuno dei 6 collegi dei gesuiti in Italia lo ha mai avuto come alunno; la seconda è che la scuola alla quale Lapo si riferisce (un istituto nella regione dell’Alta Savoia) non è un collegio dei gesuiti. Da fonti certissime, ho avuto la conferma che Lapo non ha mai studiato in vita sua in una scuola dei gesuiti: quello stesso collegio francese, che ho chiamato oggi per avere una controprova, mi ha detto che con i gesuiti non c’entra nulla, né è mai stato gestito da loro. Non voglio pensare che Lapo abbia potuto confondere un ordine religioso con un altro: l’ipotesi che mi viene in mente è che, forse, in quegli anni abbia potuto lavorare in quel collegio, tra gli altri, un singolo gesuita pedofilo (io non ne ho mai conosciuti, ma ce ne saranno stati, come in varie altre realtà ecclesiali). A molti questa imprecisione potrà sembrare una cosa da nulla, un dettaglio insignificante in una storia di violenza; a me – che conosco bene l’impegno straordinario dei gesuiti per i ragazzi e la loro educazione – fa paura il rischio che una frase del genere possa buttare all’aria tanto lavoro e tanta credibilità…”
Concordiamo in pieno.