Permessi più facili per stroncare il racket della morte

Del Grande, autore di Fortress Europe

Dopo il naufragio, l’incendio e il mare che inghiotte ancora decine e decine di corpi, a Lampedusa si contano di nuovo i morti. E il molo dell’isola diventa un cimitero per chi, pagando a suon di migliaia di euro gli scafisti del contrabbando, aveva tentato di entrare in Europa dalle coste italiane. E ora si ritrova avvolto nelle coperte lucide dei soccorritori. «Quello che è successo ha origine nelle scelte fatte in passato, quando in Europa 20 anni fa è stato introdotto l’obbligo del visto per poter entrare in un Paese dopo gli accordi di Schengen. Da allora sono aumentati gli sbarchi illegali, che sono andati a ingrassare in questo modo le tasche della criminalità e hanno causato migliaia di morti e dispersi», denuncia Gabriele Del Grande, che con il suo blog “Fortress Europe” tiene il conto dei “morti per immigrazione”: 19.142, cifra aggiornata al 3 ottobre 2013 (dal 1988). «Sono morti tentando di espugnare la fortezza Europa», scrive.

Le agenzie di stampa aggiornano di minuto in minuto il numero dei morti dell’ennesima tragedia nel mare di fronte a Lampedusa. Si poteva evitare tutto questo?
Bisogna tornare indietro. Il problema non è prevedere gli sbarchi. Tragedie come quella di oggi nascono 20 anni fa, da quando in Europa dopo l’accordo di Schengen, che ha abolito i controlli alle frontiere nell’area, sono stati rafforzati i controlli alle frontiere esterne allo spazio Schengen ed è stata istituita la procedura comune del visto per entrare nei diversi Paesi europei, con procedure rigidissime. Da allora gli sbarchi sono aumentati. La repressione della libertà di movimento ha portato queste persone a rivolgersi al contrabbando e al traffico illegale, che porta alle morti in mare. 

Cosa dovrebbero fare l’Italia e l’Europa?
La soluzione è l’apertura dei confini, garantendo la libertà di movimento. Se prendiamo i numeri di quelli che tentano di arrivare sulle nostre coste, si tratta in realtà di numeri piccoli. Si tratta di meno di 10mila persone all’anno, molte delle quali sono dirette non in Italia ma verso altri Paesi europei. Stiamo pagando un prezzo di sangue altissimo, solo per bloccare la libertà di movimento. 

Cosa significa “bloccare la libertà di movimento”?
Queste persone devono poter andare nelle nostre ambasciate e chiedere un visto con la facilità con cui facciamo noi per viaggiare, seguendo quindi i canali legali. Bisogna abbassare la soglia delle barriere per ottenere un visto, rendere le procedure più semplici. Molti di quelli che si mettono sulle barche prima erano andati a chiedere un visto senza però ottenerlo, così sono stati costretti a pagare fior di migliaia di euro agli scafisti criminali. Andando quindi a ingrassare le casse della criminalità organizzata. 

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La visita di Papa Francesco a Lampedusa, però, è stato un segnale importante per attirare l’attenzione su quello che avviene nell’isola. 
Mah, nell’immaginario dei cattolici magari sì. Ma le preghiere non servono. Serve la politica. Una politica che investa sulla mobilità. Mi sembra assurdo che in piena globalizzazione viaggiare rappresenti un crimine. Queste persone per venire di qua devono poter avere la stessa libertà che abbiamo noi quando decidiamo di andare di là. E poi l’abolizione dei controlli alle frontiere anche dai Paesi dell’Est Europa non ha mica portato a una invasione come faceva credere qualcuno. 

E invece cosa è successo?
Ci sono persone che fanno avanti e indietro in un regime di libertà di circolazione senza aver invaso il Paese. Anzi, negli anni della crisi se ne stanno andando perché qui non c’è più lavoro. 

Anche perché bisogna distinguere tra clandestini, richiedenti asilo e rifugiati, che sono la maggioranza in questo periodo. 
Certo, la questione dei richiedenti asilo è importante. L’Europa l’asilo glielo concede pure, ma prima devono arrivare qui. E arrivano via mare rischiando la vita. Bisogna creare corridoi umanitari attraverso le nostre ambasciate nei Paesi di provenienza. Che non significa, anche in questo caso, essere invasi: in Sicilia sono arrivati 3mila siriani, su 2 milioni di profughi in Siria. Bisogna ridimensionare i numeri: non significa che dobbiamo farci carico di tutti i mali del mondo.  Le sanatorie che si fanno in Italia ogni anno portano alla regolarizzazione di 300-400mila persone, mentre dal mare arrivano ogni anno meno di 10mila persone che usano le porte italiane per muoversi verso tutta Europa e non solo in Italia. Sono numeri piccoli. I numeri dei morti, invece, sono grandi.

In questa conta continua, non ti sembra che ci siamo un po’ assuefatti alle morti degli immigrati in mare?
Sembra che la vita di queste persone valga meno della nostra.Atteggiamento che si vede anche nel modo di raccontare questi fenomeni da parte dei media. Non vengono raccontate storie, non vediamo ritratti. Vediamo solo numeri, dichiarazioni al vetriolo, fotografie di massa e non singoli volti. Anche i termini che vengono utilizzati – “barcone”, “carretta”, “invasione” – portano a una progressiva disumanizzazione di queste persone e alla assuefazione degli spettatori. Non so se si tratta di incuria, o proprio di razzismo. 

Twitter: @lidiabaratta

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