È uscita da pochi mesi la nuova graphic novel di Rutu Modan, artista israeliana pluripremiata per la sua attività di fumettista e illustratrice. Si intitola La proprietà, è edita da Rizzoli Lizard e racconta la storia di un viaggio, quello di Regina e Micca, nonna e nipote che vanno insieme a Varsavia per riprendersi l’appartamento dove la nonna viveva prima della guerra. Durante la permanenza in città, alcuni incontri inaspettati rivelano un passato nascosto e gettano una nuova luce sulla storia della famiglia. La narrazione di Rutu Modan, che oscilla sapientemente tra il toccante e divertente, trasforma la storia in un bellissimo percorso tra passato e presente, verso nuove consapevolezze.
Ne La proprietà riemerge un segreto di famiglia che, custodito per anni, ha modificato il punto di vista sul passato di alcuni personaggi. Pensi che nelle famiglie segreti e bugie possano mantenere i legami più stretti o che sia sempre meglio dire la verità?
Essere aperti, condividendo emozioni e pensieri, può essere meraviglioso: facilita un senso di vicinanza e ci fa sentire meno soli. Tuttavia mi sembra che ultimamente questo atteggiamento sia diventato una scusa per essere egocentrici. Ovunque: in tv, su facebook, tra sconosciuti, la gente parla della propria vita privata e confessa i più terribili segreti, che gli altri siano disposti ad ascoltarli o meno. Ma qualcuno che ci getta addosso le proprie emozioni non è sempre interessante. In un mondo così affollato, non c’è più uno spazio o un luogo per una vita interiore privata.
La mia famiglia ha sempre avuto molti segreti senza dover nascondere chissà quali oscure verità. Abbiamo sempre mentito su cose molto triviali e quando mi interrogo sulle ragioni di questo comportamento penso che quello fosse il nostro modo di mantenere una nostra individualità e di riuscire a vivere insieme senza sentirci soffocati. E non perché non fossimo vicini ma proprio perché eravamo molto vicini (e lo siamo ancora).
I segreti ci danno la libertà, sono il nostro spazio personale che nessuno può invadere. Lasciare che le persone a noi care abbiano dei segreti (come Micca nel libro, che sceglie di non dire a sua nonna di aver scoperto la verità) significa avere rispetto del fatto che ogni individuo ha diritto alla sua privacy.
Una tavola in anteprima
Regina torna a Varsavia, città dove viveva prima della guerra, e la trova molto diversa. Quanto potere hanno i ricordi nelle nostre decisioni? Come influenzano la percezione che abbiamo del nostro percorso di vita?
Daniel Kahneman, psicologo, vincitore il premio Nobel per l’economia nel 2002, dice che ognuno di noi ha due personalità: quella che fa esperienza e quella che ricorda. Ha studiato la differenza tra come gli esseri umani ricordano le loro esperienze e come invece le percepiscono mentre le vivono. Sembra che si abbia la tendenza ad organizzare i ricordi all’interno di una storia coerente, che può essere estremamente diversa dalla vera esperienza. Si ricordano alcuni dettagli ma se ne dimenticano altri che non troverebbero posto nella storia che ci si vuole raccontare. E alla fine ci si ritrova a prendere decisioni basandosi proprio su quella storia, che è in realtà parziale e a volte addirittura falsificata. Ma in fondo, chi siamo noi se non quella storia che si regge sui nostri ricordi alterati? Al contrario di quello che ci dicono alcune guide spirituali, solo gli animali sono in grado di vivere il qui e ora senza essere guidati, torturati e influenzati dai ricordi.
Di fronte alla possibilità di stare a Varsavia, Regina si chiede quante volte possiamo ricominciare una vita. Pensi che ci siano davvero alcuni momenti nella vita in cui è possibile cominciare da capo?
A Regina era stata imposta una nuova vita. Non l’aveva scelta autonomamente, era stata la storia a decidere per lei e per molte persone della sua generazione.
Possiamo ricominciare più volte le nostre vite? Se dobbiamo farlo lo facciamo, dato che siamo creature con una straordinaria capacità di adattamento in qualsiasi circostanza. Ma purtroppo non è così semplice: possiamo affrontare un nuovo inizio, ma questo comporterà un profondo senso di perdita. E parte del dolore è data proprio dal constatare che siamo in grado di ricominciare: riusciamo ad essere felici anche dopo aver perso le nostre radici, la nostra infanzia, le persone care. Credo che quando Regina si chiede quante volte si può ricominciare una vita vuol dire che è così stanca di andare oltre le cose che ha perso, da non essere in grado di farlo ancora una volta.
Sia ne La proprietà che in Unknown/Sconosciuto (Coconino Press) due persone sconosciute si incontrano per caso e condividono momenti e sentimenti molto intimi. Pensi che a volte sia più facile aprirsi con uno sconosciuto che con le persone care?
Ogni tanto, per caso, su un treno o mentre facciamo la fila in posta, capita di incontrare una persona e di iniziare un discorso così, per passare il tempo. E improvvisamente la conversazione diventa intima e ci sentiamo vicini a questo sconosciuto trovandoci a raccontare cose che non avremmo detto a nessun altro. Succede perché le nostre azioni non hanno nessuna conseguenza, questa persona non sa niente di noi e non c’è pericolo che possa rivelare i nostri segreti o giudicarci.
Può capitare che questo sconosciuto ci dica qualcosa che ci cambia la vita, qualcosa che può essere addirittura più incisivo di quello che ci abbiano mai detto nostra madre o il nostro compagno. Parlo di quei preziosi momenti nella vita in cui due persone si sentono improvvisamente vicine e anche se ognuna continuerà poi per la sua strada, si avrà sempre la percezione di aver ricevuto qualcosa da conservare per sempre.
Una tavola in anteprima
Anche se entrambi i tuoi libri trattano situazioni drammatiche, hai la capacità di raccontarle con un tono molto lieve e piacevole. È un tratto che mantieni anche nel tuo approccio alla vita?
Creare un tensione tra il tragico e la vita quotidiana è qualcosa che ho molto a cuore nelle mie storie. Forse cercare ironia e comicità nelle situazioni più drammatiche è proprio un’attitudine che mi contraddistingue. È la cosa più vicina alla realtà che io possa immaginare.
Vivo in un paese, Israele, dove eventi terribili succedono ogni giorno. Senza senso dell’umorismo qui sarebbe difficile sopravvivere e restare ottimisti (a dir la verità dappertutto: c’è qualche posto dove la vita è facile?!).
Il tuo tratto è molto pulito, preciso e delicato. Qual è la tua tecnica e in che modo combini testi e disegni?
La tecnica che ho usato per La proprietà è nuova. È basata su progetti precedenti in cui fotografavo non solo le location ma anche i personaggi. Uso raramente didascalie o ballon coi pensieri e quindi mi baso fortemente sui dialoghi e sul linguaggio del corpo per definire una personalità.
Nel mio libro precedente, Unknown/Sconosciuto, ho chiesto a un’amica di farmi da modella per varie posture. Per La proprietà sono andata un passo avanti. Ho realizzato uno storyboard per l’intero libro, sapendo esattamente cosa sarebbe successo in ogni inquadratura; ho coinvolto attori professionisti e li ho fotografati mentre “recitavano” il libro. Infine, dopo essere andata in Polonia per scattare foto nelle location di cui avevo bisogno, ho amalgamato tutto nei disegni. È stato in qualche modo come dirigere un piccolo film low-budget. La cosa bella dei fumetti è che, pur avendo le foto, il processo creativo è comunque flessibile e aperto a modifiche. Si può sempre cambiare tutto se c’è bisogno.
Giovedì 31 ottobre alle ore 12 Rutu Modan è ospite a Lucca Comics and Games. La proprietà è candidato nella categoria miglior autore unico, nei premi Gran Guinigi di Lucca Comics and Games.