Qualche anno fa, alla curva del Marsiglia arrivò la voce che Franck Ribery poteva essere ceduto. Uno dei capi ultras, un certo Christian, si presentò in sede: «Lui non si vende, chiaro?». Ora invece la Francia scarica il suo (ex) figlio prediletto. Ai tedeschi, ai quali nel frattempo è stato venduto. E proprio nell’anno in cui Ribery potrebbe davvero vincere il Pallone d’Oro. A dirlo è il periodico che fino a qualche anno fa assegnava il premio al miglior giocatore in Europa. Secondo un sondaggio di “France Football”, il 71% ha una pessima reputazione di lui e il 75% non lo considera nemmeno il miglior giocatore di Francia. E solo il 24% dei transalpini pensa che meriterebbe il Pallone d’Oro, contro il 55% dei tedeschi, che ne ammirano le gesta con la maglia del Bayern Monaco.
Quella di Ribery è la storia di un ragazzo che da maledetto diventa prediletto, per poi tornare indietro. Nato nel nord della Francia, come Jean Pierre Papin, con l’ex asso del Milan condivide anche un incidente in auto da bambino. Papin ne esce illeso, Ribery con il viso deturpato. In Turchia, dove andrà a giocare, lo chiameranno “Scarface”, ma anche “Ferraribery” per la velocità che ci mette in campo. Da ragazzo non è facile domarlo e spesso si ritrova a cambiare squadra. A Lille gioca in serie B a 17 anni, ma lo mandano via per problemi comportamentali. Lo scorso anno, durante una conferenza stampa, si fa “sfuggire” che la squadra francese lo aveva mandato via perché troppo esile, giusto per mantenere viva la polemica. Dopo Lille, gira molto, gioca, ma dura poco anche nel Metz.
Cambia campionato e religione. Va al Galatasaray, diventa musulmano, ma quello che non cambia è Ribery. La Turchia gli va stretta, vuole tornare in Francia. Così Ferraribery scappa, inseguito dal suo agente che vuole una percentuale mai incassata. Vuole Marsiglia e la ottiene. Si consacra, diventa l’Enfant gaté, il figlio viziato e quindi prediletto al quale tutto viene concesso. Nessuno all’epoca si permette di ammetterlo, ma a metà anni Duemila la Francia ha finalmente il suo rappresentante caucasico, benché musulmano (convertito…). Non è l’algerino Zidane, né il kanako Karembeu. È l’Exception Française, come lo chiama brillantemente “Liberation”, riferendosi in quel caso al modello economico protezionistico: il talento è nostro e ce lo godiamo noi. E può fare quello che vuole. Ai Mondiali del 2006 la Francia è nelle mani sue e di Zizou. Ma mentre il numero 5 del Real Madrid si conferma campione schivo e dopo la partita si infila negli spogliatoi, Ribery resta a festeggiare nello stadio e gli steward a un certo punto devono trascinarlo via dallo stadio semivuoto.
Ribery è un’Exception anche culturale. È figlio delle banlieu, come Zidane. È fantasioso, come Zidane. Stop. Va a trovare i vecchi amici in periferia, ma con un potente suv. Per mantenere le distanze e perché tutti vedano che ce l’ha fatta. Come quando nel Metz lo paragonano all’ultima stella passata da lì e poi finita a vincere tutto tra Arsenal e nazionale, l’esterno Robert Pires. Ribery ricopre lo stesso ruolo, ma guai a fare paragoni: lui è più bravo. Gli propongono il rinnovo di contratto dopo nemmeno 6 mesi, ma lui rifiuta sdegnato. L’altro paragone che non gradisce è quello con Papin. Gli ricordano del gol segnato quando era con l’Olympique Marsiglia contro il Monaco, finale di Coppa di Francia del 1989 che gli vale pure il bacio presidenziale di Mitterand. «Ma io quel gol mica me lo ricordo», dice gelando il conduttore. Ora al Marsiglia c’è lui. Lui e nessun altro. Davanti ai soldi tedeschi la puzza al naso sparisce, di colpo. Il Bayern Monaco vuole rinforzarsi e si affida a lui e Luca Toni. Diventano amicissimi e Ribery sembra quasi simpatico. Poi però fa il passo più lungo della gamba. O il doppio passo, visto il ruolo. Il 2010 sembrerebbe il suo anno: con il Bayern che vola in Bundesliga e con il Mondiale alle porte. Anche gli sponsor sono dalla sua parte: la Nike imita il cartellone con l’effige gigante di Zidane installata a Marsiglia e ne crea uno simile per lui a Boulogne-sur-mer, patria del re pallonaro francese. E in Germania lo ritraggono come lo considerano ormai i tifosi bavaresi: “Il Bayern ha un nuovo re”.
In aprile, però, la bomba: il canale francese M6 apre il telegiornale con la notizia che 4 giocatori della nazionale francese sabbero stati pizzicati in un nightclub con delle prostitute minorenni. Tra loro c’è anche Franck, che ammette: Ho una relazione con una escort, ma mica lo sapevo fosse minorenne. La ragazza in questione è Zahia Dehar e il suo nome perseguita Ribery. Meno male, per lui, che la Francia in Coppa del mondo esce per l’ammutinamento dei giocatori contro il ct Domenech e non per la storia, che comunque non gli pesa. Perché mentre Zahia è su tutte le copertine dei rotocalchi francesi, lui continua a vincere. Ma in Germania. L’Enfant gaté non è più profeta in patria, figuriamoci in nazionale, con Les Bleus che non vincono nemmeno in Polonia e Ucraina.
Anche il 2012 non sembra un anno buono, perché la delusione continentale è doppia: prima della sconfitta ai quarti degli Europei c’è la finale di Champions persa in casa. Ma Ribery potrebbe non aver visto ancora nulla. Perché proprio nell’anno del triplete (campionato, coppa di Germania e finalmente Champions) a contendersi il Pallone d’Oro sono lui e il compagno di squadra Arjen Robben, ma i francesi fosse per loro non glielo darebbero mai e poi mai. Colpa di quella liason. Pazienza se la moglie lo ha perdonato e se il compagno di scorribande Karim Benzema preferisce ancora circondarsi di donne (pare) pure qualche trans. La sua è una condotta che i connazionali hanno scoperto essere non da re di Francia. Dovrà accontentarsi di esserlo di Germania, dove festeggerà se dovesse diventare il 5° transalpino migliore d’Europa. Il terzo fu Papin, ma guai a dirglielo.
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