Dal reparto di Medicina della sessualità e andrologia dell’Ospedale di Careggi, tutto tace. Il direttore del reparto Mario Maggi, e tutto il suo staff, non intendono rilasciare nessuna intervista sulla proposta choc partita il 22 ottobre dall’ospedale fiorentino. Maggi secondo quanto si legge sul Corriere Fiorentino, avrebbe chiesto alla Regione Toscana il via libera per estendere la diagnosi di disforia di genere – ora effettuata solo sugli adulti – anche sui bambini, in modo da seguirne la crescita e bloccare la pubertà – se la diagnosi fosse confermata – per reindirizzarla verso il sesso che l’adolescente realmente sente come suo.
La disforia di genere è un disturbo mentale che colpisce una persona su 30-50 mila. La persona che ne soffre ha problemi ad accettarsi per come è, perché si sente intrappolata in un corpo che non è il suo: è un maschio che si sente donna e vorrebbe sembrare una femmina anche fisicamente, e viceversa. Comportamenti ed esigenze che si possono manifestare già da piccoli, secondo i medici, ma che si rendono manifesti soprattutto durante la pubertà, quando il corpo cambia e si sviluppano le caratteristiche sessuali secondarie (come il seno o la barba).
Il vantaggio di bloccare la pubertà e poi sottoporre gli adolescenti a una terapia ormonale in grado di renderli più simili all’altro sesso è quello di aiutarli ad affrontare con meno sofferenza questo periodo della vita. Ed evitare magari un intervento di chirurgia plastica in futuro. «La terapia ormonale inizia ad andare incontro a questi ragazzi per quanto riguarda le loro esigenze, le loro problematiche psicologiche – spiega a Linkiesta Vincenzo Rochira, endocrinologo della Asl di Modena e docente all’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia – perché alla base di tutto c’è il problema psicologico di non riconoscersi nel corpo in cui si è».
«Ma ci vuole cautela», continua Rochira, «perché è giàmolto complicato prendere questo tipo di decisioni in età adulta, figuriamoci per un minore. Questo è l’aspetto più controverso nella pratica clinica». La terapia ormonale, oggi viene somministrata negli adulti, solo dopo un lungo percorso. Il maschio che vuole diventare transessuale prenderà ormoni femminili che gli faranno crescere il seno e lo renderanno più simile a una donna; al contrario una donna assumerà ormoni maschili che ridurranno il seno e le faranno crescere la barba. Si tratta comunque di terapie non prive di effetti collaterali che rientrano in percorsi medici controllati. Prima di incontrare l’endocrinologo che prescrive il farmaco, si deve necessariamente incontrare uno psicologo, in alcuni casi uno psichiatra e anche il medico legale. Dopo tutto questo iter, infine, in alcuni casi si arriva anche alla decisione irreversibile di cambiare sesso.
Quandoal centro della decisione c’è un minore tutto questo percorso diventa ancora più complicato. In questo caso ovviamente il cambio di sesso non è preso neanche in considerazione, perché è una decisione che spetta solo al minore una volta raggiunta la maggiore età. Quello che si può fare, secondo la proposta di Maggi, è appunto andare incontro a quelle persone che accusano già i primi disagi a partire dalla pubertà. Con terapie reversibili, che il ragazzo o la ragazza possono sospendere in qualsiasi momento. «Intervenire durante l’adolescenza anziché aspettare l’età adulta è molto complicato, anche dal punto di vista legale» afferma il docente dell’Università di Modena e Reggio Emilia. «Si deve mettere tutto sui due piatti della bilancia e se alla fine dell’iter – che va comunque seguito, anche con i genitori dell’adolescente – si decide che siano più i danni psicologici rispetto a quelli che si avrebbero con la terapia ormonale, si opta per quest’ultima. Poi dipende da caso a caso, è complicato decidere cosa sia più giusto fare e affermare di essere d’accordo oppure no con la proposta del professor Maggi».
Secondo Maggi il disturbo di disforia di genere si manifesta in realtà già nei bambini e può essere diagnosticato già a questa età: «Nei bimbi si tratta di capire se giocano ad esempio con le bambole o indossano i vestiti della sorella», spiega al Corriere Fiorentino. Ma non solo. Giocare saltuariamente con i giocattoli definiti “dell’altro sesso” per convenzione è assolutamente normale. «Si tratta per lo più di comportamenti continui – afferma Rochira – di una tendenza continua a volersi vestire da donna a interpretare sempre ruoli femminili per esempio, nei maschi. Nei bambini si tiene conto di un insieme di manifestazioni, ma in genere la diagnosi è riferita all’adulto, per questo più scendiamo con l’età, più è difficile diagnosticarla. Di sicuro la pubertà rappresenta un’area grigia in quanto è una fase di passaggio alla vita adulta». Solo durante la pubertà, tali disturbi iniziano a essere più evidenti e anche più problematici per l’individuo.
Dal mondo politico, l’assessore regionale alla sanità Luigi Marroni ha dichiarato al Corriere Fiorentino che dato l’argomento delicato, prima di decidere verrà sentito anche il parere del comitato bioetico. Se la Regione Toscana accettasse, quello di Careggi sarebbe l’unico centro in tutta l’Europa Meridionale. «Nell’Europa del Nord – conclude Rochira – sono abituati ad affrontare con più disinvoltura tematiche come questa, che riguardano la sessualità. Olanda, Finlandia, Svezia, Danimarca, proprio per una questione culturale, hanno un approccio diverso, e queste procedure le portano avanti già da diversi anni per cui è importante cominciare ad affrontarle anche in Italia».
Twitter: @cristinatogna