In silenzio e grazie al JOBS Act, la legge sul crowdfunding firmata dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama nell’aprile scorso, Twitter ha potuto presentare lontano da occhi indiscreti i propri documenti alla Sec, l’equivalente della nostra Consob, e imbarcarsi nell’iter che da compagnia privata la trasformerà in società per azioni quotata in borsa. Secondo indiscrezioni tutto questo sarebbe avvenuto a luglio e soltanto il 3 ottobre i documenti presentati sono stati resi disponibili al grande pubblico. E tra meno di due mesi (gli analisti indicano metà novembre come probabile data dell’Ipo) Twitter potrebbe essere già quotata in Borsa. Il suo valore dovrebbe essere compreso tra i 10 e i 15 miliardi di dollari. Di più non è dato sapere. Dick Costolo, l’amministratore delegato della società, non ha indicato se sceglierà il Dow Jones o il Nasdaq come piattaforma per la negoziazione dei titoli della sua società. L’unica cosa certa al momento è la sigla che verrà utilizzata: TWTR, un riferimento al nome originale di Twitter: twttr.
L’imminente debutto in Borsa della società di San Francisco è il più importante evento da quando Facebook, nel febbraio 2012, ha lanciato la propria Ipo. La società di Mark Zuckerberg fu valutata oltre 100 miliardi, un record assoluto considerato che Google al suo debutto sul mercato fu valutata meno della metà. L’Ipo di Facebook ebbe però un inizio piuttosto rocambolesco. Dopo un primo giorno di trading da record (460 milioni di scambi) il titolo chiuse in leggera perdita rispetto ai 38 dollari dell’offerta iniziale. Nelle settimane a seguire il valore delle azioni Facebook peggiorò ulteriormente arrivando dopo poche settimane dal debutto a perdere fino al 50% rispetto al prezzo di offerta iniziale.
Il grafico dell’andamento del titolo di Facebook
La paura di analisti e investitori è che una situazione simile possa ripresentarsi oggi con Twitter. Le due società hanno infatti numerosi tratti in comune. Entrambe figlie della Silicon Valley hanno in pochi anni rivoluzionato il modo di comunicare online, plasmando de-facto il mondo dei social media come lo conosciamo oggi e influenzando la vita quotidiana di milioni di persone come poche altre invenzioni degli ultimi decenni. Ogni giorno 100 milioni di persone accedono a Twitter e un totale di 300 miliardi di tweet sono stati utilizzati dal 2006, anno della creazione della società. Su Facebook, ogni giorno, accedono 699 milioni di utenti singoli per un totale di 1,3 miliardi di “like” da quanto esiste il plug-in con l’indice alzato.
Tra i due giganti della Silicon Valley, come tra le rispettive Ipo, ci sono però sostanziali differenze. Nei numeri prima di tutto. Secondo i documenti consegnati da Twitter alla Sec nel 2012, l’anno passato gli introiti della società di San Francisco sono stati pari a 317 milioni di dollari. Al contrario, nel 2011, l’anno prima della sua offerta pubblica, Facebook aveva registrato utili per 3,7 miliardi di dollari. E nello stesso periodo pre-offerta pubblica mentre Twitter ha perso ben 79,4 milioni di dollari, Facebook ha segnato utili per un miliardo di dollari. Quel che è peggio è che le prospettiva di lungo termine della società di San Francisco rimangono incerte. Se nella prima metà di quest’anno gli introiti sono cresciuti del 107% fino a toccare 253,6 milioni di dollari, le perdite sono aumentate del 41%, 69,3 milioni di dollari circa.
Tra i due giganti del social media anche la differenza nel numero di utenti attivi su base mensile è sostanziale. Quelli su Twitter sono 200 milioni circa, quelli su Facebook 950 milioni, quasi cinque volte tanto. Non solo. Le prospetti di crescita futura degli utenti sembrano essere meno rosee rispetto a quanto sperassero i vertici di Twitter. Soltanto qualche mese fa Costello aveva predetto che per la fine del 2013 i twitterati sarebbero stati 400 milioni. Non è stato così. I clienti aggiunti dal social network sono stati 4,5 milioni al mese, numero che porterà gli utenti ad un massimo di 260 milioni per la fine dell’anno, non di più. Una crescita del 30 per cento in un anno, numero ben inferiore al 100 per cento assicurato da Costello.
Prese fuori contesto, queste percentuali appaiono tutt’altro che negative soprattutto se comparate a quelle di Facebook. Nei 12 mesi prima dell’Ipo il gruppo di Zuckerberg ha incrementato i propri utenti del 33%, un numero del tutto simile. Problema è che la massa critica iniziale della società di Willow Road era molto maggiore. E questa è fondamentale per gli introiti di qualsiasi compagnia di social media in cui il modello si basa sullo scambio tra un servizio gratuito e l’utilizzo dei dati degli utenti per fini commerciali. Facebook per esempio capitalizza 1,41 dollari su ogni iscritto mentre Twitter si ferma a 0,55 centesimi a persona. È facile quindi capire perché il basso livello di crescita della propria base rappresenta per Twitter una minaccia alla sua sostenibilità.
I dati di Twitter a confronto con altre le altre compagnie online al momento della quotazione
(Grafico Wall Street Journal)
Ovviamente non tutto è negativo. La società di Costello, rispetto a Facebook, è più giovane e meno matura. Le aree su cui può svilupparsi e crescere sono ancora molte. Come spiega a Linkiesta Antoniou Costantinos, esperto di finanza e offerte pubbliche iniziali alla Warwick University nel Regno Uniti
«Un vantaggio è che l’Ipo di Twitter avverrà in un momento in cui gli investitori credono molto di più ai social media e al loro potenziale. Questo non significa che volatilità, ma che probabilmente ce ne sarà meno».
Un secondo vantaggio non trascurabile di Twitter rispetto a Facebook è il grande utilizzo della piattaforma di micro-blogging sui dispositivi mobili. Se per la società di Zuckerberg soltanto il 44 per cento degli accessi sono su smartphone o simili, per Twitter è il 65% degli utenti. Quello dell’accesso mobile è un fattore determinante perché per molte società di social media come di media più tradizionali riuscire a capitalizzare su questi accessi è considerato il modello di business del futuro, la panacea ai loro numerosi problemi finanziari.
Come ogni Ipo quella di Twitter sarà accompagnata dalla creazione di nuovi multimilionari. A fare la parte del leone sarà il co-fondatore della piattaforma, Evan Williams, che con 56,9 milioni di azioni intascherà 1.800 miliardi di dollari circa. Subito dopo c’è Peter Fenton, membro del Consiglio di amministrazione e un socio della società di venture capital Benchmark, che grazie alle sue 31,6 milioni di azioni metterà da parte un miliardo. Al terzo posto l’altro co-fondatore di Twitter, Jack Dorsey. Le sue 23,4 milioni di azioni hanno un valore di 735 milioni circa. L’Amministratore delegato Dick Costolo si ferma invece a 7,6 milioni di azioni per un valore di 250 milioni di dollari.
Twitter: @AlbertoMucci1