I lavoratori di Amazon sono sottoposti a uno sforzo fisico e mentale che rischia di farli ammalare. Lo dice il professor Marmot—docente di Epidemiologia e Sanità pubblica alla University College London, e massimo esperto inglese della sicurezza sul lavoro—commentando un servizio della BBC realizzato da Adam Littler. Littler è un giornalista ventitreenne che si è “infiltrato” sotto copertura in un magazzino di Amazon facendosi assumere a Swansea, Galles, per quindici giorni. Littler si è introdotto con una videocamera per registrare le condizioni durante il turno di 10 ore e mezzo all’interno dello stabile.
Lo sforzo umano dietro al carrello con cui creaiamo un ordine è invisibile. Un dipendente dice: “Siamo macchine, siamo robot, colleghiamo lo scanner, ma potremmo collegarlo a noi stessi”, proprio come in Matrix. Un altro dipendente racconta di come a fine turno non riesca più a camminare, dopo aver percorso 17 km a piedi a fine turno (questi magazzini sono molto grandi). Il lavoro di Littler consisteva nel trovare il pacco da spedire e posizionarlo nel carrello: le istruzioni venivano fornite attraverso una cuffia, con un range di 33 secondi tra un ordine e il successivo. (Era monitorato da uno scanner che ne registrava la prestazione). Amazon si difende dicendo che il turno notturno è perfettamente lecito, e che ha creato oltre 5.000 posti di lavoro investendo un miliardo di sterline nel Paese. Ha inoltre risposto dicendo che un ispettore di sicurezza indipendente dall’azienda, non ha riscontrato problemi, e che il lavoro è simile a qualsiasi altro nel settore di stoccaggio. Tutto regolare.
Il problema è proprio che quei dipendenti non sono robot. Non sono instancabili. Nel libro di Brad Stone, The Everything Store, oltre a sottolineare come i dipendenti vivano in una perpetua condizione di paura, di essere sostituiti, si tocca anche il capitolo futuristico della robotizzazione. L’anno scorso Bezos ha acquistato Kiva System, un centinaio di robot arancioni che affiancano il lavoro umano sostituendosi nelle funzioni più pesanti (spostano interi scaffali). Stone scrive che questi robot sono destinati a sostituire i lavoratori, violando così la Legge Zero della robotica di Isamov: “Un robot non può recare danno all’umanità, né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, l’umanità riceva danno“. Per ora fortunatamente non è così. Sotto Natale, per far fronte alle numerose richieste, vengono assunti 7.000 lavoratori temporanei.
Amazon ha problemi anche in Germania, dove altri dipendenti scioperano per le disagevoli condizioni di lavoro, in particolare in due grandi depositi del gruppo, cioè a Bad Hersfeld e a Lipsia. Un pessimo regalo di natale per Amazon che in questo periodo aumenta il carico di ordini, spedizioni e fatturato. I lavoratori chiedono un’armonizzazione con il contratto nazionale tedesco dei comparti della spedizione al dettaglio e all’ingrosso, ma Amazon preferisce condizioni più favorevoli per sé. La sfida è quindi tra una categoria sotto-qualificata in sciopero e una nuova generazione di robot arancioni che non smettono di lavorare invocando “capricciosi” diritti sindacali.