Il web nascostoAnche al-Qaeda è Internet

Anche al-Qaeda è Internet

Il Program on Liberation Technology dell’Università di Stanford ha segnalato in questi giorni un lavoro in via di completamento del Terrorism Research & Analysis Consortium (TRAC) sul rapporto tra al-Qaeda e Internet. Morozov ha insegnato a dubitare della tesi che la Rete sia per sua essenza un dispositivo di diffusione della democrazia e della libertà. Questa convinzione è un’illusione dei governi occidentali: mentre la Clinton non sapeva nemmeno usare il suo Blackberry, Chavez gestiva da solo il secondo account di Twitter più seguito tra i politici del mondo.

L’indagine condotta dal TRAC compie un passaggio ulteriore in questa revisione critica del ruolo di Internet. Nella sua ricostruzione del rapporto tra la Rete e al-Qaeda viene alla luce una serie di considerazioni che Castells aveva già esposto poco dopo l’attacco alle Torri Gemelle. La difficoltà che gli Occidentali incontrano nell’affrontare il nuovo terrorismo è che il conflitto non si consuma contro un’entità riconoscibile con le proprietà degli stati nazionali e delle loro strutture organizzative. Al-Qaeda impone il confronto tra la configurazione politica sorta dall’Illuminismo e le nuove forme di ordinamento sociale che non obbediscono più ai confini e alle gerarchie della tradizione classica – ma che sono modellate su una forma strutturale, quella della rete, che si delinea comunque come un esito dell’ideologia positivistica della rete come nuova religione civile dell’uomo.

Il ricorso a Internet sembra essere focalizzato su tre temi principali: la raccolta di finanziamenti, la divulgazione ideologica e il reclutamento di sostenitori. Niente di diverso da quello che è normalmente perseguito da una campagna marketing, che vuole vendere un prodotto, promettendo uno stile di vita a tutti coloro che lo adotteranno, e cercando di coinvolgere i clienti come evangelizzatori spontanei del suo valore. Sarà per questo che anche gli interlocutori più affezionati di un marchio si definiscono fans – e che alla radice di questa etichetta si trovi la parola fanatismo.

Non può sorprendere allora il fatto che il centro amministrativo dei forum online collegati ad al-Qaeda ci fosse un personaggio residente a Londra, che lavorava dall’appartamento dei suoi genitori: il diciannovenne Younis Tsouli tra il 2003 e il 2007 ha agito come responsabile informatico per Muntada Al-Ansar, (“Forum dei Sostenitori”), il principale tra i 65 siti collegati a vario titolo al terrorismo islamico nel 2003. Il suo ruolo era quello di aiutare al-Qaeda nel rintracciare potenziali combattenti per la guerra in Iraq, diffondere la propaganda ideologica e fornire un hub di contatto online per gli attivisti della jihad.

Il 19 marzo 2009 l’utente Abu Al-Baraa Al-Shami scrive sul forum più seguito dagli jihaidisti Al-Fallujah Forum che i diversi gruppi operativi sul web hanno cominciato ad interpretare Facebook come la piattaforma dove convergere per la missione comune della propaganda e del reclutamento. Nel novembre 2010 il Dipartimento americano per la Sicurezza nazionale lancia l’allarme dell’uso che gli estremisti fanno del social network più famoso: esistono gruppi con accesso riservato agli utenti autorizzati in cui si insegna a costruire bombe contenenti gas tossici.

I forum e Facebook sono anche la sede dell’organizzazione di lavoro per lo sviluppo di software di crittografia: uno dei più famosi, Asrar al-Mujahideen (“Il Segreto del Mujahdeen”), è stato implementato e distribuito attraverso il forum al-Ekhlaas, ora chiuso, ed era dedicato alla cifratura delle mail. Nell’agosto 2013 il Global Islamic Media Front (GIMF) ha rilasciato due nuovi software: Asrar al-Dardashah (“il Segreto della Chat”) permette di crittografare le conversazioni che avvengono su servizi ordinari di instant messaging come MSN, Yahoo! e Gtalk; il secondo invece permette di nascondere il contenuto dei messaggi di testo e dei file scambiati attraverso smartphone.

Pierre Musso ha mostrato che la rete non è un puro strumento che può essere usato bene o male, secondo concezioni del mondo che stabiliscono i loro fini in modo indipendente dal mezzo che usano per organizzarsi e sopravviere. Un ordinamento che abbandona la gerarchia piramidale-verticale, per abbracciare la disposizione ramificata-orizzontale della rete, sta abbandonando una visione del mondo teologica per abbracciarne una definitivamente contaminata dal “disincanto del mondo”. La piramide, l’albero, le strutture gerarchiche rigide, corrispondono ad un’opposizione alto/basso che è congruente con la dinamica cielo/terra dell’esperienza religiosa. Al contrario, la rete annulla queste opposizioni nella sua distribuzione a intreccio, senza vertici e senza basi predefiniti. Come insegna la mitologia greca della metis, la rete è l’arma di attacco più astuta, perché non ha una propria forma, ma assume tutte le forme dell’avversario imprigionandolo senza via d’uscita.

L’abbattimento delle gerarchie a priori ha trasformato la rete nella promessa della democrazia, del progresso, della razionalità tecnologica. E’ la religione civile del positivismo, la sua specifica ideologia – che è all’origine delle nostre ingenuità e delle nostre aberrazioni ottiche. Se la critica di Musso è corretta, occorrerebbe chiedersi quale sia la reale ideologia di al-Qaeda al di sotto della sua retorica teologica, dal momento che questa contraddice apertamente la forma di pensiero e di azione praticata dai suoi adepti online. Ma al contempo, il successo organizzativo di al-Qaeda deve stimolare una riflessione su quali siano le proprietà reali dell’organizzazione reticolare (sociale, scientifica, epistemologica), al di là della retorica democratica del positivismo sansimoniano.

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