“Ecco perché siete tutti in fila alle gelaterie Grom”

Poliziotto buono, poliziotto cattivo

Tutti voi conoscete le interviste doppie; quelle delle “Iene”, per intenderci. Anche le nostre sono interviste doppie. Ma all’inverso: non facciamo le stesse domande a due persone diverse, ma domande diverse alla stessa persona. Ad essere due sono gli intervistatori, non l’intervistato. E a essere usata è la tecnica del poliziotto buono-poliziotto cattivo. Un interrogatorio in piena regola, insomma. Buona lettura. 

LOCATION: Caffè Roma, Costigliole d’Asti (AT), Piazza Umberto I 14
&
Mura Mura, azienda agricola, Costigliole d’Asti (AT), Strada Madonnina 24

INTERVISTATO: Guido Martinetti, nato a Torino nel novembre 1974. Professione: gelataio di successo (è quello di Grom, gelateria che prende il nome dal cognome del suo socio, Federico Grom; a sinistra nella foto qui sotto)

GM = Guido Martinetti

PB = Poliziotto buono

PC = Poliziotto cattivo

PB: Guido, sono anni amari, di crisi, in cui tutto e tutti, in Italia, sembrano ripetere ai giovani che ormai “i gelati sono finiti”, i bei tempi sono andati, e non restano che lacrime e sangue. Eppure, tu, proprio in questi dieci anni (la prima gelateria la apriste con Federico Grom in piazza Paleocapa, a Torino, nel maggio 2003), ce l’hai fatta. Ormai avete oltre 60 negozi in più di trenta città italiane, e a Malibù, New York, Osaka, Tokyo, Parigi… Com’è stato possibile?

GM: Il fatto è che nel nostro Paese lo standard si è sempre più conformato alla mediocrità. Aver scelto l’eccellenza, e averlo fatto in un settore dove ce n’era molto poca, ha pagato. Dieci anni fa quello di gelataio era visto come un mestiere semplice, poco qualificato. Ora è diventato più sofisticato, anche grazie a noi. Aver deciso di proporre un prodotto senza conservanti, senza coloranti, senza emulsionanti (e in questo siamo unici) è stata una svolta, così come lo è avere una fissazione come la mia per la cura degli ingredienti. In Italia non c’è un vero controllo (anche perché spesso sono i controllati a pagare i controllori). Devi essere moralmente convinto di una scelta “di eccellenza” per perseguirla fino in fondo e far sì che “biologico” o “altissima qualità” non siano solo parole da ufficio marketing. Io ci credo, anche perché gelati e sorbetti hanno una ricetta non complessa. Imitabile da tutti. Quindi la differenza la fai solo con le materie prime. È un po’ come il branzino al sale. C’è poco da inventare in cucina. Serve un branzino buono, e del buon sale.

PC: Ora non vorrai farci credere che il marketing non conta niente per un’impresa come Grom. Mi sembra anzi che sia piuttosto spinto…

GM: Dico solo che lascio liberi di giudicare se il nostro è il gelato più buono. Non vi diremo mai una cosa simile. Quella è questione di gusti, di sensibilità. Si va nell’opinabile. Vi diciamo quello che possiamo dire con sicurezza totale, al 100%: niente coloranti, niente conservanti, niente emulsionanti. Ingredienti scelti da me personalmente e, per alcuni gusti di frutta (albicocca, pera, pesca) prodotti integralmente nelle nostre terre dell’astigiano, negli appezzamenti di Mura Mura. Poi se su internet c’è chi dice cose diverse, spiace ma purtroppo capita che girino cose buffe sul tuo conto quando le cose ti vanno bene. L’invidia è tanta. Scrivono anche che sono gay… Magari! La cosa mi risolverebbe molti problemi…

PC: Scrivono anche che sei il cocchino di Berlusconi e che ti provinava come candidato, vuoi smentire anche questo?

GM: È una storia senza senso. Non ho mai parlato una sola volta in vita mia con Berlusconi. Mi ha cercato Alfano, questo sì. Non ero in ufficio e non mi ha trovato. Ha risposto la segretaria. Non mi ha più ritelefonato, né l’ho fatto io.

PC: Non capisco perché un imprenditore prenda così le distanze da un grande imprenditore…

GM: Berlusconi è senz’altro un fenomeno. Ma secondo me ha rovinato il Paese.

PC: E Renzi? Mai sentito neppure lui?

GM: No, Renzi lo conosco e lo stimo. Secondo me ha un narcisismo positivo, che può far bene all’Italia. Ed è un buon punto d’incontro tra centrodestra e centrosinistra. Una cosa di cui si sente il bisogno. Perché abbiamo bisogno di governi stabili, dalla vita lunga. Dirò di più. Se dovessero scontrarsi un Renzi, a cui mi sento molto vicino e, che ne so, un Fitto, da cui mi sento molto lontano, voterei Renzi. Ma se avessi la sicurezza che il governo Fitto fosse più stabile, non ci penserei due volte e voterei Fitto. Qua bisogna durare.

PC: E Grillo ti piace?

GM: Per certi versi dice cose fantastiche. Ma no: è troppo poco costruttivo.

PB: Senti, smettiamola di parlare di politica. Torniamo al gelato, che è meglio. Come vi dividete i compiti in azienda tu e Federico Grom?

GM: Fin dall’inizio, anche per le nostre reciproche formazioni e professionalità di partenza (ho fatto Agraria e in più sono sommelier, lui era broker finanziario), io curo tutta la questione ingredienti e gli aspetti legati alla comunicazione. Sono l’anima più calda; emotiva. Lui, invece, si occupa di quelli più strettamente economico-finanziari; razionali, metodici. Quella parte mi piace capirla, ma non mi appassiona.

PC: Resta il fatto che, per quanto la parte “emotiva” e la cura degli ingredienti sia tua, il nome che tutti conoscono ormai in mezzo mondo è il suo. Quelli in fila da Grom il cognome Martinetti magari neppure l’hanno mai sentito. Brucia, eh?

GM: No, fu una scelta mia, e la rifarei. Grom suona bene.  Mi ci volle anche un po’ a convincerlo. Io ero fissato con il vino Gaja, un nome breve, bello, che resta in mente, proprio come Grom. Grom&Martinetti non sarebbe stato lo stesso.

PC: Il problema sarà quando vorrete aprire in Russia. Grom vuol dire “tuono”. Nome bizzarro per una gelateria…

GM: Ahaha, non lo sapevo. Mi avevano detto che in polacco era così. Comunque, andiamo piano, del nostro passo, e arriveremo anche lì. Ora sbarchiamo nella Penisola arabica…

PB: Ah, l’espansione continua… Ma quando aprite in contesti così diversi, dovete adeguarvi un po’ ai gusti locali o tutto resta identico?

GM: No, non cambiamo i sapori. Io penso che le gelaterie Grom debbano essere una piccola ambasciata nel mondo del vero gusto italiano. Di gelati, così come di pizze o di spaghetti, fatti senza nessun rispetto della tradizione e della qualità se ne trovano già ovunque. Meglio offrire qualcosa di autentico. L’unica cosa che facciamo, magari, è qualche ammiccamento nella scelta dei gusti fissi. In Italia la liquirizia va forte, negli Usa no, quindi la proponiamo più di rado. A New York il gusto cheesecake è un must, qua da noi lo mettiamo come gusto del mese di tanto in tanto, e così via…

PC: Ho visto che all’estero oltre che clienti raccattate anche soci, visto che è entrata nella proprietà una K.K. (cioè una S.p.a.) giapponese, la Lemon Gas Fukuoka

GM: In realtà siamo prudenti nell’ingresso di nuovi soci. Gli interessati sono molti, perché molta è la liquidità in giro. Ma noi finora abbiamo selezionato – e continueremo a fare così – solo chi crede nel progetto (come i giapponesi o Illy); non gente che vuole investire un po’ di soldi, diversificare…

PB: Torniamo a noi, Guido. Tu – immagino – vai spesso nelle gelaterie Grom…

GM: No, se no mi incazzo.

PB: Ah…

GM: No, per carità, non fraintendete. Diciamo, innanzitutto, che siamo una società grande e strutturata e non devo essere io ad andare a fare dei giri “di controllo”. Quanto al fatto che mi incazzo è perché io sono un perfezionista. Non che qualcosa per davvero non vada bene… È che spesso non vedo i ragazzi abbastanza affamati. Vedo dipendenti per cui lavorare da Grom diventa la quotidianità. Si siedono, si accontentano. Ma non è un problema nostro, è di tutta la società italiana…

PC: Fammi capire, vuoi anche tu già fare la morale ai giovani?

GM: No, è che io in molti ragazzi, abituati ad avere tutto più che a guadagnarselo, vedo troppa mollezza. È come se vivessero la vita da spettatori, invece che da protagonisti. Come se gestissero la loro piccola rendita, che consiste poi nell’appoggio familiare…

PB: Quindi vedi una responsabilità nelle famiglie…

GM: I padri e le madri, impegnati col lavoro, non hanno tempo da dedicare ai figli. Pagano per diminuire il senso di colpa della loro assenza. Per comprare questo perdono non dicono più nessun no e aprono troppo il portafoglio. Una volta ho letto che Walter Isaacson, il biografo di Steve Jobs, ha chiesto al fondatore di Apple perché voleva che scrivesse della sua vita. E Jobs, un uomo che è entrato nelle nostre esistenze e le ha cambiate, ha risposto: «Perché presto morirò e i miei figli non mi conoscono». Vi rendete conto?

PC: Però non capisco. Da una parte vuoi figli più “affamati” e quindi potenzialmente una crescita infinita, dall’altra predichi quasi una “decrescita felice” per i genitori. Non sei un po’ in contraddizione?

GM: No, io credo che la felicità sia relativa. E che ci sia poca coscienza di quanto a volte basti poco per essere contenti. Come saprete, ho avuto un incidente automobilistico molto grave. Ecco, dopo mesi in cui non ero autosufficiente, il primo giorno che ho potuto rifarmi il bidet da solo è stato così bello! E poi vedo mia nonna. Mangia ogni sera i grissini con il latte. Lei ha raggiunto quel livello di soddisfazione. Una soglia di benessere che magari cento anni fa era impensabile. Ora potrebbe permettersi molto di più, ovviamente. Ma latte e grissini le bastano. Quello che non capisco è la rigidità nelle pretese rispetto allo sforzo. Da una parte c’è un desiderio continuo (hai la Punto vuoi la Golf, hai la Golf vuoi l’Audi, hai l’Audi vuoi la Ferrari…) dall’altra poca disponibilità al sacrificio… 

PC: Ma insomma, di chi è la colpa?

GM: Io ho grande rispetto dei sindacati, che assieme a cose allucinanti hanno fatto cose egregie per il diritto del lavoro. Ma il sistema messo in piedi negli anni Settanta, che prevede solo l’avanzamento ma non la retrocessione, ha imbalsamato il Paese. Se moltiplichiamo questa inamovibilità per milioni di posti di lavoro, ecco spiegato il problema italiano della mancanza di competitività. Io non dico che si dovrebbe poter retrocedere liberamente, perché poi tanti imprenditori potrebbero utilizzare la cosa solo per un risparmio salariale. Vorrei che fosse possibile retrocedere uno per far avanzare un altro, per tenere sulla corda, per non permettere fisiologici rilassamenti, per essere davvero meritocratici…

PB: Ma hai qualche modello come imprenditore?

GM: Solo Olivetti. Lui è il mio sogno. È un fenomeno paranormale.

PB: Senti, tornando un attimo a Federico Grom, da quanto vi conoscete?

GM: Tecnicamente dai tempi dal liceo. Lui è un po’ più grande (del gennaio 1973, mentre io sono del novembre 1974) ma frequentavamo la stessa scuola. In realtà siamo diventati amici da militari. Tutti e due eravamo accompagnatori di un invalido di guerra… E poi certo, da quando ci siamo messi in società, partendo con 32.500 euro a testa e un po’ d’aiuto dei genitori e un debito su un terzo dello stipendio, siamo diventati legatissimi…

Pausa. Trasferimento nella tenuta di Mura Mura. Cambio delle scarpe (via quelle da ginnastica belle, ai piedi quelle infangabili). E giù a parlare di sovescio, pacciamatura, innesti…

GM: Guardate qua. Questa è la mia felicità. Fare il gelataio mi ha permesso di fare il contadino, la sola cosa che mi dà soddisfazione vera. Guardate i peschi, gli albicocchi, i peri… Si riconoscono lontani un miglio… Guardate che luce. Sono 17 ettari. Ma ci stiamo ingrandendo. Paghiamo bene la terra. Il 20%  in più dei prezzi correnti. E i contadini vengono da soli a proporci l’acquisto. Qua facciamo ricerca, sperimentiamo. Guardate gli innesti. E là il trattore per il pirodiserbo (le erbe infestanti le bruciamo col fuoco per non usare veleni)… 

PC: Scusa, ma nel mondo d’oggi, con la concorrenza che c’è, è davvero possibile l’agricoltura biologica? O in questo vostro Eden ve la tirate soltanto?

GM: Bisogna volerlo. Crederci. È facile dire “faccio biologico” e poi non farlo davvero. I controlli sono pochi. Mi metto anche nei panni di quei contadini che devono scegliere tra fare biologico vero e fare fatturato. Non intendo dare lezioni di vita a nessuno. Io sono fortunato perché col gelato non conta l’aspetto, ma il sapore. Quindi anche le nostre albicocche tonde di Costigliole, che sono piccole e si macchiano facilmente ma sono ottime, vanno benissimo. Purtroppo, invece, nel mondo che punta sulla quantità e non sulla qualità, ormai domina un principio estetico e di peso. Per cui i produttori, che hanno anche la concorrenza di Spagna, Polonia e altri, puntano a fare la superfragola anche se non sa di niente, l’albicoccona liscia e così via.

PC: Ma qui non producete tutto. Dove prendete il resto?

GM: Qui stabiliamo il livello qualitativo (poi testiamo i sapori nel nostro avanzatissimo laboratorio di Mappano), e poi vado a cercare io direttamente i fornitori. Su alcune cose è difficile trovare l’eccellenza che voglio. Ci sono mercati davvero difficili, in particolare quello della fragola. Ho cambiato la fornitura di limoni, da quelli di Amalfi al femminiello di Siracusa, perché non ero per niente soddisfatto. E ho smesso di utilizzare il Pistacchio di Bronte perché per uno vero – ottimo – ce ne sono 19 falsi. Siete mai stati al porto di Catania? Arrivano intere navi cariche di pistacchi dalla Turchia… Non possiamo permetterci uno scandalo. La credibilità è tutto per Grom.

PC: Ok, fai tanto il contadino ma in realtà ormai sei un vip. Dicono sempre che assomigli a Jude Law… E addirittura c’è chi paga 700 euro con CharityStars per stare qualche ora con te…

GM: Quello era un evento per beneficenza. L’ho fatto molto volentieri e quando posso lo rifarò. Ma preferisco non parlarne perché, come dice mia nonna, se fai beneficenza e ne parli, vale solo la metà.

PB: Martinetti, ti abbiamo stressato abbastanza. Solo un’ultima cosa. Il colore sociale di LinkPop è l’arancione. Esiste un gusto arancione? 

GM: Come no! Il cachi. Ottimo. E di stagione.

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