“Le donne non dovrebbero guidare, non dovrebbero parlare in chiesa”, “le donne dovrebbero restare a casa, in cucina”, “le donne non dovrebbero avere diritti, non dovrebbero votare, non dovrebbero lavorare”. Queste e simili sentenze figurano nei suggerimenti di ricerca dei più importanti motori di ricerca del mondo, da Google a Yahoo!. Per fare la prova, basta imputare nel box di interrogazione la prima parte degli enunciati “women cannot”, o “women should” o “women shouldn’t”: la tendina con le proposte di completamento offrirà le conclusioni più razziste che si possano chiedere.
Google e Yahoo! si sono giustificati spiegando il funzionamento del meccanismo di popolamento dei consigli per la ricerca: le conclusioni provengono dai volumi delle interrogazioni inserite dagli utenti. in altre parole, non è l’algoritmo a essere razzista, ma il popolo che tutti i giorni frequenta la Rete e ricorre ai servizi dei dispositivi di ricerca.
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