Lettera aperta a una babyprostituta

“Il problema non sei tu, sono gli altri”

Ciao amò!

Ti scrivo questa lettera perché in questo periodo ti ho pensata assai. Ho pensato a tutte queste storie che ci sono su di voi, al fatto che vi prostituite e che lo fate per comprarvi ciò che le vostre famiglie non possono darvi. E mi è dispiaciuto. Perché io lo capisco, i tempi so’ peggiorati. All’epoca mia il cellulare lo compravi con 129mila lire (che tra compleanno e onomastico, coi regali delle nonne, era più che fatta). E poi tornavi a casa tutta fiera del tuo Alcatel colorato, di un vivace arancione catarifrangente, con quella forma da salvaslip che era uno schianto, e stavi apposto. no. Mò voi dovete chiedere gli iPhone da 700euro a casa. E anche a me, i miei, non me l’avrebbero comprato un iPhone. E allora? Cos’avrei fatto io? Forse sarei finita a lavorare d’estate per pagarmelo, o forse sarei finita a mostrare le poppe in webcam. Non posso saperlo ma, in tutta onestà, non mi sento di escluderlo.

Perché vedi, amò, non è che voi siete diverse da noi, così, per partito preso. Voi siete le nostre sorelle minori, siamo tutte figlie della stessa cultura. Se ci pensi amò, io sono cresciuta con “Non è la Rai” (che erano bambine in abiti succinti tutte intente a ostentare se stesse davanti a mezza Italia, a ora di pranzo), “Beverly Hills 90210” (promiscuità e droga a manetta) e le Spice Girls (che parevano quattro battone ritirate in tangenziale nell’ultimo pattugliamento + una lesbica salutista, Mel C). Voi, invece, siete cresciute con 10 anni di “Grande Fratello” e l’imperituro “Uomini e Donne”, roba che in confronto Ambra Angiolini era una first lady. Ai miei tempi c’era C6, adesso c’è WeChat. L’unica reale differenza che c’è tra noi e voi, tesò, è che noi siamo state l’attimo immediatamente prima e voi siete state l’attimo immediatamente poi.

Ma sai che c’è amò? Tu fai bene. Tu sei più sveglia. Tu hai capito prima come gira questo sporco mondo. Fai bene amò, adesso devi battere il ferro, finché è duro. Hai troppo ragione! Dacci dentro. Giovani, vecchi, bassi, grassi, ricchi e poveracci. Pochi minuti, tanto quello durano, e son 300 euro. O 150. O una ricarica Tim. Chissene. Fai bene. Ma poi scusa: guardati intorno. Dov’è che vanno le brave ragazze? Da nessuna parte. Mentre le bad girls? Ovunque, quelle vanno ovunque. Quindi dai, cosa ce la raccontiamo. Tutto questo moralismo, tutto questo perbenismo. Che tutto sommato avete scelto il mestiere più vecchio del mondo, l’evergreen che non muore mai, manco con l’austerity e il tasso di disoccupazione al 40 per cento. Il pelo che tira sempre, anche quando lo strappi con la ceretta integrale.

Avanti, non ci sono storie: voi siete migliori di noi. A 25 anni avrete un bel gruzzolo esentasse da parte, mentre io a 25 anni sai che facevo? La disgraziata per 600 euro al mese. O forse 900.

E i grandi ora che fanno? Si scandalizzano quando scoprono che dentro le loro figlie vive una Ruby Rubacuori? Fanno un bel talk show in cui lasciano che Paola Perego, Alda D’Eusanio e Barbara D’Urso dibattano di quanto sia disgustoso tutto questo?

Vedi amò, io mi disgusto, sì. Ma non mi disgusto di te. Tu, come t’ho detto, fai bene. Anche perché, santamadonna, pure che hai 15 anni non sei minorata: cioè, la differenza tra andare a letto con il compagno di classe, perché ti piace, sei curiosa e c’hai il prurito della gioventù, e fare la mignotta, ecco dico, gli strumenti cognitivi per capire che sono cose diverse, ce l’hai. Fai una scelta. Magari non consapevole, come spesso capita di farne nella vita. Magari sbagliata, come altrettanto spesso capita di farne nella vita, a qualsiasi età. Però è sempre una scelta. Perché non sei affatto cretina. Lo capisci che potresti vivere anche senza una Louis Vuitton. Solo che magari la Luis Vuitton la vuoi fortissimamente e nessuno ti spiega che puoi non averla e la tua vita avrà senso lo stesso, anche con qualche status symbol in meno. Tu vuoi la Luis Vuitton e te la prendi. E va bene così, perché questo è ciò che ti abbiamo insegnato, questo è ciò che fai.

Sono altre le cose che mi disgustano.

Mi disgusta la totale assenza di regolamentazione del rapporto tra teenager e internet. No, non darmi della reazionaria, amò. È solo che forse dovremmo capire che tecnologia abbiamo messo in mano a voi ragazzi, forse dovremmo far prendere una patente per l’utilizzo degli smartphone e del web, chennesò. Poi gli incidenti possono succedere lo stesso, esattamente come con le automobili. Però almeno c’è qualcuno che ti spiega cosa e come fare, se vuoi provare a evitare rischi (tipo: «Non farti riprendere dal tuo fidanzatino mentre gli pratichi una fellatio, anche se lo ami ciecamente e sei sicura che vivrete per sempre felici e contenti»).

Sono altre le cose che mi disgustano.

Mi disgustano gli uomini che vengono con te, e capisco pure che Socrate si inchiappettava i ragazzini, va bene, però noi non siamo nell’Antica Grecia. E pur ammettendo le debolezze, i feticismi e le zozzerie che tutti abbiamo, ecco forse ci sono perversioni che potremmo anche non assecondare. Per esempio, se farti frustare con gatti a nove code t’appaga, per me va bene. Se per appagarti hai bisogno di deflorare una ragazzina, magari, puoi evitare e farti piuttosto una partita a FIFA 2013 con tuo figlio.

Sono altre le cose che mi disgustano.

Mi disgusta l’omertà del tessuto sociale nel quale vivi. Nel quale non c’è un padre, un professore, un’amica, un prete, una zia, una vicina di casa, disposto a sporcarsi le mani con te, che porti questa bella gatta da pelare, che vendi il tuo fior di loto all’ingrosso.

Insomma, mi disgustano tante cose in questa vicenda. Ma tu no, amò. Te lo giuro, non mi disgusto di te. Per te un po’ mi dispiace. Perché invece di farti gli squilli con quello del quinto anno di cui sei innamorata, tratti la tariffa oraria su whatsapp. Perché sei più sveglia, certo, ma quando ci si sveglia si perde anche un po’ di magia. Non lo dico per turbarti, ma sappi che la magia non la metti in banca, non la congeli, non la consumi il giorno dopo. Devi bruciarla, finché ce n’è. Quando se n’è andata, ciao, sparita.

Poi sì, magari la mia è solo retorica generazionale, però sappi che quella cosa che dicono i grandi, che sì sono ipocriti, son d’accordo, però quella cosa che dicono, fidati, è vera: l’infanzia e l’adolescenza passano in fretta e non tornano più. Mentre, invece, per essere adulti c’è tutta la vita.

E anche per prendere cazzi, metaforici e non, per passione e per lavoro, a ben vedere, c’è tutta la vita. Stammi bene.
Tua,
V.

http://memoriediunavagina.wordpress.com 

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