Lettera aperta alla ministra Anna Maria Cancellieri

Oltre il caso Ligresti

Cara Anna Maria, devo dirti la verità: simpatica non mi stai, nonostante la tua conclamata discendenza biologica da Slimer dei Ghostbusters, che lo capisci, io con le ciccione solidalizzo in fretta (un po’ per partito preso, lo confesso) e invece con te, con te non ci riesco, nonostante tu rappresenti la più straordinaria approssimazione umana al blob. Eppure, Anna Maria, sebbene tu non mi stia simpatica, ho deciso di scriverti questa lettera di solidarietà, perché in fondo anche io ho un’umanità molto spiccata.

Ho deciso di scrivertela perché tutta la bufera che ti ha travolta sul caso Ligresti è stata impietosa. Abbiamo messo in discussione la tua vocazione da ministro tecnico, abbiamo dubitato della tua buona fede e, non paghi, siamo andati anche a ficcare il naso nelle tasche di Piergiorgio, esponendolo al tuo fianco al pubblico ludibrio, irrispettosi e rancorosi, sui social network e sui giornali.

Che poi, scusa, è normale. Cioè, se un amico mi chiama dichiarandosi in grave difficoltà, e io ho il potere di aiutarlo, secondo te cheffaccio? Me ne infischio? Certo che no, l’aiuto. Figurarsi te, Anna Maria, che appartieni a quella generazione votata a Edmondo De Amiciis e obbligata a leggere il libro Cuore come romanzo formativo. Cioè, ci si aiuta. Si capisce. E poi, figurati, la sventurata Ligresti poteva essere tua figlia, tua nuora, tua nipote, allora io dico: quale vagina si rifiuterebbe di tendere la mano a una persona bisognosa? Infatti tu compri anche le rose da tutti i pakistani in mezzo alla strada, Anna Maria, sì, lo so. E quando ci sono i cataclismi invii un sms al 48485 per donare un euro. Tu sei buona, Anna Maria, io ti credo. Ti do la mia fiducia, davvero.

Il fatto è, però, Anna Maria, che è difficile – in simili circostanze – non pensare a Stefano Cucchi, ad Aldo Bianzino, a Marcello Lonzi, a Manuel Eliantonio, a Niki Aprile Gatti, a Franco Mastrogiovanni e a tutti gli altri. È difficile non ricordare Riccardo Boccaletti, imputato in attesa di giudizio, che in carcere ci è morto, in 13 mesi, proprio di anoressia, in un regime di disumanizzazione degno di Dachau. È difficile non immedesimarsi nei parenti di questi cittadini, che da anni combattono battaglie silenziose nell’indifferenza delle istituzioni.

No, Anna Maria, tu non hai colpa se quei giovani non avevano il tuo cell, è vero. Che cosa ne sapevi tu di loro, che forse non ne hai sentito parlare mai nonostante il ruolo che rivesti? Dico, mica potevi salvarli tutti tu. Però adesso, adesso che sei a conoscenza del problema, ora che una persona a te cara, Giulia Ligresti, ha dovuto subire le angherie di un sistema così complesso e malfunzionante, embé adesso Anna Maria qualcosa la puoi fare. Non fosse altro che per mettere a tacere le malelingue che parlano di detenuti di Serie A e di detenuti di Serie B. Per sedare quegli stolti che infangano il tuo buon nome, riconducendoti alla solita Italietta mediocre, assoggettata alle lobby, alle logge, alle sette, ai circoli dorati eretti col denaro sporco delle mafie.

Daje, Annamarì, adesso è il tuo momento! Adesso puoi riscattarti, dimostrare a tutti la tua tempra da sciura d’alto bordo, dura e pura, come sei.

No, non devi dimetterti. Adesso resta lì e combatti per migliorare la situazione.

Combatti perché il sovraffollamento è disumano, perché la cattività è alienante, perché le condizioni di vita sono miserabili, perché le violazioni dei diritti civili sono più puntuali delle docce e i suicidi sono più frequenti dei raffreddori. Combatti, adesso, questa battaglia, Anna Maria cara. Usa il tuo potere anche per tutti gli altri: quelli che non hanno santi in paradiso, quelli che non hanno industrie di famiglia, quelli che non hanno amicizie a Palazzo.

Perché è vero, non dobbiamo andare fuori strada: se la tortura è tortura, nessun essere umano deve subirla, a prescindere. Non i ricchi. Non i poveri. E nemmeno i fan di Valerio Scanu, a ben vedere. E se anche la Ligresti fosse morta di stenti (ironia della sorte), questo non ci avrebbe ridato le vite di tutti gli altri, né avrebbe stemperato i crimini di cui il nostro Stato è macchiato. Indubbiamente sostenere il contrario vuol dire abbandonare la ragione in favore dell’odio.

Però vedi, Anna Maria, anche l’impegno politico incondizionato che, ne sono sicura, d’ora in avanti investirai per migliorare lo status quo della realtà carceraria italiana, non basta all’opinione pubblica. Per riabilitarti, a questo punto, dovresti fare un gesto simbolico. Dovresti prendere ad esempio 3,6 milioni di euro e donarli alle associazioni che assistono i detenuti più svantaggiati, quelli che non hanno nemmeno un Ministro che si prenda cura di loro.

Mentre invece, la tua amica Giulia, quando si sarà rimessa in forze e avrà ricominciato ad alimentarsi regolarmente di bacche, grissini di kamut e bresaola, fonderà l’associazione “Adotta un Carcerato” e la promuoverà in tutti i raduni del Rotary. In questo modo, i disgraziati più promettenti, saranno salvati dalla bontà delle famiglie bene italiane che, tanto per cambiare, l’avranno fatta franca.

Bene, Anna Maria, ora ti saluto. Mi raccomando, non deludermi, Tua

V.

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