Scandinavian History X

Musica nera

Montagne della Norvegia, inverno. Un gruppo di studenti si ritira in una baita isolata per una breve vacanza destinata a diventare un incubo. I ragazzi verranno infatti assaltati da un plotone di nazisti zombie morti assiderati durante la Seconda guerra mondiale a causa della rivolta degli abitanti della zona, sfiniti dall’occupazione militare. È la trama di Dead Snow, commedia horror di marca norvegese che parte da presupposti storici tristemente famosi (la presenza massiccia dell’esercito tedesco in Scandinavia durante il conflitto) per ritagliarsi uno spazio nel sempre più affollato filone delle pellicole dedicate ai morti viventi.

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Si sa, il genere horror da sempre ha goduto di ottima vita nei periodi di crisi come quella presente. Basti pensare all’Espressionismo tedesco o ai disaster movies degli anni Settanta. Allo stesso modo anche le ideologie estreme da sempre hanno saputo approfittare di momenti difficili dal punto di vista economico e politico ed il nazionalsocialismo in questo senso non fa eccezione. Non lo fa purtroppo proprio in Norvegia, dove diversi fatti di cronaca nera accaduti negli ultimi vent’anni hanno messo sotto i riflettori vari movimenti politici e culturali di chiara matrice neonazista. Fra questi il National Socialist black metal o NSBM, corrente del black metal pericolosamente vicina alle idee di Adolf Hitler.

Rewind: fra il 1992 e 1996 le cupe vampe di più di cinquanta roghi di chiese cristiane illuminano i cieli della Norvegia, segnando il passo dell’immaginario idilliaco spesso legato alla Scandinavia di tradizione socialdemocratica. Dietro ad alcuni di essi le mani di musicisti coinvolti nella scena black metal del paese. Black metal: un sottogenere musicale del più noto heavy metal (fitto di correnti come i boschi scandinavi) che prende il nome dal secondo album della band inglese Venom (1982) ed ha come allegro immaginario croci e pentacoli rovesciati, caproni e lugubri paesaggi.

Proprio in Norvegia (e Svezia) questa corrente ha trovato terreno fertile per svilupparsi salendo alla ribalta delle cronache proprio grazie ai roghi anti-cristiani e agli omicidi. Fra i più celebri quello di Euronymous (al secolo Øystein Aarseth), componente della storica band di Oslo Mahyem, ad opera di Varg Vikernes, meglio conosciuto con il nome artistico di Burzum.

Già dietro ad alcuni incendi di importanti monumenti della cristianità nordica, fra i quali probabilmente quello della celebre Stavkirke di Fantoft (risalente al 1150 e oggi ricostruita), nel 1993 Virknes accoltellò a morte Euronymous sostenendo che questi volesse torturarlo e ucciderlo per invidia nei confronti della sua crescente fama all’interno della scena black metal locale.

Negli anni Virknes ha dimostrato più volte una certa vicinanza all’ideologia nazista (ironicamente nato Kristian si fece infatti ribattezzare Varg Quisling in onore del famoso collaborazionista norvegese Vidkung Quisling), diventando una sorta di eroe al rovescio per tutti i seguaci del National Socialist black metal; sorta di lucido Charles Manson scandinavo pronto per essere usato come miccia per nuovi pericolosi attacchi.

Fast forward: Isola di Utøya, Norvegia, 22 luglio 2011. Dopo aver fatto esplodere un’autobomba nei pressi dell’Ufficio del Primo Ministro ad Oslo, causando otto morti, l’attivista di estrema destra Anders Breivik apre il fuoco sui giovani militanti del Partito Laburista Norvegese riunitisi per un campus, uccidendone sessantanove.

Novanta minuti prima dell’esplosione della bomba di Oslo, Breivik aveva inoltrato un documento di più di 1500 pagine («2083: Una dichiarazione europea di indipendenza») a circa 500 indirizzi email, contenente fra l’altro un fitto collage di citazioni provenienti da scrittori e studiosi critici nei confronti del mondo musulmano quali Ayaan Hirsi Ali (autrice del celebre Submission che causò l’uccisione del regista Theo van Gogh), Robert Spencer (autore di The Truth About Muhammad: Founder of the World’s Most Intolerant Religion) e Daniel Pipes (discusso direttore dell’United States Institute of Peace durante l’amministrazione Bush).

Fra i destinatari di questo battagliero manifesto anche Varg Vikernes, già in carcere per sedici anni in seguito alla condanna per l’omicidio di Euronymous e ora nuovamente arrestato in Francia con l’accusa di essere stato in procinto di preparare un massacro (la moglie aveva infatti di recente acquistato legalmente ben quattro fucili).

Nonostante dunque a più riprese avesse dichiarato che la sua vicinanza all’ideologia nazista dipendesse solo dalla matrice pagana e dall’antisemitismo del Terzo Reich (si autodefinisce infatti un seguace del movimento odalista che fonda la propria spiritualità sul paganesimo germanico e sul darwinismo sociale), Vikernes è da sempre associato al sottogenere musicale del National Socialist black metal di cui farebbero parte (il condizionale è d’obbligo visto il tema scottante) band dal nome evocativo quali gli svedesi Marduk (il dio del Caos della cosmogonia babilonese), i tedeschi Absurd (i cui membri storici furono responsabili dell’omicidio di uno studente della loro scuola) e i polacchi Graveland (autori di un album proibito in Germania dalla Bundesprüfstelle für jugendgefährdende Medien o BpjM, l’autorità tedesca per la tutela dei giovani da contenuti mediatici ritenuti pericolosi).

L’aderenza di queste realtà musicali al movimento del NSBM è però controversa e dipende più dalle dichiarazioni politiche dei singoli membri delle band che non dai contenuti delle canzoni (anche se titoli come Panzer Division Marduk suona familiare). Difficile insomma dire dove finisca la provocazione, tipica della comunicazione heavy metal fin dalle sue radici hard rock (si pensi al celebre episodio del pipistrello mangiato da Ozzy Osbourne dei Black Sabbath durante un concerto) e dove cominci la vera aderenza al nazismo da parte dei musicisti appartenenti alla corrente del NSBM.

Le simpatie naziste manifestate da alcuni musicisti black metal dimostrano infatti in primis una certa confusione teologica e politica: la mescolanza fra paganesimo e cristianesimo, l’antisemitismo e la xenofobia, l’omofobia e il culto della razza vichinga hanno davvero il sapore di quelle ideologie fai-da-te tipiche del nostro tempo, simili a quella imbastita da Breivik per giustificare il suo terrificante gesto.

Dall’altra parte, però non si può non tenere conto del fatto che quest’estemporaneità e quest’improvvisazione abbiano avuto effetti nella vita reale da far rabbrividire: i già citati roghi di chiese, le uccisioni, la violenza xenofoba (come ad esempio la caccia al nero compiuta in Svezia nel 1995 da tre metallari fra i quali un membro della band Nefandus). Tutti episodi che hanno spiegazioni individuali precise difficilmente collegabili con l’aggressività musicale del black metal d’origine, un muro lo-fi di chitarre distorte, voci urlanti, blast beat (letteralmente ‘battito a raffica’, tecnica ironicamente derivata dal jazz che prevede l’alternanza di colpi fra grancassa e rullante o altro fusto a velocità elevatissime) e strutture musicali poco prevedibili.

Forse qui la vera differenza qualitativa rispetto ad altre pericolose associazioni mediatiche fra musica ed episodi sanguinolenti (da Helter Skelter dei Beatles ascoltata dalla famiglia Manson prima del delitto Polanski alla musica di Marilyn Manson preferita dagli assassini della Columbine School) sta proprio nel coinvolgimento diretto di alcuni artisti associati al movimento black metal in generale (e NSBM in particolare) in fatti di cronaca nera di tale portata da aver suscitato pubblicazioni ad hoc quali Come lupi fra le pecore e Lords of Chaos: la storia insanguinata del metal satanico (entrambi usciti per i tipi di Tsunami Edizioni).

In Scandinavia, insomma, terra dove il Progetto Lebensborn di Heinrich Himmler conseguì buoni risultati, ogni tanto pare che dalle nevi risorgano i Nazisti. C’è solo da sperare che non siano tanti come quel plotone in Dead Snow.

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