PARIGI – Soppressione di posti di lavoro, chiusura d’imprese e fabbriche, tensioni scaturite da una politica fiscale che strangola i lavoratori. La crisi tocca profondamente la Francia. Ma le risposte del governo francese per tamponare l’emorragia di posti di lavoro e far ripartire un’economia al collasso non sembrano dare i frutti sperati. Anzi. Hanno provocato la reazione veemente delle categorie dei lavoratori più colpite. Ne sono una riprova le diverse manifestazioni, gli scioperi e le tensioni di un autunno francese che nelle ultime settimane, a dispetto di temperature piuttosto rigide, s’annuncia sempre più caldo.
Al centro delle proteste l’aumento della Tva (l’Iva francese il cui tasso intermedio passerà dal 7% al 10% nel Gennaio del 2014), l’ecotassa – un progetto di legge che prevede la tassazione degli autotrasportatori a partire dal Gennaio 2014 – e in generale la politica fiscale del governo del presidente Hollande che sta mettendo in ginocchio diverse categorie di lavoratori. Non è un caso che proprio in queste settimane la popolarità del presidente francese sia scesa ai minimi storici facendogli guadagnare almeno temporaneamente il titolo di presidente meno amato della storia della V Repubblica.
Ma non è solo la fetta di società ostile alle idee del Presidente a sconfessarlo. Anche la sua base gli ha voltato le spalle. Il calo di popolarità del presidente francese è infatti spettacolare proprio presso quel popolo di sinistra che lo ha votato sull’onda dell’entusiasmo: dal tasso aureo dell’85% di popolarità all’indomani della sua elezione si è scesi ad un tasso che oscilla tra il 41% ed il 56% secondo diversi istituti di sondaggio. Una perdita complessiva di circa 40 punti che la dice lunga sulla maniera in cui l’opinione pubblica, anche quella tradizionalmente favorevole al Presidente, percepisce oggi il suo operato.
E mentre dalle ceneri della storia rispunta a Parigi il fantasma d’Abdelhakim Dekhar – l’ex anarco-insurrezionalista coinvolto in un massacro negli anni ’90 ed identificato come l’autore della sparatoria nella sede del quotidiano Libération e alla Défense – i trattori degli agricoltori bloccano sin dall’alba le principali arterie che portano alla capitale francese (un morto e sei feriti in incidenti provocati dal blocco) e minacciano di marciare su Parigi seguendo l’esempio degli autotrasportatori (circa 4.000) che avevano bloccato le arterie qualche giorno prima per protestare contro l’ecotassa. Manifestano entrambi contro una fiscalizzazione eccessiva, l’aumento della Tva e l’ecotassa, ma anche contro la redistribuzione degli aiuti europei, particolarmente esosi per gli coltivatori francesi, e ora ridiretti del ministro dell’agricoltura Stéphane Le Foll maggioritariamente verso gli allevatori. Contro la Tva si sono levate anche le categorie degli artigiani che, attraverso l’Unione Professionale Artigianale (UPA), denunciano la scomparsa di “sei imprese ogni ora” ed hanno deciso per protesta di affiggere sulle vetrine di decine di negozi e imprese la scritta “Sacrificati ma non rassegnati”. Insomma il malcontento è generale e generalizzato.
«L’aumento della Tva previsto nel 2014, – dice a Linkiesta Philippe Askenazy, economista presso il Cnrs di Parigi e presso la Paris school of Economics – colpisce un po’ tutti. Il tasso intermedio, che passa da 7% al 10%, è infatti un aumento significativo. Abbiamo fatto delle microsimulazioni per analizzare l’impatto che avrà l’aumento della Tva. Abbiamo visto che tutte le categorie sociali potrebbero essere colpite da questo aumento. L’impatto sarà certo progressivo. In linea di principio però occorre precisare che saranno i redditi più alti a essere colpiti perché sono quei redditi che consumano maggiormente beni di servizi inclusi nella categoria intermedia. Un esempio, i ristoranti, gli hôtel oppure i lavori di ristrutturazioni di appartamenti. Insomma c’è una volontà di andare ad agire sulle fasce che hanno il reddito più alto e meno su quelle dei ceti più in difficoltà. Si spera inoltre che lo shock di questo aumento venga pian piano assorbito. C’è infatti il dubbio che l’aumento della Tva possa soffocare i consumi e, per ora, questo dubbio resta».
Al malcontento per l’aumento della Tva s’è aggiunto il malumore per l’«ecotassa», un progetto di legge che prevede la tassazione di autotreni e “pesi massimi” che transitano per le autostrade francesi. A dare fuoco alle polveri contro l’ecotassa agli inizi di Novembre sono stati i “Bonnet Rouges” (i Berretti Rossi) particolarmente attivi in queste ultime settimane in Bretagna. Occorre precisare che proprio la Bretagna, fuori dagli assi dei trasporti stradali che collegano il Sud ed il Nord dell’Europa, non avrebbe infatti beneficiato degli introiti previsti dall’ecotassa. Il movimento dei “Bonnets Rouges”, che s’ispira all’omonimo movimento frondista anti-fiscale bretone del 1675 e che s’è sollevato per protestare contro l’ecotassa, s’è quindi diffuso rapidamente in tutta la Bretagna diventando in breve un movimento trasversale di rivendicazione politica su scala quasi nazionale. Contenitore di diverse istanze politiche e sociali, il movimento è infatti estremamente eterogeneo: allevatori, contadini, pescatori, marinai, imprenditori, dipendenti di imprese agroalimentari, militanti dell’associazionismo e deputati di destra e sinistra si sono uniti al grido di «Vivere, decidere e lavorare in Bretagna». Movimento contro la delocalizzazione, la sovra-fiscalizzazione e la precarietà del lavoro che, come ha sottolineato Romain Pasquier, ricercatore in scienze politiche all’Università di Rennes, si è trasformato in breve in un «laboratorio di democrazia territoriale regionale».
Una cosa è certa : l’opposizione dei frondisti anti-Hollande, gli scontri con le forze dell’ordine ma anche l’improvvisa popolarità su scala nazionale dei Bonnet Rouges ha costretto il governo a fare un passo indietro sull’ecotassa, ora sospesa, almeno fino al 2015. Come nel XVII secolo, la fronda antigovernativa scoppia e s’organizza in Bretagna. Perché la Bretagna? La chiusura di diversi siti di produzione agroalimentare (Doux, Gad, Marine Harvest e Tilly-Sabco alcuni esempi), con il conseguente licenziamento di centinaia di persone, ha provocato un vero e proprio shock in Bretagna. Le manifestazioni e gli scontri più duri sono infatti avvenuti in Bassa Bretagna ovvero nelle zone più toccate dalla crisi dell’agroalimentare. Il governo è in difficoltà e posticipare l’ecotassa è sembrata una manovra disperata ma vitale per cercare di stemperare le tensioni. L’ecotassa, divenuta in breve il catalizzatore di tutte le tensioni accumulate negli ultimi mesi, doveva tra l’altro portare 1,15 miliardi di euro di cui circa 800 milioni direttamente nelle casse dello stato francese. Posticiparla in data da destinarsi può forse permettere a Hollande di rifiatare un po’ ma rischia però di costare caro (soprattutto al contribuente francese).
Giorni difficili attendono ad ogni modo il presidente Hollande ed il suo establishment. Si preparano infatti nuovi scioperi e nuove manifestazioni. Il 23 Novembre i sindacati sfilano in Bretagna per il lavoro, il 30 sarà la volta dei Bonnets Rouges e contemporanenamente della Marcia contro il Razzismo, il 1 Dicembre il Front de Gauche di Jean-Luc Mélénchon ha lanciato un appello per una manifestazione contro la Tva (lanciando anche l’hashtag #RévolutionFiscale) ed il 12 Dicembre sarà la volta dei Sindacati delle Poste che protestano contro la chiusura imminente di diversi centri di smistamento, chiusura che minaccia direttamente circa 2.000 posti di lavoro. Se Hollande riuscirà ad uscire indenne da quest’autunno rovente senza un rimpasto di governo sarà puro miracolo.