Dopo il sorteggio dei gironi, abbiamo pensato a una guida ai prossimi Mondiali di calcio in Brasile. Divisa in 10 punti, raccoglie tutto ciò che c’è da sapere, per arrivare pronti e preparati all’appuntamento del 12 giugno, quando i padroni di casa daranno il via alla competizione contro la Croazia nel match inaugurale.
Se l’Italia ha il girone più duro, lo deve a Blatter
Uruguay, Inghilterra, Costarica da una parte. Svizzera, Ecuador, Honduras dall’altra. Sono entrambi gironi mondiali, anche se il secondo sembra più di Europa League (con tutto il rispetto. Per l’Europa League). Nel primo c’è l’Italia, nel secondo la Francia. Eppure entrambe non erano teste di serie, al momento del sorteggio. Com’è possibile tale disparità? Lo dobbiamo a Jospeh Blatter, per gli amici Sepp, potente capo della Fifa e abile acconciatore dei tornei, prima e durante il loro svolgimento (do you remember Corea/Giappone 2002?). Blatter prima del sorteggio ha emanato un vero e proprio decreto salva-Francia, ottenendo che la nazionale europea in più della seconda fascia venisse spostata nella terza (quella delle asiatiche più due sudamericane), in modo da equilibrare le due urne con 8 squadre a testa, non usando il criterio del ranking ma con un pre-sorteggio. Se si fosse ricorso al ranking, la nazione spostata sarebbe stata la Francia, che è quella con la posizione peggiore nella classifica Fifa. Così ora, anziché fuori la “Vittoria dei camerieri” targata Fabio Capello a Wembley, il cucchiaio di Pirlo a Euro 2012 o lo spezzone di Fantozzi del «Palo? Chi ha fatto palo?», staremmo qui a ricordarci di quando battemmo l’Ecuador a Sapporo con i gol di Vieri e Totti; ma anche in quel caso saremmo bravissimi a trovare spauracchi persino nell’Honduras.
Il “Corriere dello sport” ha preso bene il sorteggio mondiale
La Nazionale rischia di morire di caldo e stanchezza
Giocare l’esordio a Manaus ha un aspetto positivo. Prima del sorteggio, il ct dell’Inghilterra aveva criticato la scelta degli organizzatori di giocare nel cuore della giungla, tra caldo e umidità ai quali i giocatori di Sua Maestà mica sono abituati (magari nemmeno gli altri sono abituati, ma loro sono i maestri del calcio, che diamine!). Il sindaco di Manaus, dopo il sorteggio, si è così vendicato dando il benvenuto solo agli Azzurri. Insomma, avremo il tifo a favore. Speriamo ci rinfreschi, nella città più calda del Mondiale: si rischiano i 38 gradi e l’umidità è a livelli spaventosi. Può fare caldo e piovere, roba da far rimpiangere l’afa micidiale di Usa 94. E poi ci sono gli spostamenti aerei. Già, perché il Brasile è bello grande. L’Italia, per spostarsi dal suo quartier generale di Mangaratiba (sulla costa dell’Atlantico, poco sopra Rio) agli stadi delle partite percorrerà oltre 3000 chilometri. Il record spetta però agli Usa: solo per le prime tre partite di chilometri ne percorrerà oltre 5000.
Ci sono buone possibilità che l’Italia passi il turno
Finito di toccarvi? Bene. Sì, il girone è tosto, forse il più tosto (però quello della Spagna non scherza…), ma cerchiamo bene di capire quali avversari ci aspettano. Cominciamo dall’Uruguay, testa di serie del nostro raggruppamento, il D. Negli ultimi anni, la Celeste ha cominciato arrivando 4° al Mondiale 2010, per poi vincere l’anno dopo la Copa America. Poi però c’è stato un certo declino: la squadra di Oscar Washington Tabarez non si è qualificata direttamente al Mondiale, finendo per doversi giocare l’accesso agli spareggi. L’attacco fa paura. Luis Suarez si è ripreso quest’anno con il Liverpool, dopo alcuni problemini diciamo così legati al suo carattere (vedi alla voce razzismo): in Premier League ha una media di un gol ogni 67 minuti, non male. E poi c’è Cavani, che non sta facendo male nel Psg ma che è costretto a farsi strada nello stesso reparto di uno come Ibrahimovic, che ti obbliga a passargli il pallone pure se gioca con suo figlio in giardino. Ma per il resto, non è uno squadrone: in porta hanno Muslera (i romanisti ancora ridono, i laziali meno), la difesa si presenta con Lugano, esperto ma anzianotto, il centrocampo manca di fantasia. L’Inghilterra è come la Spagna di qualche anno fa: forte sulla carta, debole sul campo nei grandi appuntamenti. La squadra si è qualificata da imbattuta, vero, ma tra gli avversari a parte l’Ucraina non c’era granché di preoccuparsi. In patria Roy Hogdson non è apprezzatissimo dalla stampa: il “Guardian” qualche giorno fa gli ha ricordato che tra i tiri in porta non vanno conteggiati quelli che centrano i cartelloni pubblicitari a bordocampo. E già a Euro 2012 i bianchi non hanno brillato per fantasia. Occhio comunque all’attacco (Rooney più l’emergente Sturridge) e al centrocampo, dove l’asse Gerrard-Lampard potrebbe essere all’ultima grande occasione. Senza dimenticare il jolly Jack Wilshere. Se poi dobbiamo preoccuparci del Costarica, allora possiamo restare in Italia: non è questo il luogo in cui si cercano gli spauracchi.
Sarà il Mondiale delle individualità
Lo si è visto già dai playoff di novembre: più che Portogallo-Svezia, è stato Cristiano Ronaldo-Ibrahimovic. Mettiamoci dentro anche i vari Cavani, Balotelli, Ribery, Robben, Messi, Neymar. E potremmo andare avanti ancora. Insomma, Brasile 2014 rischia di diventare una Coppa del mondo decisa dalle individualità, così come non accade da Usa 94, quando fu Roberto Baggio che dalla Nigeria in poi ci trascinò fino a Pasadena. Una situazione che marcherebbe così una grande differenza tra il prossimo Mondiale e i due precedenti, dove invece a livello tecnico-tattico si era registrata l’importanza primaria di quello che gli inglesi chiamano “teamplay”, il gioco di squadra: nel 2006 l’Italia vinse senza un vero cannoniere (come Baggio nel 94, o Vieri nel 98 e 2002), nel 2010 trionfò la Spagna del possesso palla forgiato sull’esempio del Barcellona, contro l’Olanda che fa bene quando si ricorda di aver inventato il calcio totale. In contemporanea, ci fu l’emarginazione del numero 10, del fantasista dietro le punte: provate a ricordarne uno che ha davvero lasciato il segno nelle ultime due coppe del mondo.
Grecia e Bosnia: le vere outsider
È opinione comune che se si dovessero rigiocare gli Europei del 2004, la Grecia non li vincerebbe mai più. Eppure li vinse, anche se poi non è che abbia più raccolto granché. Forse perché gli è mancato quello che in Portogallo aveva fatto la differenza: l’attaccante che faccia gol. In effetti, nel calcio conta farne sempre più uno degli avversari. Nel 2004, il goleador fu Angelos Charisteas. Il prossimo anno, al suo posto ci sarà Kostantinos Mitroglou. Il ragazzo parrebbe il classico predestinato. Con la maglia dell’Olympiakos, in questa stagione, è entrato nella storia come il primo greco a segnare una tripletta in Champions League. Non è stato un fuoco di paglia: l’attaccante ha trascinato l’Ethnikì Elladas anche nello spareggio contro la Romania. Non solo lui. La squadra ha giocatori esperti e di qualità e che si stanno facendo strada nei maggiori campionati d’Europa: dall’altro attaccante Georgios Samaras (Celtic) ai navigati centrocampisti Katsouranis e Karagounis , passando per Panagiotis Kone del Bologna. Il girone dei greci è equilibratissimo: è con Colombia, Giappone e Costa d’Avorio. Occhio anche alla Bosnia, per la prima volta alla prova internazionale dopo la guerra. Mentre la nazione è alla ricerca di una propria identità unitaria, la nazionale sul campo mette talento ed esperienza: dai piedi di velluto del romanista Pjanic a Dzeko, prototipo dell’attaccante moderno in grado di fare praticamente tutto. Non solo. Da segnare sul taccuino il nome di Begovic, portiere in forza allo Stoke: dopo il Mondiale lo vedremo in una grande. Il girone della Bosnia include l’Argentina, l’Iran e la Nigeria: la qualificazione è a portata di mano.
Il Belgio può ripetere l’exploit del 1986
Chi invece pare aver trovato unità attraverso il calcio è il Belgio, testa di serie e serbatoio di grandi talenti. Nel 1986, in Messico, la nazionale arrivò a un passo dalla finale, ma dovette arrendersi a Maradona. Ora la squadra di Marc Wilmots, dopo anni di delusioni, sta ricompattando un Paese tradizionalmente diviso tra fiamminghi e valloni. E lo sta facendo con un bel calcio, fatto da una squadra che riunisce belgi e figli delle colonie: da Vincent Kompany a Marouane Fellaini, passando per Romelu Lukaku ma anche Eden Hazard (fortissimo). Il sorteggio ha detto bene al Belgio: oltre alla Russia, ci sono l’Algeria e la Corea del Sud (che non gioca in casa). Quindi è ragionevole pensare che i ragazzi di Wilmots si giochino il primo posto con quelli di Capello, e sarà importante vincere il girone, perché le due che passano incrociano le due del girone G, quello di Germania e Portogallo. E un ottavo tra i lusitani e il Belgio non è così scontato, perché se è vero che sarà il Mondiale delle individualità, il Belgio ne ha di più del Portogallo, ecco.
Il Brasile non è ancora pronto a ospitare il Mondiale
Il Paese è in forte ritardo dal punto di vista organizzativo. L’aspetto più drammatico è quello che riguarda gli stadi. A San Paolo sono ripresi i lavori di costruzione dello stadio Itaquerao, scelto per la partita inaugurale dei Mondiali di calcio il 12 giugno in Brasile, dopo l’incidente che ha visto morire due operai nel crollo di una gru, che ha trascinato a terra l’ultima parte della copertura di quello che dovrebbe diventare lo stadio del Corinthians. Su 10 stadi, solo 4 sono già pronti. E poi c’è il problema dei trasporti. Il Brasile, più che un Paese, sembra un continente. E molte infrastrutture legate ai trasporti o sono in ritardo o nemmeno sono state iniziate. Bisognerà usare l’aereo e così si risolverà il problema, no? No. E saranno cavoli amari soprattutto per i tifosi, che si vedranno aumentati i prezzi dei biglietti, lievitati misteriosamente dalle compagnie aeree brasiliane proprio nel periodo del Mondiale. E che, altrettanto misteriosamente, non permette alle grandi compagnie internazionali di organizzare voli interni. Le alternative sono desolanti: i treni non esistono e i viaggi in autobus da una città all’altra possono durare anche 24 ore. Ma i problemi riguardano anche le squadre. A Recife, dove giocherà un match l’Italia, non è ancora stata messa in sicurezza la strada che porta allo stadio, dopo che le piogge torrenziali dello scorso giugno l’hanno in pratica semidistrutta. Per non parlare della messa in sicurezza di un intero Paese, scosso dalle proteste sociali durante la scorsa Confederations Cup.
Brazuca, il pallone che dovrà rimediare al pasticciaccio brutto di Jabulani
Il nome non è bellissimo: Brazuca. Trattasi di un termine dialettale brasiliano, è anche il nome di un particolare braccialetto colorato. Ma l’hanno scelto i brasiliani tramite sondaggio, bontà loro. E nemmeno il design pare essere più bello del nome. Nel tentativo di riprodurre i colori del suddetto braccialetto, ma anche l’allegria del popolo brasileiro, è venuto fuori questo:
L’importante però, in casa Adidas, è che non si ripeta quell’obbrobrio che è stato Jabulani. Ve lo ricordate? Era il pallone dei Mondiali del 2010. Esteticamente passabile, tecnicamente indecente. Più che un Mondiale, alcune partite sembravano quelle giocate in cortile con il Supertele, con la palla che a un certo punto assumeva traiettorie che nemmeno il Cern di Ginevra è ancora riuscito a capire. Brazuca è figlio delle migliorie studiate da Adidas nel triennio successivo al Sudafrica, in particolare con Tango 12 creato per gli Europei e Cafusa per la Confederations Cup 2013. Entrambi i palloni non hanno dato problemi, quindi si può sperare in bene. Nel frattempo, visti i tempi che corrono, Brazuca sarà il primo pallone “social” della storia. Ha già un account Twitter nel quale si esprime in prima persona (e che lo fa assomigliare tanto a Choupette Lagefreld, il gatto dello stilista Karl). Brazuca ha anche un account su Youtube con il quale si può vivere un’esperienza in prima persona: grazie a un sistema di telecamere ad hoc, all’utente sembra di rotolare come fosse il pallone stesso.
Il gruppo G sarà quello più “fratricida”
Tutta colpa della Germania. Nella quale gioca Jerome Boateng, fratello di Kevin-Prince, che però è stato convocato dal Ghana. I due si affronteranno il prossimo 21 giugno. L’ex milanista è nato a Berlino da padre ghanese e ha scelto la sua nazionalità, a differenza del primo. Per anni, i due non si sono parlati. Troppo diversi. Jerome è quello bravo e buono, che mette sempre in ordine la stanzetta. Il secondo è quello casinista, che nel tempo libero amava sfasciare le cassette della posta con la mazza da golf. Poi la riconciliazione, ma i fratelli torneranno “nemici” per un giorno. Non solo Boateng: la Germania affronterà gli Usa del tedesco Jurgen Klinsmann, emigrato negli Stati Uniti dopo aver lasciato la nazionale nelle mani del suo ex vice Joachim Loew.
Ma insomma, alla fine chi vincerà i Mondiali?
La Germania. Tecnicamente è la squadra più completa di tutte perché ha fenomeni o quasi in tutti i reparti. Il movimento tedesco è quello più in forma al momento e Joachim Loew da quando è ct si è sempre piazzato tra le prime 4 tra Europei e Mondiali. L’unico ostacolo può essere l’eccessiva sicurezza, ma solo perché i piani perfetti non esistono.