«E ti pareva? Uno non può fare una cena romantica al ristorante che subito…»
«Che subito cosa?»
«Girati. Guarda là, verso l’ingresso».
«Ah, lui!»
«Pare che c’hanno il radar».
«Va be’, dai…»
«C’ha inquadrati appena è entrato, oh: guardalo là, punta dritto come un treno. E chi lo ferma? Eccolo che arriva».
«Ciao amico, come andiamo? Tu compra rosa».
«E ti pareva? No, grazie».
«Compra rosa, dai, amico».
«Dai, ho detto di no. Non insistere».
«Due euro, amico. Italiano ricco».
«Ricco?»
«Compra rosa».
«Noo-o!»
«Compra rosa, per favore».
«No!»
«Compra rosa, dai!»
«No!»
«Dai amico».
«No!»
«E mamma mia come la fai lunga. Ha detto anche per favore».
«Ti prego, non ti ci mettere pure tu. Non voglio essere costretto a comprare una rosa solo per farlo andare via».
«Sei pessimo».
«Mi dispiace ma non la compro la rosa. È una questione di principio: non la voglio comprare e basta. Oh!»
«Dai, compra rosa a signorina, amico».
«E mamma mia. Noo-oo! Signorina, se vuole rosa, se la compra da sola».
«Grazie, eh, tu sì che sei un galantuomo».
«Lo faccio perché ti amo: la galanteria è il volto morbido del maschilismo».
«Ah sì, e la spilorceria, invece?»
«Spilorcio non è il termine esatto. Direi piuttosto: piccolo risparmiatore italiano».
«Certo che sai sempre come rigirarti la frittata, eh?»
«E poi la sua è concorrenza sleale, vende un prodotto di bassa qualità, non è autorizzato alla vendita e come se non bastasse evade il fisco».
«Compra rosa».
«Non mi pare che tu dichiari proprio tutto tutto, o mi sbaglio? Comunque dovrà pur campare, no? E poi i venditori di rose lavorano per lo più la sera, quando i fiorai sono chiusi, e dunque non si tratta di concorrenza sleale».
«Sarà. Comunque chissà che traffico illegale che c’è dietro a ‘ste cose. Sfruttamento. Schiavitù».
«Dai, amico. Due euro».
«Ma quale schiavitù e quale sfruttamento. Semmai queste sono cose che fanno le aziende italiane ai braccianti agricoli. Vendere rose è un lavoretto con cui ‘sti ragazzi alzano due soldi per pagare l’affitto, tutto qui».
«E tu che ne sai?»
«Compra rosa, per favore».
«A differenza tua io sono aperta al dialogo, parlo, discuto. Domanda a lui se non credi a me».
«Ok, d’accordo, domando a lui, perché no? Senti, Bangladesh, dimmi un po’, come siete organizzati con ‘sto lavoro: c’avete un capo che vi sfrutta oppure…»
«Compra rosa a signorina, dai amico».
«C’è qualcuno che organizza il traffico o…»
«Compra rosa!»
«Qualcuno che gestisce il business oppure…».
«Due euro solo».
«E però lo vedi? Io con questo non ci posso parlare, non ce la posso fare. È più forte di me, mi irrita!»
«La verità è che sei mentalmente chiuso».
«Comunque chissà da dove se le fanno arrivare ‘ste rose e chissà quanta roba tossica contengono. Può essere anche che vadano in giro a rubarle da qualche parte, che ne sai?»
«Quanto sei ignorante! Li vedo ogni mattina al mercato generale. Cinque euro venti rose, le puliscono e poi la sera le rivendono. Fine della storia».
«E va be’, sarà anche come dici tu però io la rosa non la voglio».
«Tu italiano ricco. Compra rosa».
«Ma smettila di fare il razzista».
«Razzista io? La verità è che sono loro a essere invadenti e insistenti. Stanno troppo addosso, col fiato sul collo. Compra rosa, compra rosa, compra rosa. No, diamine, no. No, no, no! Non la voglio la tua rosa, oh!!»
«D’accordo, non c’è bisogno di urlare, però».
«…»
«…»
«…»
«…»
«Compra rosa, amico».
«E basta, ho detto che non la compro la rosa!!»
«Te lo richiedo per favore: potresti smettere di gridare? Ci stanno guardando tutti».
«Dai, solo due euro».
«E ho capito, ma lo vedi che è lui…»
«Dai, amico».
«No che non è lui, sei tu».
«Fai regalo a signorina».
«Io? Ma lo senti? È lui che…»
«È lui niente. Potevi gestire la cosa in tutt’altro modo. Mi aspettavo una serata molto diversa, sono arrabbiata».
«Amico italiano ricco. Compra rosa a signorina, per favore».
«Mi dispiace, ma la mia è una questione di principio».
«Ah, una questione di principio? Allora sì, certo, lo capisco, hai ragione. Se è una questione di principio…»
«Oh! Lo vedi finalmente che ci capiamo?»
«Compra rosa, amico, dai».
«Abbiamo detto no, hai sentito la signorina? È una questione di principio. Non la compriamo la rosa».
«Grazie, la compro io la rosa».
«La compri tu? In che senso? E che ce ne facciamo, scusa?»
«Tu pensa agli affari tuoi. Mi piace e voglio comprarla, punto».
«Sì, ok, come vuoi, non ti arrabbiare però, stai calma».
«Sono calmissima».
«Guarda belle rose. Gialla. Rossa. Grazie a signorina».
«Grazie a te. Ne prendo cinque».
«Cinque?!»
«Sì, cinque, che c’è?».
«Come cinque? Ma se con dieci euro ne compriamo quaranta al mercato generale».
«E io ne voglio prendere cinque, adesso, qui. C’è qualcosa che non va?»
«No, niente. Per carità».
«E comunque non siamo al mercato generale, anche se non si direbbe, visto il tuo tono di voce».
«Ok, scusa, sto zitto. Contenta?»
«Sì, bravo, stai zitto che è meglio. Hai fatto già abbastanza danni per stasera. Ecco le dieci euro».
«Ecco cinque rose a signorina. Una, due, tre, quattro e cinque. Grazie signorina. Ciao».
«Ciao. Grazie a te, caro. Gentilissimo».
«Ciao, amico. E mi raccomando: buona cena».
«Eh, sì, buona cena il caz…»
«Ehi! Ma insomma, dico io!!»
«Sì, sì. Hai ragione, scusami».
«Eh, “scusami”, come no. Hai rovinato la nostra serata: mi auguro che almeno tu sia contento, adesso».
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