Come sconfiggere la crisi con la musica cubana

Un incubatore di arte latinoamericana

La musica cubana nella sala Radetzky. Palazzo Cusani, circolo ufficiali. Suona la Ekundayo Band, al ritmo di Latin Jazz. «Il progetto è nato due anni fa in Portogallo, dove mi trovavo allora. Ma è cresciuto qui, a Milano», spiega – alla fine del concerto (otto pezzi; molti applausi) – Jorge Gonzalez, l’ideatore. Con altri otto elementi (il direttore musicale è Ernesto Varona) ha dato vita a questa coraggiosa band, riunendo «un po’ della vecchia guardia cubana di Milano». «Siamo stufi», racconta, «del momento di crisi. Abbiamo deciso che invece è il momento di crescere, di fare qualcosa di bello. Vogliamo poter fare musica a livello professionale. Troppo spesso in Italia non siamo rispettati come musicisti. Siamo pagati poco. Andare a cercare la seratina a 50 euro a noi non ci interessa. L’unico modo è creare eventi. Se riusciremo, magari andremo anche a “purificare” un po’ l’ambiente dai musicisti improvvisati e da quelli che lavorano gratis. La nostra è una sfida, ma sentiamo che ce la faremo. La crisi fa diventare arrendevoli. “Tanto c’è crisi, tanto non ce la farò”, diventa quasi un alibi. Ed è facile rimanere a casa, invece di provarci».

Anche Luis, detto Pedra, conferma: «In Italia è pieno di posti dove ti pagano poco e a nero, se vuoi fare musica. Così, anche se a Cuba facevo il musicista fin da bambino, in Italia (dove sono dal 1999) facevo il cameriere. Per fare il musicista o sei nato figlio di un musicista o sei figlio di gente coi soldi. È difficile diventare virtuosi, ci vogliono ore e ore di esercizio quotidiano, non lo puoi fare a tempo perso. Qui in Italia è difficile anche coi vicini, spesso  chiamano i carabinieri. Per fortuna non è il mio caso, nel mio palazzo non si lamenta nessuno delle ore e ore di tromba». «Per ora, con la Ekundayo Band», conclude, «faccio meno soldi di prima, di quando ero cameriere, ma ci campo, e mia moglie, italiana, è abbastanza soddisfatta e non rompe troppo. Sapete come sono le mogli… Io tornerei volentieri a Cuba, qua bisogna lavorare per pagare l’affitto, lì ho casa, a L’Avana. Ma lei non ci vuole venire. Per vacanza sì, ma a vivere no…».

La moglie di Jorge Gonzalez, l’ideatore della band, è Consuelo Hernandez, figlia del pittore Simon Hernandez, il “Gauguin selvaggio” di via San Marco (qui l’articolo di Ettore Mo, dopo la sua morte nel 1996). Da un anno ha aperto una galleria d’arte specializzata in artisti latinos, che lavora molto con i consolati sudamericani. «La band e la mia galleria vogliono dare un’idea alta dell’arte latinoamericana, che non è solo balli e festival Latinoamericando. E soprattutto cerchiamo di dare un’idea calda, accogliente. Di far vivere qualcosa di bello a livello esperienziale. Sempre nell’ottica fusion. E vogliamo che, attorno al progetto di base e alla band centrale, sia una specie di contenitore, di incubatore per altri artisti, così sperduti in tempo di crisi».

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