Ma Facebook sa anche quando voglio scrivere un post e poi, con un ripensamento, non li pubblico più? La domanda è buona e la risposta è sì. Lo spiega lo Slate francese, che riprende uno studio di Sauvik Das, ricercatore alla Carnegie Mellon e Adam Kramer, informatico dei dati di Facebook. L’autocensura è un dato che Facebook raccoglie senza problemi.
Tutto lo studio ha esaminato i non-status, i non-post e i non-commenti mai pubblicati su Facebook, ma solo digitati. Facebook invia il codice al browser che analizza se qualcosa viene scritto e poi rinvia a Facebook i dati che ha elaborato.
La cosa non è molto originale: lo fa anche Google con Gmail, che salva diverse versioni della mail e permette di ritrovarle. La differenza, però, è che la funzione di Google è fatta per aiutare l’utente. Quella di Facebook? Non è chiaro. La tecnologia per recuperare i post, con tutte le parole che vengono scritte e poi cancellate esiste ma, al momento, Facebook sostiene di non utilizzarla. Si limita solo a sapere se un post è stato scritto e poi cancellato prima della pubblicazione. In una parola, Facebook sa quando e se ci si autocensura, ma non per cosa. Per ora.
L’articolo di Das e Kramer si conclude così: «In questo modo siamo riusciti a comprendere meglio come e dove si manifesta l’autocensura sui social network. Dovremmo comprendere meglio anche il cosa e il perché». Il sottinteso è semplice: Facebook prima o poi se ne occuperà. Anche perché, quando l’utente si autocensura, «trattiene informazioni che, per il social network, potrebbero essere molto preziose».