Il fantasma della maggioranza: una legge non basta

La riforma del Porcellum

A Ballarò, Matteo Renzi ha detto una cosa apparentemente sensata, ma distante dal dibattito di queste ore: serve una legge che consenta di individuare subito, e senza dubbio un vincitore certo in caso di elezioni. Già, ma con quale legge si raggiunge questo obiettivo? Lo so che in questo momento sulla legge elettorale si scrivono e si dicono delle stupefacenti supercazzole. Ma mi pare che molti addetti ai lavori trascurino un dettaglio importante: i due principali sistemi che oggi vengono evocati come la possibile soluzione della crisi determinata dal Porcellum (e soprattutto della sua cancellazione da parte della Corte Costituzionale), sono un rimedio peggiore della difficoltà che vogliamo curare.

Si parla, infatti, del doppio turno di collegio, come della soluzione migliore al vuoto creato dalla cancellazione della legge. Era la vecchia proposta del Pd, a lungo avversata dal Pdl, perché nei ballottaggi, di solito, il centrodestra dimostra minor potere coalizionale e mobilitativo. Ma, al di là di questa vecchia diatriba, il problema è un altro. Il ballottaggio alla francese, in un Paese in cui ci sono tre diversi poli (Centrosinistra, Grillo e centrodestra) potrebbe quasi fisiologicamente produrre una situazione di ingovernabilità: che cosa potrebbe impedire, infatti, che al ballottaggio ci siano in ogni singolo collegio dei vincitori che appartengono alle tre diverse coalizioni, e che i tre poli finiscano per equivalersi? Almeno dal punto di vista logico e matematico, un risultato possibile potrebbe essere un Parlamento diviso in tre in cui (senza premio) nessuno dei tre schieramenti potrebbe avere la maggioranza. 

Per non parlare del Mattarellum, il sistema con cui si è votato in Italia dal 1994 al 2001. Non tutti ricordano che anche al suo esordio questo sistema produsse una non-maggioranza al Senato, al punto che per la nascita del primo governo Berlusconi fu determinante il passaggio a destra di alcuni senatori eletti con il Ppi ed il Patto Segni (come Luigi Grillo e Giulio Tremonti). Anche il Mattarellum, dunque, puó entrare in crisi con un modello tripolare, e potrebbe produrre – in linea teorica – un Parlamento diviso in tre, e senza alcun premio di maggioranza per governare. La quota proporzionale, proprio perché fotografa i rapporti di forza tra i partiti, non disinnesca questo rischio, anzi. 

La verità è che per realizzare il cosiddetto “sindaco d’Italia” di cui parlano Renzi e Gaetano Quagliariello, occorrerebbe una riforma costituzionale che introducesse l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Altrimenti diventa difficile poter attribuire un premio di maggioranza  che sarebbe l’unica soluzione in grado di garantire un governo certo. Ma questo premio, per non produrre ribaltoni, deve essere legato all’elezione di un leader e deve essere nazionale: altrimenti usciamo dai disastri del Porcellum per entrare in quelli di nuovi sistemi che risultano già vecchi prima di essere messi alla prova.

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