Da «Incontrerete un Paese preparatissimo per la Coppa. Brasile 2014 sarà il Mondiale migliore di tutti i tempi» a «Ci affidiamo a Dio, ad Allah, o comunque si chiami…». In Brasile è caos, dentro e fuori gli stadi per la prossima Coppa del mondo di calcio. Che rischia di essere il vero e proprio banco di prova di un Paese che da componente dei Brics vuole spiccare definitivamente il salto tra i grandi della Terra. Da una parte la presidentessa Dilma Rousseff, che con il Mondiale si gioca la riconferma a Brasilia alle prossime elezioni, in programma proprio a inizio ottobre 2014. Dall’altra Sepp Blatter, il potente capo del Governo del calcio mondiale, la Fifa, che dopo quel “pasticciaccio brutto” dell’ormai imminente spostamento del Mondiale del 2022 in inverno vuole evitare altri problemi. Ma non sarà facile: di molti stadi non è ancora stata completata la costruzione.
In mezzo, appunto, il caos. Il primo grande problema è la sicurezza. Che il Brasile fosse scontento, lo si era capito durante un altro torneo di calcio, la Confederations cup giocata l’estate scorsa. Un torneo dominato più dagli scontri fuori dagli stadi che da ciò che succedeva in campo. Un intero Paese era sceso in piazza, per protestare e per farci capire che altro che Brics: il boom economico brasiliano stava rallentando e chi non poteva comprava lo stesso, soprattutto i generi alimentari. Ma a credito. Come spiegavano i dati pubblicati dall’Economist a inizio 2013, nel 2012 i prezzi erano aumentati del 5,84% – oltre le aspettative del mercato e per il terzo anno consecutivo vicini al tetto della forbice (2,5-6,5%) stabilito dalla Banca centrale. E i prezzi dei biglietti negli stadi della Confederations erano improponibili per un Paese che si infiammava per il rialzo di altri biglietti, quelli del trasporto pubblico.
Così, dalla rabbia del popolo emergeva un cartello: «Dilma, ma non eri una di noi?». No, Dilma non è mai stata una di loro. Ha affrontato gli anni del carcere del regime militare con una dignità silenziosa. Non è una che si mischia col popolo, come faceva Lula. E giù nei sondaggi: il 57% dei brasiliani avrebbe già rivoluto il suo predecessore. Il crollo nei sondaggi è aumentato inesorabile: secondo la società brasiliana Datafolha, tra giugno e inizio dicembre 2013, il calo del sostegno alla Rousseff è sceso di 10 punti percentuali. Così il Mondiale diventa un’occasione che non si può fallire e il calcio torna ad essere veicolo elettorale. Così come fatto dal suo predecessore, che non si è tirato indietro quando nel 2009 festeggiò la vittoria del Corinthians, squadra di cui è tifoso, assieme all’idolo Ronaldo. Certo, al momento la Rousseff è data nei sondaggi in largo vantaggio sui possibili sfidanti e se le elezioni si tenessero oggi, vincerebbe già al primo turno con ben il 47% delle preferenze, distaccando nettamente il senatore Aecio Neves, candidato del centrodestra con il Psdb, dato al 19%, e battendo anche Eduardo Campos, leader del Partito Socialista Brasiliano (Psb), che otterrebbe solamente l’11% dei voti. La Coppa del mondo potrebbe però rafforzarla, o affossarla in caso di fallimento in campo e dal punto di vista organizzativo.
Così è nato il “Planejamento Estrategico de segurança para la Copa do Mundo 2014”. Tradotto: lo Stato spenderà 1,9 miliardi di reais (circa 600 milioni di euro) per garantire la sicurezza durante la coppa. Un piano mastodontico, da D-Day quasi: oltre 1000 soldati per le 12 città sedi delle 64 partite complessive del mondiale, programmi di sicurezza su tutte le aree (dalle terrene alle aeree, passando per quelle fluviali) e che si poggiano sui più moderni sistemi di difesa satellitare, oltre ai programmi che prevedono di respingere attacchi di ogni tipo, dai virus informatici alla guerra batteriologica.
Il generale Jamil Megid Junior – responsabile del ministero della Difesa per i grandi eventi – sarà certo preoccupato per quel che è successo nell’ultimo turno del campionato di calcio brasiliano. Allo stadio di Joinville, che almeno non è nella lista di quelli che ospiteranno il Mondiale, la partita tra il Vasco da Gama e Atletico Paranaense è stata sospesa per un’ora dopo una rissa scoppiata tra le due tifoserie: quattro arrestati, sei feriti gravi, la polizia che interviene in ritardo e un Paese che si ritrova con un nuovo problema. Lo ha spiegato a El Pais Mauricio Murad, sociologo e autore di Come capire la violenza nel calcio: «Qualcosa è cambiato e in peggio . Negli ultimi cinque o sei anni, anziché guardare alla violenza all’interno degli stadi, si è solo guardato ai problemi esterni. Quello che abbiamo visto lo scorso fine settimana è un ritorno alla violenza negli stadi».
Dal 1984 ad oggi, sono morte 234 persone per violenze da stadi, 84 solo nel 2013. Ecco che la Rousseff ha proposto la soluzione: il carcere. «Nel paese del calcio non possiamo vivere con la violenza negli stadi. Sono necessari la presenza della polizia nei campi, la reclusione in caso di violenza e la creazione di un carcere apposito per i violenti da stadio, perché queste scene non si ripetano», ha scritto la presidentessa su Twitter. Nel frattempo, la Fifa si è affrettata a minimizzare. «Non assicuriamo al 100% che al Mondiale non ci saranno scontri, ma al 99,99% sì», ha spiegato Jerome Walcke, braccio destro di Joseph Blatter,secondo cui quello che è successo a Joinville tra le due tifoserie è un problema legato non alle tensioni sociali, ma «alla sicurezza negli stadi», ovvero alla scarsa efficenza di molti impianti sportivi ormai datati.
Ecco, gli stadi. L’iter della Fifa prevede che la nazione ospitante un Mondiale debba consegnare gli stadi (nuovi o da ristrutturare) entro quattro mesi dall’inizio della competizione. Questo perché sono necessari, una volta ultimati i lavori, tre mesi di collaudo della struttura per garantire i massimi standard di sicurezza. Il problema è che su 12 impianti, solo 6 sono pronti. In tutto, sono già cinque i morti nei cantieri dei Mondiali, contro i due di Italia 90. A fine novembre, ne sono morti due a San Paolo, per il crollo di parte della struttura metallica che regge la copertura dello stadio Itaquerao. Un incidente che ha svelato i gravi ritardi di molte altre opere. Nell’Arena Pantanal di Cuiabà, vicino al confine con la Bolivia, mancano ancora tetto, spalti e campo di gioco. A Curitiba «il cantiere è un casino», secondo quanto riportato dal Guardian, che cita fonti della Fifa: a marzo lo stadio non sarà pronto, la struttura non è nemmeno all’85% e si fatica a reperire fondi per finirla.
Impensabile quindi che si riesca a finirlo per marzo. Sarà interessante capire se anche i tifosi delle 32 nazionali che andranno in Brasile a partire dal prossimo 12 giugno saranno disposti ad arrangiarsi.
C’è poi un altro problema, legato ai trasporti a lungo raggio, in un Paese che, tanto per capirci, è grande 32 volte la Spagna. Il prezzo dei biglietti aerei per il mese dei Mondiali è già lievitato. E le compagnie aeree brasiliane si sono fino ad ora opposte alla proposta dei grandi vettori stranieri (Lufthansa e Air France su tutte) di organizzare voli interni per i tifosi. Treni? Nemmeno a parlarne. Nonostante una rete di 30mila chilometri, il trasporto su rotaia viene usato quasi solo per le merci. Autobus? Sì, se avete voglia di farvi un’esperienza on the road. Sono 5000 i chilometri complessivi da sorbirvi se tifate Italia e volete seguire gli Azzurri nelle prime tre gare del Mondiale.
«Non siamo il solo Paese al mondo ad avere problemi», ha spiegato il ministro dello Sport, Rebelo, quasi piccato. Già, ma dal Paese del futebol bailado ci si poteva aspettare di più, a 6 mesi da un Mondiale che tutto il Brasile vuole vincere. Una vittoria che potrebbe salvare le poltrone di Blatter (che vuole restare alla guida della Fifa) e della Rousseff.