Leggere i classici per comprendere il presente

I CLASSICI DELLA LIBERTÀ IN EBOOK

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Che cosa hanno in comune un James Madison non ancora presidente della giovane Repubblica americana e il politologo siciliano Gaetano Mosca? Cosa unisce un anziano Herbert Spencer a quel Ludwig Mises che, nel 1920, porta un formidabile contributo alla distruzione delle logiche della pianificazione economica? Per quale strana ragione debbono finire assieme l’antistatalismo di Frédéric Bastiat e la sofisticata critica del razionalismo politico sviluppata negli anni Sessanta dal filosofo britannico Michael Oakeshott?

Ibl Libri, con la collaborazione del quotidiano digitale Linkiesta, offre in formato elettronico (al prezzo di 1,99 euro) alcuni tra i loro saggi brevi più importanti. Sono veri e propri “Classici della libertà”: compongono uno scaffale, non periferico di una ideale biblioteca della libertà.

Si tratta di testi di limitate dimensione, ma di grande densità. Sono autentici piccoli gioielli che obbligano ad assumere un punto di vista “alto” anche sulle misere vicende del nostro tempo e della nostra vita civile. Questi scritti parlano della necessità di contenere il potere con il potere (Madison), dell’importanza di apprendere dalla storia come le nazionalizzazioni producano disastri (Mosca), di come la cooperazione volontaria sia assai più civile della costrizione di Stato (Spencer), di come la statizzazione dei mezzi di produzione distrugga il sistema dei prezzi liberi e quindi impedisca lo sviluppo di comportamenti economici razionali (Mises), di come il diritto non possa essere la semplice volontà del potere politico (Bastiat), di come la modernità sia stata contrassegnata da una lettura assai ristretta della razionalità umana e di come il dirigismo politico sia inseparabile da presunzione razionalistica intrinsecamente illiberale (Oakeshott).

Leggendo o rileggendo queste pagine si possono trovare i fondamentali argomenti che devono indurci a pretendere che gli uomini di Stato limitino le loro pretese su di noi: riducano le imposte, abbandonino progetti disastrosi (come quello di una nuova Iri interpretata dalla Cassa Depositi e Prestiti), liberalizzino la nostra vita economica, utilizzino con decisione il bisturi per tagliare la spesa pubblica.

Le difficoltà che stanno logorando il tessuto sociale ed economico dell’Italia non sono senza spiegazioni: confrontarsi con alcuni tra i più grandi interpreti della cultura liberale significa, in fin dei conti, interrogarsi nuovamente su quali debbano essere i principi da porre a fondamento di una convivenza davvero civile.

Un filo rosso unisce quei testi, pur tra loro diversi ed espressione di tendenze distinte: l’idea che la società sia più importante delle istituzioni, e che queste ultime perdono ogni credibilità quando smettono di servire la libertà degli uomini e diventano – come è successo in tante circostanze e come ci succede quotidianamente di constatare – la fonte di meccanismi oppressivi e irrazionali.

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