L’UE non trova un accordo per limitare i biocarburanti

Ricevono 6 miliardi di euro d'incentivi

I ministri europei dell’Energia hanno respinto una proposta della presidenza di turno lituana dell’Ue che avrebbe posto un limite all’uso di biocarburanti “convenzionali” o cosiddetti “di prima generazione”, cioé provenienti da colture alimentari sottratte alla produzione di cibo. La proposta era avversata, per motivi opposti, sia dal fronte delle organizzazioni agricole e dei produttori di biocarburanti, che difendono gli incentivi; sia dalle organizzazioni non governative (Ong) ambientaliste e terzomondiste, che la consideravano troppo timida nell’affrontare il problema della sostituzione delle colture alimentari con quelle energetiche nei paesi in via di sviluppo. Qui e qui e qui dell’argomento ne abbiamo già parlato, a vario titolo, su Linkiesta.

Il testo, inoltre, secondo le Ong, non risolveva la contraddizione per cui biodiesel ed etanolo “convenzionali” sono considerati dalla legislazione Ue alla stregua di energie rinnovabili, nonostante gli alti livelli di emissioni di CO2 causati, direttamente o indirettamente, dalla loro produzione. Allo stesso modo, fra gli Stati membri che si sono opposti al compromesso, due (Polonia e Ungheria) erano contrari a qualunque limitazione allo sviluppo dei biocarburanti, mentre cinque, fra cui l’Italia (insieme a Belgio, Danimarca, Olanda e Lussemburgo) avevano sposato le posizioni ambientaliste e chiedevano norme più rigorose.

Il punto chiave del compromesso lituano respinto dal Consiglio Ue era l’aumento al 7%  del tetto che si voleva introdurre per l’aggiunta di biocarburanti di prima generazione nella benzina e nel gasolio commercializzati nell’Unione, rispetto al 5% che la Commissione europea aveva fissato nella sua proposta originaria. Questo, all’interno dell’obiettivo del 10% di energia prodotta da fonti rinnovabili nel consumo del settore dei trasporti, che è stato fissato dall’Ue per il 2020.  Il solo fatto di aver posto quest’obiettivo del 10% ha creato un sistema di incentivi per promuovere i biocarburanti con sussidi pubblici che l’International Institute for Sustainable Development calcola ammontino a 6 miliardi di euro all’anno nei diversi paesi dell’Ue.

Secondo i calcoli della Ong Transport & Environment, da anni all’avanguardia a Bruxelles nella campagna contro i cambiamenti climatici nel settore dei trasporti, alzare di due punti percentuali (come voleva la presidenza lituana) il limite del 5% proposto dalla Commissione per i biocarburanti prodotti da colture alimentari avrebbe comportato un aumento delle emissioni di CO2 di 400 milioni di tonnellate, o l’equivalente di 9 milioni di auto in più sulle strade europee entro il 2020. E secondo ActionAid, «significherebbe mettere nei serbatoi delle nostre macchine una quantità addizionale di cibo sufficiente a sfamare 69 milioni di persone, ovvero l’intera popolazione italiana, ogni anno».  

Il compromesso lituano prospettava anche la cancellazione dell’obiettivo minimo del 2,5% che la Commissione europea aveva fissato per i biocarburanti “di seconda generazione” (ricavati dalle alghe e dagli scarti della produzione alimentare, come la paglia dei cereali). E, inoltre, vanificava il tentativo dell’Esecutivo comunitario e del Parlamento europeo di disincentivare il cosiddetto fattore Iluc (“Indirect Land Use Change”) ovvero la pressione che i biocarburanti di prima generazione generano sull’agricoltura, soprattuto nei paesi in via di sviluppo, sottraendo i suoli alla produzione di cibo che deve essere trasferita su altre terre, spesso deforestandole, con conseguenze indirette molto pesanti sull’aumento delle emissioni di CO2.  Mentre la proposta della Commissione cercava, con calcoli complicati, di prendere in contro il fattore Iluc, penalizzandolo, il testo proposto dalla presidenza lituana si limitava a chiedere un rapporto che  analizzasse la questione.

La bocciatura del compromesso lituano, visti i suoi molti punti deboli, è stata accolta con favore dalle Ong, che tuttavia si dicono anche preoccupate, perché il rinvio della decisione significa perpetrare la situazione presente in cui i biocarburanti di prima generazione continuano allegramente a godere degli incentivi pubblici, in virtù del loro status ormai inattuale di fonti energetiche rinnovabili. E questo status quo potrebbe continuare addirittura per un altro anno, fino al semestre di presidenza italiano dell’Ue, nella seconda metà del 2014. Infatti, anche se la presidenza greca, che precederà quella italiana, riuscisse a far passare un testo meno annacquato in Consiglio Ue, resta il fatto che il Parlamento europeo, con le elezioni a maggio, difficilmente potrà pronunciarsi prima dell’autunno dell’anno prossimo.  

Va notato anche che i biocarburanti non dividono solo il Consiglio Ue,  ma sono riusciti a spaccare anche il Parlamento europeo, che, pur avendo sostanzialmente sostenuto il testo della Commissione, non è riuscito a esprimere la posizione forte e unitaria che avrebbe favorito un accordo con i ministri dei Ventotto (e questa è la ragione per cui la presidenza lituana si è discostata tanto dal testo dell’Assemblea di Strasburgo). La relatrice della direttiva, l’ex ministro francese dell’Ambiente Corinne Lepage (gruppo liberaldemocratico) si è vista infatti negare dalla maggioranza degli eurodeputati il mandato per negoziare un accordo con i ministri in prima lettura, secondo le procedure del cosiddetto « trilogo » che sempre più frequentemente accelerano l’iter comunitario di co-decisione fra l’Europarlamento e il Consiglio.