“Qui a Lampedusa muore la civiltà dell’Europa”

La protesta del giovane deputato Pd

Khalid Chaouki, deputato del PD, da ieri è rinchiuso per protesta nel Cspa di Lampedusa. «Non mi muoverò da qui fino a quando il ragazzo siriano che ha girato il video e i naufraghi illegittimamente trattenuti da oltre due mesi non saranno trasferiti», aveva detto Khalid in una lettera indirizzata al quotidiano La Stampa. Linkiesta lo ha raggiunto telefonicamente presso il Centro di Contrada Imbriacola dove ha appena passato la notte. «Ho trovato ospitalità presso un gruppo di profughi siriani che sono qui dagli inizi di Novembre, mi hanno dato una brandina, un lenzuolo, degli asciugamani, uno spazzolino da denti», dice. E spiega: «Non possiamo più accettare questa situazione a pochi passi dalle nostre case. Il governo deve agire e in fretta. Il mio è un gesto estremo per l’Italia e per i profughi, per garantire loro quei diritti che prevede la nostra Costituzione».

Quali sono le condizioni igieniche all’interno del Centro, tu che hai potuto visitarlo dall’interno ?

Le condizioni del Centro sono purtroppo quelle che avevo già visto il 3 ottobre scorso. La situazione è sotto i criteri minimi di umanità. Ci sono infiltrazioni di acqua, non c’è una mensa per cui le persone mangiano dove dormono e non ci sono servizi igienico-sanitari adeguati. Ad esempio, con la pioggia, alcune stanze si sono allagate. A mio parere non è un centro adeguato per raccogliere i richiedenti asilo. Questo è quello che ho visto e che ho denunciato in queste ore.   

Tu hai incontrato diversi cittadini siriani ed eritrei, tra cui i naufraghi scampati al disastro del 3 ottobre scorso. Come sono le loro condizioni?

C’è grande disperazione. Alcuni tra i siriani sono attualmente in sciopero della fame e della sete. I superstiti del naufragio del 3 ottobre scorso sono ancora qui. Ci sono casi di grave disperazione, di depressione. Queste persone soffrono tantissimo e credo si debba intervenire con urgenza perché la situazione è davvero molto drammatica. È stato questo il motivo che mi ha spinto a stare qui e a decidere di rimanere insieme a loro. Non mi sarei mai immaginato che dopo due mesi da quella tragedia che abbiamo pianto in tutto il mondo i superstiti sarebbero rimasti rinchiusi ancora qui e trattati come criminali comuni.  

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Hai incontrato anche “Khalid”, il cittadino siriano che ha registrato il famoso video poi andato in onda sul Tg2. Che cosa ti ha detto?

Mi ha detto che lui voleva denunciare quello che aveva visto ma soprattutto ricordare al mondo di fuori che in questo centro loro erano rinchiusi da molto tempo senza che nessuno s’interessasse alla loro condizione. Ha voluto specificare che ovviamente lui non ce l’ha personalmente con gli operatori ma crede che tutti siano oggi qui vittime di un sistema che non funziona. La sua richiesta è quella di una soluzione rapida perché sia lui che i suoi compagni non ce la fanno più a sopravvivere in queste condizioni. Mi ha ringraziato per la mia presenza qui al centro e mi ha detto che spera che si risolva presto questa situazione.

Il Centro di Lampedusa più che essere un centro di accoglienza si è trasformato in un vero e proprio centro di detenzione. Come si è arrivati a questo punto?

Siamo arrivati a questo punto a causa di un’ideologia di una certa destra che negli anni ha creato il nemico perfetto, il capro espiatorio, l’immigrato. Oggi addirittura c’è confusione tra chi è qui per cercare lavoro e chi è invece in fuga dalla guerra o dalla dittatura come gli eritrei. Questo ha fatto sì che ci sia stata un’assuefazione, un’abitudine a sottovalutare quello che era la negazione di diritti fondamentali e oggi purtroppo siamo costretti a vivere in un paese dove esistono luoghi totalmente al di fuori della legalità. Tra l’altro per questa ragione siamo stati condannati da tutte le istituzioni internazionali e nonostante ciò questi centri che dovrebbero essere chiusi, restano aperti, nella disattenzione più totale. Spero con questo gesto di riprotare l’attenzione su questo problema e che si passi dalle parole ai fatti. Che il governo intervenga immediatamente. 

Non esiste un vero piano di accoglienza e integrazione per i profughi e richiedenti asilo. In quest’ambito come vedi la legge Bossi-Fini?

La legge Bossi-Fini è la madre di tutti i problemi legati all’immigrazione. Una legge che ha voluto descrivere l’immigrato come un oggetto da sfruttare per il lavoro senza però riconoscere la dignità della persona prima di tutto. Una legge la cui filosofia nega di fatto qualunque dimensione umana dietro agli immigrati. Io credo debba essere totalmente abrogata perché tra l’altro ha fallito. Quello che sta succedendo qui a Lampedusa e succede ogni giorno nei Cie dimostra che la Bossi-Fini è una legge iniqua che non solo ha negato il diritto alla dignità ma che sta mettendo in discussione la storia e la civiltà dell’Italia che è sempre stato un paese di grande accoglienza. Oggi a Lampedusa l’Italia sta subendo un danno enorme alla sua credibilità internazionale. 

La tragedia di Lampedusa da un lato ma anche ciò che avviene quotidianamente sul fiume Evros, tra Grecia e Turchia, e altrove nel Mediterraneo. È il fallimento di dispositivi come Frontex ed Eurosur?

Purtroppo, anche a livello europeo, tutto questo non basta. A livello italiano debbo dire che il premier Letta si è impegnato in questo senso, il programma “Mare Nostrum” ad esempio sta contribuendo a salvare molte vite però purtroppo non è sufficiente. Oggi bisogna ristabilire un nuovo dialogo con la sponda Sud del Mediterraneo, bisogna capire che non si può più sottovalutare quello che è la dinamica regionale. Quello che succede in Siria da due anni oggi lo viviamo sulle nostre coste ma probabilmente si poteva prevenire o quantomeno intervenire prima rispetto al conflitto in Siria. Siamo in una regione dove ci sono grandi conflitti ma dove noi dobbiamo pensare di avere un ruolo che va al di là delle nostre coste. Occorre puntare ad una stabilità regionale, puntare ad una cooperazione maggiore con paesi quali l’Africa ad esempio. Per quanto riguarda l’Italia dobbiamo ripensare al piano per l’integrazione e dell’accoglienza dei profughi. Va benissimo pretendere dall’Europa una corresponsabilità ma prima di tutto dobbiamo avere le carte in regola e per adesso purtroppo noi non le abbiamo. 

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