Caos medio orientaleSulla morte di Arafat è guerra tra Francia e sauditi

Scontri geopolitici

Sono passati ben nove anni da quando Yasser Arafat, assediato nel Palazzo della Muqata’a per ordine d’Ariel Sharon dal 3 Dicembre del 2001, veniva trasferito d’urgenza con un elicottero militare proveniente da Amman, in Giordania, nell’ospedale militare di Percy a Clamart, a Sud Ovest di Parigi. Qui il rais, dopo un calvario clinico di 13 giorni, si spegneva alle 3:30 dell’11 Novembre 2004, ufficialmente per un’emorragia cerebrale.

L’équipe di medici che lo aveva seguito con accanimento fino alla fine aveva deposto le armi dichiarandosi incapace di stabilire con precisione le cause della sua morte a causa di un quadro clinico estremamente complesso. Anomalia del sangue dovuta ad un’infezione di originale virale, cancro o avvelenamento del sangue? Arafat è stato avvelenato?

Unlaboratorio dell’Istituto di Radiofisica di Losanna, dopo accurate analisi durate oltre nove mesi, aveva infatti trovato tracce di polonio 210 (sostanza radioattiva, 250.000 volte più nociva del cianuro di potassio, la stessa usata per assassinare la spia russa Alexandre Litvinenko) sugli effetti personali dell’ex leader palestinese (indumenti intimi, kefiah, spazzolino). Nel 2012 il Tribunale di Nanterre, su richiesta della vedova di Arafat, ordinava, nell’ambito di una commissione rogatoria internazionale – alla quale hanno partecipato esperti svizzeri, russi e francesi – di riesumare il corpo del leader al fine di fare dei prelievi per stabilire se ci fosse stato avvelenamento o meno.

Ma mentre gli esperti svizzeri trovavano tracce di polonio diciotto volte superiori alla norma e quelli russi invece affermavano laconicamente l’impossibilità di determinare se ci fosse stato avvelenamento da polonio o meno, l’ultimo responso in ordine di tempo è stato quello degli esperti francesi, caduto come una mannaia alcune settimane fa.

Il Tribunale di Nanterre ha fatto sapere in un comunicato che gli esperti hanno scartato l’ipotesi di un avvelenamento al polonio 210 e propendono per una “morte naturale” dell’ex leader dell’Olp. Abbandonando la pista dell’avvelenamento al polonio 210, gli esperti francesi hanno avanzato un’altra ipotesi, ovvero quella della presenza di un altro elemento radioattivo di origine naturale, il gas radon, presente nella tomba, che spiegherebbe la contaminazione del corpo di Arafat.

Il professor Patrice Manguin, responsabile del dipartimento di medicina legale del Centro Universitario di Medicina Legale svizzero (Curml) – a capo del laboratorio che ha effettuato i rilievi sul corpo dell’ex leader – ha però contestato la conclusione degli esperti francesi. In realtà le cifre evidenziate dal rapporto francese dell’Istituto di Radioprotezione e di sicurezza nucleare sono simili a quelle svizzere ma le conclusioni, ahimé, sono diametralmente opposte.

Semplificando, mentre per gli svizzeri è il corpo di Arafat a contenere tracce di polonio e a contaminare la tomba, per i francesi è la presenza del radon ad aver contaminato anche il corpo di Arafat. A questo punto, di fronte a conclusioni così discrepanti, è lecito chiedersi se il rapporto delle analisi fatte in Francia non abbia preso una certa piega volutamente e se sia stato dettato da ragioni meramente politiche o da interessi particolari. Lo abbiamo chiesto ad Alberto Negri, giornalista, membro dell’Ispi ed esperto di Medio Oriente e di mondo arabo-musulmano.

«Esiste a mio avviso una curiosa coincidenza – ha detto Alberto Negri a Linkiesta – in quanto la conclusione delle analisi degli spettri francesi è stata pubblicata all’indomani del viaggio di Hollande in Israele e nei Territori. La questione di Arafat è una delle questioni che i francesi hanno messo al centro della loro politica mediorientale. Hollande ha marcato particolarmente la sua visita in Israele e nei Territori, è andato persino in compagnia di Mahmoud Abbas in pellegrinaggio sulla tomba di Arafat. Da lì forse nasce il fatto che c’è stato, da parte delle autorità francesi, un incoraggiamento affinché venisse esaminato il corpo di Arafat e si chiudesse in qualche modo questa vicenda del presunto avvelenamento dell’ex leader dell’Olp.

A me sembra abbastanza evidente che esista una coincidenza tra il viaggio di Hollande in Israele (dal 17 al 20 Novembre ndr) e la successiva pubblicazione delle analisi degli spettri di Arafat. La presenza della Francia in Medio Oriente s’inserisce tra l’altro in quella più ampia dell’Unione Europea che non dimentichiamo è uno dei maggiori donatori internazionali nei confronti dell’Autorità Palestinese. I francesi da questo punto di vista hanno un ruolo importante nelle questioni mediorientali. Lo si è visto nell’attivismo in Libia ed anche nella disponibilità francese ad intervenire nel caso ci fosse stata un’operazione militare da parte degli americani in Siria. Poi c’è anche un’altra questione, da non sottovalutare. Se si fosse appurato che Arafat fosse stato realmente avvelenato e che durante il ricovero nell’ospedale militare francese questo non fosse stato rilevato da parte dei medici francesi, questo certo avrebbe costituito una grave mancanza da parte del governo francese e non avrebbe giovato per nulla all’immagine del Paese. Tra l’altro in un eventuale avvelenamento sarebbe da appurare anche se ciò fosse avvenuto durante il soggiorno clinico nell’ospedale militare francese. Diciamo che alla fine il verdetto finale del rapporto degli specialisti francesi non solo ha tolto una patata bollente alla Francia ma anche assolto indirettamente Israele, più volte accusata di essere coinvolta nel presunto avvelenamento dell’ex leader palestinese. In un’ottica meramente filo-israeliana la Francia s’è rivelata utile».

Lei personalmente crede alla tesi dell’assassinio di Arafat?
Non so se Arafat sia stato assassinato o meno, non dipende certo da noi accertare la verità ma dico che fomentare la tesi dell’assassinio non credo giovi al popolo palestinese. È giusto avere la necessità e la volontà di sapere come è morto veramente Arafat, come ha trascorso gli ultimi mesi della sua vita, se veramente c’è un assassinio dietro la sua fine. Ma, arrivati a questo punto, credo si debba stendere un velo pietoso su questa povera salma bistrattata. I problemi del popolo palestinese certamente non stanno nella tomba di Arafat, stanno in superficie. Nella realtà, nella quotidianità di tutti i giorni dove, al di là di tutti i tentativi da parte di Terry di convincere Netanyahou e i Palestinesi a sedere a un tavolo di pace per trovare una soluzione che comprenda due stati, poi c’è una realtà molto cruda, sanguinosa. Leggevo ultimamente ciò che scriveva la scrittrice palestinese Suad Amiry: «Ai danni del popolo palestinese è stata fatta la più grande rapina immobiliare dell’epoca moderna. Ottocentocinquantamila sfrattati per far posto agli israeliani». Al di là dunque della mera questione riguardante il presunto assassinio di Arafat, i problemi dei Palestinesi sono tutt’altri.

Chi poteva trarre benefici, anche politici, dal fomentare la tesi dell’assassinio?
L’Autorità Palestinese, così debole, così inefficace, forse avrebbe potuto trovare giovamento dall’accusare gli israeliani di aver condotto alla fine “Mister Palestina”. Ma credo che neanche questo possa davvero diventare uno strumento di lotta politica. Sicuramente i magazine, i rotocalchi e certa stampa ci ha sguazzato e ci sguazza molto. Amio parere l’entourage di Arafat e soprattutto la moglie si sono accaniti eccessivamente su questa questione della morte del leader, ma lo hanno fatto per scopi meramente politici. Del resto, soprattutto negli ultimi anni, Arafat era sempre più invisibile e le trattative non le svolgeva lui ma il suo entourage. Ripeto credo che l’utilizzo della salma di Arafat a fini politici, da parte soprattutto dell’entourage della famiglia del leader ma anche da coloro che hanno interessi a puntare il dito contro Israele serva a poco anzi danneggi il popolo palestinese. Oggi la situazione dei palestinesi è sempre più delicata. Ad esempio, l’accordo di Ginevra con l’Iran ha avuto una prima immediata vittima: i Palestinesi. Non sono passate neanche 24 ore dalla firma dell’intesa che Netanyahou ha dato il via libera a un centinaio di insediamenti. Questo dà la misura di quanto i palestinesi siano oramai divenuti il campo di battaglia in cui si esercitano anche fisicamente le pressioni di tutto il Medio Oriente. Una volta ne erano i protagonisti, oggi sembrano quasi rassegnati al loro destino.

Il giornalista israeliano Avi Isacharoff

C’è un altro protagonista in questa faccenda del presunto avvelenamento di Arafat ed è il giornalista israeliano Avi Isacharoff. Specialista del mondo arabo e di questioni palestinesi per la radio Kol Israël, è anche editorialista per il quotidiano Haaretz. Nel 2005 Isacharoff aveva pubblicato prima in Israele, poi in Francia, il libro La Settima Guerra d’Israele, un libro scritto a quattro mani con Amos Harel, ex reporter di Galé-Tsahal (radio militare israeliana) e specialista delle questioni militari per Haaretz. Nel libro i due giornalisti, dopo essere riusciti a mettere le mani su documenti segreti dell’ospedale militare francese, avevano per primi paventato un possibile avvelenamento dell’ex leader dell’Olp. In effetti, scorrendo i documenti messi a disposizione dai due giornalisti, si legge nel referto che nonostante un gran numero di esperti e i diversi risultati degli esami realizzati «non è possibile delineare un quadro nosologico che spieghi l’associazione delle sindromi presentate da Yasser Arafat». Ora, la conclusione degli esperti francesi sembra mettere il punto definitivo alla questione, anche se tutt’ora, dopo la pubblicazione di questo rapporto, Avi Isacharoff continua ad essere poco convinto.

«Purtroppo, oggi come oggi, non ci sono più prove evidenti che Arafat sia stato avvelenato», afferma Avi Issacharof a Linkiesta. «Io però dico una cosa molto semplice. Non mi spiego come le conclusioni degli esperti francesi siano così opposte a quella degli esperti svizzeri. Forse, ma dico forse, la conclusione dell’équipe di scienziati francesi è stata fatta non prendendo in considerazione elementi emersi invece nei referti dei medici che hanno seguito Arafat fino alla morte? Questa è un’ipotesi. So soltanto il fatto che fino ad oggi nessuno è in grado di dire cosa ha provocato la morte di Yasser Arafat, qual è stata la causa specifica della sua morte. Il mio sentimento dunque è che c’è qualcosa di strano attorno a questo balletto di referti. Se gli scienziati svizzeri hanno ravvisato presenza di polonio nel corpo di Arafat, come fanno i francesi a negare drasticamente questo dato? Tra l’altro c’è un elemento da tener conto. È vero che Israele da tempo considerava Arafat come un ostacolo per la pace. Ma all’epoca della sua morte, tra l’ottobre e il novembre del 2004, Arafat era completamente isolato, anche la comunità internazionale gli aveva voltato le spalle supportando le decisioni del governo israeliano. Che ragioni aveva dunque il governo israeliano per assassinare un leader oramai debole sulla via del tramonto? Per assassinare il leader storico dell’Olp occorre una ragione precisa, un motivo. E, a mio avviso, a quell’epoca, il governo israeliano non ne aveva alcun motivo. Forse qualcun altro ne aveva i motivi ? Purtroppo non ho prove che qualcuno abbia voluto uccidere Yasser Arafat ma resta comunque il fatto che nessuno ad oggi è stato in grado di dire quale sia stata la causa che ha portato al suo decesso.

Il dubbio dunque resta? Prima che un ulteriore verdetto metta la parola fine a questa questione, la nebbia attorno alla fine dell’ex leader dell’Olp non può che avvantaggiare i complottisti dell’ultima ora. E, parallelamente, contribuire a scatenare i loro acerrimi detrattori.