Alla fine dei conti rimane una questione di soldi, oltre ovviamente che di geopolitica. In questi giorni fibrillanti le cifre che sono girate tra Kiev, Mosca e Bruxelles dimostrano ancora una volta come il caso di Yulia Tymoshenko e il duello sulla sua liberazione non siano stati altro che uno specchietto per le allodole. E che il presidente Victor Yanukovich, nel bel mezzo della situazione incandescente a Kiev, se ne sia partito per una visita di tre giorni in Cina all’insegna della cooperazione economica, la dice tutta sulle priorità della Bankova.
In questo momento per il capo di Stato è indispensabile cercare di tappare in ogni modo i buchi nelle casse statali, visto che il peggioramento della situazione economica si rifletterebbe in maniera ancor più gravosa sia sugli ucraini che sulla sua posizione in vista delle presidenziali del 2015. Senza soldi freschi, da ridistribuire all’interno del sistema oligarchico, la sua rielezione diventerebbe problematica.
Le manifestazioni di questi giorni sono legate sì alla decisione di Yanukovich di abbandonare il corso europeo, ma il malumore generalizzato dovuto allo stato di crisi permanente in cui il Paese si trova ha contribuito a far esplodere la protesta. L’economia non si è ancora ripresa dal tonfo del 2009, quando il Pil è caduto del 15%. Il 2013 è stato sostanzialmente un anno di stagnazione e per il prossimo la crescita prevista è minima.
Le trattative per un piano di aiuti del Fondo Monetario Internazionale da 15 miliardi di dollari sono congelate per diverse ragioni. Da un lato il governo ucraino si è sempre rifiutato di adottare alcune misure richieste dal Fondo, in primo luogo quella di aumentare i prezzi del gas domestico con lo scopo di accrescere le entrate statali, che avrebbe però pesato sulle fasce più deboli della popolazione. Dall’altro il Fmi ha sempre avuto il dubbio che parte del prestito potesse finire in realtà in canali oscuri (il nuovo report di Transparency International pubblicato ieri indica l’Ucraina come il paese più corrotto in Europa) e soprattutto servire per pagare gli enormi debiti del colosso energetico ucraino Naftogaz nei confronti di quello russo Gazprom (secondo Mosca ci sarebbe ancora una bolletta non pagata dallo scorso anno di circa 7 miliardi di dollari).
Se fosse stato firmato l’Accordo di Vilnius, Bruxelles e Washington avrebbero più o meno generosamente allargato le tasche (non certo fino ai 160 miliardi di dollari sparati dal presidente ucraino alla vigilia del vertice, necessari a suo parere per modernizzare il Paese e portarlo nel corso di qualche anno agli standard occidentali), ma di fronte allo stop sull’asse euroatlantico, Yanukovich ha optato comunque per l’opzione orientale tra Russia e Cina.
Mosca chiuderà quindi un occhio sui conti non ancora regolati e probabilmente le due ex repubbliche sovietiche rivedranno i prezzi del gas. Attualmente Kiev paga oltre 400 dollari per 1000 metri cubi: se entrasse nell’Unione euroasiatica patrocinata dal Cremlino i costi d’importazione potrebbero essere dimezzati.
La variante cinese è in realtà un tentativo non solo di supplire ai mancati accordi con l’Europa, ma anche di smarcarsi dall’assoluta dipendenza dalla Russia. È ormai un paio d’anni che Kiev e Pechino hanno iniziato un avvicinamento strategico Avviati ai tempi di Leondi Kuchma e Jang Zemin, i rapporti hanno visto un’accelerazione proprio con l’arrivo di Yanukovich alla Bankova; il supporto ucraino su questioni fondamentali per la Cina come Tibet e Taiwan si è tramutato così in un deciso interesse cinese per gli investimenti in Ucraina, in ogni campo. Solo quest’anno sono stati sottoscritti accordi per oltre 10 miliardi di dollari, altrettanti sono stati nel 2012, e per il 2014 e successivi Yanukovich spera di fare il pieno in questi giorni a Pechino.
Un ruolo fondamentale nella partnership in crescendo lo hanno le tecnologie militari: tra il 2002 e il 2009 Kiev ha fornito armamenti per 1,9 miliardi di dollari, e altri 1,3 miliardi sono già calcolati per il prossimo biennio, con l’Ucraina che potrebbe sorpassare la Russia come fornitore privilegiato di Pechino. Ecco spiegato perché per Yanukovich l’incontro con il presidente cinese Xi Jinping è più importante di quello che succede in casa propria, dove comunque è atteso il fine settimana per il confronto diretto con gli arrabbiati leader dell’opposizione che a Kiev continuano a guidare l’assedio ai palazzi del potere.