Non solo farmaci. In un futuro forse non troppo lontano chi soffre di insufficienza cardiaca potrebbe arrestare la progressione della malattia e, sembra, addirittura farla regredire grazie a un idrogel. Un biopolimero, derivato dalle alghe, che iniettato nel muscolo cardiaco è capace di formare una sorta di impalcatura elastica, in grado di aiutare il cuore a compiere il suo lavoro.
Nelle persone affette da insufficienza cardiaca il cuore è più grosso rispetto al normale e fatica a funzionare: si contrae poco e pompa poco sangue. Il sangue non circola bene e per cercare di compensare il cuore si sforza e lavora di più. La conseguenza è che il ventricolo sinistro – la camera che raccoglie e spinge fuori il sangue – lavora sotto stress, si allarga e le sue pareti diventano sempre più sottili e meno elastiche peggiorando ulteriormente la situazione. A soffrirne sono soprattutto le persone sopra i 65 anni, che vengono trattate con farmaci e a cui viene consigliato una modifica degli stili di vita per ridurre i sintomi. Al momento però non esiste una cura per questa patologia e l’unica soluzione nella fase terminale, quando neanche i farmaci riescono a contenere i sintomi, è il trapianto di cuore.
Va de sé che se davvero questo materiale dimostrasse l’efficacia accennata finora, potrebbe migliorare la qualità della vita di queste persone, riducendo o eliminando del tutto l’assunzione di farmaci e ritardare la necessità di un trapianto cardiaco o l’uso di dispositivi che supportino la circolazione (assistenza meccanica cardiaca). Al momento è in corso uno studio clinico randomizzato, Augment-Hf, condotto in 15 diversi centri in Europa tra cui alcuni in Italia, come l’Irccs San Raffaele Pisana di Roma. L’analisi ad interim (su dati preliminari e non finali dello studio) pianificata dall’inizio e condotta su un gruppo di 14 pazienti trattati con Algisyl (questo il nome commerciale del biopolimero, brevettato da una ditta californiana, la LoneStar Heart) e un gruppo controllo di 15 pazienti trattati con terapia convenzionale, ha ulteriormente confermato la sicurezza dell’idrogel e mostrato i primi dati di efficacia, seppur molto preliminari e su un campione limitato.
Algisyl – classificato come dispositivo medico dalla Food and drug administration (Fda), l’ente regolatorio del farmaco e alimenti statunitense – è stato iniettato in alcune aree strategiche della parete del ventricolo sinistro dei pazienti arruolati nello studio, attraverso una procedura chirurgica della durata di 75 minuti. Una volta all’interno del muscolo il biopolimero si addensa formando dei corpi in gel in grado di sostenere il tessuto e ridurre la tensione della parete cardiaca migliorandone l’attività. L’idrogel, testato per la prima volta sugli esseri umani nel 2009 ha superato diversi test di sicurezza, dimostrando di non essere biologicamente attivo e non causare rigetto.
Lo studio clinico Augment-Hf è tuttora in corso e l’arruolamento dei pazienti dovrebbe concludersi nei primi mesi del 2014 per poi fornire i risultati definitivi alla fine dello stesso anno. Per valutare l’efficacia del trattamento i clinici hanno preso in considerazione due parametri usati per valutare la progressione della malattia: il test del cammino dei 6 minuti (6-MWT) e il questionario completo di Cardiomiopatia di Kansas City utilizzato per valutare la qualità di vita dei pazienti. Entrambi questi parametri hanno mostrato risultati positivi anche se, come ha affermato lo stesso Douglas Mann, primario di cardiologia al Barnes Jewish Hospital di Saint Louis, e membro del comitato scientifico della LoneStar Heart «le conclusioni sono provvisorie in virtù del limitato numero dei pazienti e del breve periodo in cui sono stati osservati (follow-up)».
Per quanto riguarda la sopravvivenza, e se questa possa aumentare grazie all’impianto con Algisyl, Mann ha spiegato a Linkiesta che «la dimensione del campione per questo studio è troppo piccola per valutare attendibilmente qualche beneficio sulla mortalità. Tuttavia, il test del cammino dei sei minuti è considerato un surrogato in grado di predire gli eventi cardiaci e la mortalità dovuta a insufficienza cardiaca. Miglioramenti significativi di questo test suggeriscono che vi possa essere la possibilità di un beneficio anche sulla sopravvivenza. Per esempio, diversi studi hanno dimostrato come una distanza inferiore ai 300 metri nel test 6-MWT sia prognostico della successiva mortalità e ricovero ospedaliero. Per Algisyl lo stesso test a tre mesi ha dato risultati postivi (poco maggiori di 300 metri) ma questo risultato deve essere validato con ulteriori studi».
Proprio per questo motivo, sia negli Stati Uniti sia in l’Europa, sono in programma altri trials clinici per testare il dispositivo medico nel 2014. Per ora quello che si sa con una buona certezza è che il polimero è sicuro, e che potrebbe far risparmiare il Servizio sanitario nazionale (Ssn). Secondo Mann infatti, «diversi endpoint dello studio Augment-Hf, sono predittivi di eventi cardiaci e ospedalizzazione. La riduzione del numero di questi eventi cardiaci e i conseguenti ricoveri ridurrebbero non di poco le spese del Ssn. Inoltre, in Europa a breve partiranno degli studi clinici progettati proprio per misurare i benefici economici del trattamento come la riduzione dell’accesso al Ssn associato all’insufficienza cardiaca».