Auguri Ali «Vola come una farfalla, pungi come un’ape»

Auguri Ali «Vola come una farfalla, pungi come un’ape»

Il più grande: il gigante, il numero uno. Un eroe, un profeta, un rivoluzionario. Il re del ring, anche se come ha detto George Foreman, il suo antico rivale questa settimana, «giocava a boxe solo per arrivare a fine mese». Perché la grandezza di Mohammed Alì, che oggi compie 70 anni, è sempre stata fuori dalla boxe. È lì che la gente ha imparato ad amarlo, e tuttora è uno degli sportivi più amati e controversi.

Diventa campione del mondo nel 1964, quando sconfigge Sonny Liston (e nel 1965, lo batte di nuovo, con il celebre “pugno fantasma”. Il pugno è da poca distanza, e non sembra pesante. Ma Liston crolla al tappeto, lasciando di stucco il pubblico).
 

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Poi, si dichiara seguace di Malcolm X, riceve il nome di Mohammed Alì e predica la superiorità della razza nera in università e college, attirando su di sé gli sguardi straniti e ostili dell’America. E, ne 1966, rifiuta di arruolarsi per il Vietnam: «Perché devo sparare a un Vietcong, quando nessun Vietcong mi ha mai chiamato negro?», perdendo la licenza di boxeur (che poi gli verrà restituita nel 1970), ma guadagnando il sostegno di tutti i movimenti contro la guerra.

I match più importanti del secolo, ça va sans dire, sono i suoi. Contro Ernie Terrell, nel 1967, giudicato il “più brutto”, per la crudeltà esibita contro l’avversario (che continuava a chiamarlo Clay, che in inglese significa “fango”), o contro Joe Frazier, nel 1971, chiamato appunto “Il Match del Secolo”, al Madison Square Garden. E poi “The Rumble in the Jungle” disputato allo stadio Tata Raphaël a Kinshasa, allora capitale dello Zaire, nel 1974, in cui sconfigge George Foreman con una tecnica azzardata. Incassa per tutto il match, aggrappandosi alle corde. E all’ottavo, quando l’avversario è stremato, lo stramazza al tappeto con quattro colpi. Entra nella leggenda. Ci resta anche nel 1975, quando con il match “The Thrilla in Manila” si scontra ancora contro Frazier, e anche se con qualche difficoltà in più, vince ancora.

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Ormai è un gigante: una celebrità che, nella vita, ha incontrato anche altre celebrità. Come i Beatles o i Jackson Five. Ed è diventato anche un fumetto, che salva la Terra scontrandosi in un match con Superman (ma i nemici erano gli alieni).

La boxe di un’intera epoca è sua, quando nel 1984, dopo il suo ritiro, si scopre che è ha il morbo di Parkinson, la notizia colpisce e commuove tutto il mondo. Ma Alì non molla: e nel 1996 toccherà a lui accendere il fuoco olimpico ad Atlanta. Ora ha settant’anni, ma come dice lui: «L’età? Ognuno ha gli anni che pensa di avere».

«Ho odiato ogni singolo minuto di allenamento, ma mi dicevo: “Non mollare. Soffri ora e vivi il resto della tua vita da campione”»

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