Welfare e rigore di bilancio non sono incompatibili, anzi. Nei comuni italiani con i conti maggiormente in ordine c’è una maggiore propensione al sociale, tuttavia i comuni con un rating finanziario basso e una scarsa attenzione al welfare sono di più di quelli virtuosi. A rivelarlo, una ricerca dal titolo “Il welfare nei conti degli enti locali”, condotta dal Dipartimento politiche sociali e della salute della Cisl, in partnership con il Bureau van Dijk, azienda specializzata nelle analisi dei bilanci, e la collaborazione di Emanuele Padovani del dipartimento di Scienze aziendali dell’Università di Bologna.
Se si può discutere la direzione del rapporto di causa effetto (più rigore, allora più welfare o il contrario), una cosa invece è certa: “Non solo non c’è incompatibilità fra i due elementi che spesso, nella vulgata politica e popolare, sono messi in contrapposizione. Anzi, il rigore di bilancio sembra un elemento compresente nelle situazioni virtuose dal punto di vista di attenzione al welfare”.
Dall’analisi del rating finanziario dei comuni italiani calcolati in base ai dati ufficiali depositati presso il ministero dell’Interno e confrontato con l’indice di “propensione al sociale” elaborato dal dossier emergono dati interessanti: un primo sguardo complessivo sulla totalità dei comuni mostra come tra quelli che godono di buona salute finanziaria (sono il 35 per cento) sono più numerosi i comuni che hanno un’alta propensione al sociale (993) contro quelli in cui vi è una media (747) o una bassa propensione al sociale (862). Così anche per i comuni che hanno una salute finanziaria media (sono il 30 per cento). Anche in questo caso sono più numerosi quelli con alta propensione al sociale (880 contro i 647 con media e 641 con bassa propensione al sociale). Al contrario, tra i comuni che hanno una scarsa salute finanziaria sono più numerosi quelli in cui vi è una bassa propensione al sociale.