Credit crunch, la via d’uscita è la finanza di filiera

Italia sempre in ritardo

L’anno 2014 è iniziato con segnali ancora poco promettenti sul fronte della disponibilità finanziaria per il popolo delle piccole imprese: i dati sull’erogazione del credito di fine 2013 segnalano addirittura un’accelerazione nel calo già sperimentato per i passati 18 mesi, il Centro Studi di Confindustria ha previsto un ulteriore calo di 8 miliardi nel 2014 (chi scrive pensa che sarà di almeno 20) e il commissario europeo Tajani ha denunciato apertamente il mancato rispetto della direttiva sui tempi di pagamento approvata dal Parlamento un anno fa. In pratica non è cambiato nulla, anzi il prolungato calo di domanda interna e l’aggravarsi della crisi di industrie capi filiera (vedi ad esempio quanto sta accadendo ai fornitori di Cesare Paciotti) provoca il progressivo deterioramento delle condizioni di liquidità di moltissimi subfornitori e in genere delle piccole imprese.

Trascurando per questa volta tra i rimedi l’auspicata esplosione del mercato obbligazionario di piccolo taglio (dopo un anno dal varo del decreto Sviluppo sono solo circa 80 milioni di euro le emissioni quotate da imprese medio-piccole) cosa resta sul tavolo per migliorare la situazione di liquidità e finanza? Da parecchi mesi su queste pagine ho espresso convinzione e sollecitazione a gestire meglio i rapporti con clienti e fornitori. Non a caso le esperienze dei mercati sviluppati, in particolare Usa e Uk, dove gli effetti del deleveraging bancario e della stretta creditizia si sono trasmessi in misura altrettanto rilevante alle Pmi, dicono che una delle principali valvole di sfogo sia arrivata da approcci innovativi e collaborativi lungo le filiere di fornitori-clienti, aggirando l’ostacolo delle banche o utilizzandole per le piattaforme dedicate al finanziamento della supply chain. In Italia, purtroppo, il tema non è sconosciuto ma si è fatto veramente poco nonostante l’estremo bisogno vista la premessa fatta.

Che l’ambito del finanziamento innovativo della filiera non sia del tutto sconosciuto è testimoniato dall’esistenza di un osservatorio del Politecnico di Milano che in più occasioni ha fornito spunti molto interessanti di riflessione e di indirizzo. In questo post che ritorna sull’argomento “Supply Chain Finance” prendo a prestito alcune tavole presentate più di un anno fa dal professor Alessandro Perego, per agevolare anche chi conosce poco della materia a capire di cosa si parla, quale direzione prendere e perché l’Italia sia ancora una volta un mercato arretrato nel panorama dei Paesi industrializzati. Nella prima tavola un facile e sintetico confronto tra finanza aziendale e finanza della filiera.

Nella terza un indizio di come il valore di queste soluzioni ruoti spesso (ma non sempre) attorno all’iniziativa di una grande impresa capo filiera che non solo ottimizza la sua posizione tra fornitori e clienti, ma facilita la continuità dei propri fornitori anche da un punto di vista finanziario, avendo le possibilità e i muscoli finanziari per farlo.

Come detto in Italia di tutto questo c’è abbastanza poco. Se si escludono un certo numero di accordi di reverse factoring efficaci ma non particolarmente innovativi, il nostro Paese si segnala più per l’assenza di piattaforme alternative che disaccoppiano il problema logistico-commerciale da quello finanziario per fornire soluzioni finanziarie. Se, come dice il prof. Perego, la supply chain finance è «un approccio che mira all’incremento dell’efficacia degli scambi finanziari inter-aziendali – riducendo lo sbilanciamento tra domanda ed offerta di capitale – attraverso l’implementazione di soluzioni innovative che sfruttano una conoscenza approfondita di dinamiche e relazioni della supply chain» per l’Italia questa è ancora una frontiera inesplorata.

Ci sono avamposti tecnologici che potrebbero essere sfruttati meglio (ad esempio le soluzioni che il Cbi di Abi sta da anni mettendo a punto per la digitalizzazione e integrazione dei processi di pagamento), ci sono piattaforme non sfruttate, ma complessivamente ancora troppo poco coraggio nell’esatto momento in cui ne servirebbe una grande quantità per supplire alle forti limitazioni del sistema creditizio bancario.
E anche dal punto di osservazione degli investitori il loro ruolo nelle soluzioni di SCF potrebbe rivelarsi piuttosto interessante sulla parte breve della curva dei tassi che offre rendimenti assai ridotti, oggi e per parecchi mesi a venire.

*tratto da Linkerblog, pubblicato il 15 gennaio 2014

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