Il 2013 è l’anno in cui un mondo (ingenuo?) ha scoperto le operazioni di spionaggio perpetrate da Usa e Regno Unito su cittadini e governi. Interessante – alla luce degli sviluppi giornalistici connessi alla vicenda – che siano stati due big del giornalismo tradizionale a rivelare lo scandalo.
Tutto ha inizio il 6 giugno, quando il Guardian pubblica gli ordini segreti che l’americana Foreign Intelligence Surveillance Court impartiva alla Verizon Communication affinché fornisse una raccolta di “metadati” per tutte le telefonate riguardanti gli Stati Uniti. Il giorno seguente, lo scandalo ha un nome: Washington Post e Guardian rivelano l’esistenza di PRISM, un sistema elettronico clandestino di sorveglianza che permette alla NSA (l’agenzia di intelligence americana) di accedere a ogni tipo di traffico sul web in tempo reale. La gara a colpi di scoop tra le due testate è serrata. L’11 giugno è la volta di Boundless Informant: ancora il Guardian svela il sistema che dettaglia e mappa per nazione tutti i dati raccolti da computer e telefonate. Certa spalla europea alla NSA è l’agenzia di intelligence britannica GCHQ. Il resto della storia è noto e si arricchisce di particolari ogni giorno: leader di tutto il mondo spiati, nazioni collaboratrici e nazioni – la sempre “buona” Italia – che si defilano da ogni responsabilità.
Su tutto e tutti, due nomi. Glenn Greenwald, l’uomo che ha dato voce allo scandalo, pubblicando sul Guardian le rivelazioni del “pentito di PRISM” e – appunto – Edward Snowden. Partiamo dalla “talpa”: eroe o traditore? C’è chi dice “entrambi”. L’ex analista dell’intelligence statunitense, fuggito con decine di migliaia di documenti classificati e ora rifugiato in Russia (altro elemento di un Anno Incredibile in termini di diplomazie e new cold war) per i suoi sostenitori è un “whistleblower”, chi sfida il potere per svelare illegalità. Per la giustizia americana è un ladro. Lui – a scanso di equivoci – si autodefinisce un vincitore: “Missione compiuta”, rivela al Washington Post dalla Russia la vigilia di Natale. E ora Greenwald: giornalista dell’anno o attivista in veste di giornalista? Il suo lavoro è stato premiato al 2013 Online Journalism Awards e ha contribuito ad inserito tra i cento «Global thinkers» più in vista del 2013 secondo Foreign Policy Magazine. Ma Greenwald è anche nel mirino di chi difende un giornalismo tradizionale: difficile prendere posizione leggendo il carteggio tra Greenwald e Bill Keller. Lui intanto ha abbandonato il Guardian e sta fondando First Look Media, la nuova creatura (a metà) no-profit che “salverà il giornalismo indipendente dalle grinfie di governi e potere”. Nel 2014 – forse – scopriremo chi ha avuto avuto ragione.