I Sonic Youth dopo i Sonic Youth

Meno giovani, ma per sempre sonici

Sabato 15 ottobre 2011. È la data in cui centinaia di migliaia di musicomani in tutto il mondo, cresciuti a pane e rock alternativo, hanno sentito spezzarsi qualcosa dentro e si sono ritrovati senza più il sogno, fino a quel momento reale, che una vita di fatta di opposti – rock e famiglia, rumore e tranquillità, grida e sussurri – potesse essere davvero possibile. Sabato 15 ottobre 2011, per una generazione inguaribilmente confusa è stato il momento in cui è andata persa l’unica, incrollabile, certezza della loro vita: Thurston Moore e Kim Gordon si erano separati.

Lo diceva un comunicato scarno sul sito della Matador, etichetta dei Sonic Youth: i due, voce e chitarra lui, voce e basso lei, si lasciano dopo ventisette anni di matrimonio. E trenta di band, sempre insieme. Tre lustri durante i quali chi era cascato nella dolce dipendenza dalla musica indipendente aveva tarato la bussola della propria esistenza su quattro punti cardinali precisi: 1) una band alternative non è tale senza una donna che suona il basso 2) se non fai fischiare almeno un po’ la chitarra quello non è rock 3) due persone possono vivere per sempre insieme e felici in mezzo alle più assurde follie della vita 4) i Sonic Youth sono immortali.

Il comunicato della Matador diceva che il resto del tour sudamericano già programmato si sarebbe svolto comunque, ma taceva sul futuro. A far male non era tanto la possibilità che non ci sarebbero stati più dischi o concerti, ma dato che parallelamente al gruppo madre ognuno dei quattro da sempre portava avanti altri progetti musicali secondari, di ritorno dalle ultime date era più che probabile che ci sarebbe stato un liberi tutti.

E così fu. Se dal quartier generale nessuna conferma di scioglimento ufficiale è mai arrivata e, anzi, gli ultimi due anni sono scivolati via dolci-amari tra ristampe celebrative, dischi live con materiale inedito e pubblicazione di demo, i quattro sonici ormai di mezza età si sono però completamente buttati in nuovi progetti musicali.

Body/Head 
La collaborazione tra Kim Gordon e il chitarrista Bill Nace è cominciata come un progettino casalingo nel 2011. Due chitarre, tanto bordello e un approccio e artistoide. Dopo lo stop con i Sonic Youth, i due hanno iniziato a presentarsi dal vivo mettendo a dura prova chi li andava a vedere con lunghe session free-noise prevalentemente strumentali; per poi trovare una naturale evoluzione, prima con un EP omonimo e quindi a fine estate 2013 con il disco Coming Apart, in cui la voce di Kim Gordon trova uno spazio più definito tra chilate di feedback e droni e le tracce somigliano di più a qualcosa che può essere definito canzone. Non saranno una passeggiata per le orecchie dei più, ma i Body/Head sono una chiara dichiarazione di intenti: una cavalcata sperimentale che dimostra come l’attitudine arty e la voglia di ricerca della regina dei feedback non siano affatto sopite, neanche a 60 anni suonati.

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Chelsea Light Moving
Il post Sonic Youth di Thurston Moore è cominciato con il tour del suo disco solista, Demolished Thougths. Un disco acustico in cui il nostro ha dimostrato che anche in quell’inedita versione, se vuole, può dare la paga a tutti. Ma appena chiuso il tour, ecco l’annuncio: Thurston Moore ha formato una nuova band con un manipolo di fedelissimi (la polistrumentista Samara Lubelski, il chitarrista Keith Wood e il batterista John Moloney). Un’incarnazione in cui la chitarra di Moore non è così lontana alle architetture sonore cui ci ha abituato, ma in qualche modo – nelle canzoni del disco omonimo della primavera del 2013, nell’approccio personale sopra e sotto al palco e nel cazzeggio generale – viene fuori un Moore vero al 100%. Un ultra-cinquantenne che ha sempre il punk che gli scorre nelle vene, e non si vergogna per nulla a ciondolare il suo caschetto biondo, a pigiare forte sul distorsore e a scrivere e cantare pezzi come fossimo ancora negli anni ’90.

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Lee Ranaldo and the Dust
Ovvero, come passare da una manciata di canzoni acustiche registrate con l’iPhone a una nuova ragione sociale da band anni sessanta. L’idea di Ranaldo era fare un album solista semplice, ma una volta in studio assieme al fido Steve Shelley, batterista dei Sonic Youth, i pezzi si sono sviluppati fino a raggiungere il meglio nella forma classica chitarra-basso-batteria. Così è nato Between the Times and the Tides, uscito a inizio 2012 e portato in giro live da una band che oltre ai due Sonic Youth (interessante notare come Shelley fosse entrato nei Disappears nel 2011 per poi uscirne dopo un solo disco per concentrarsi sul lavoro con Ranaldo) conta Alan Licht alla chitarra e Tim Lüntzel al basso, band che con il 2013 è diventata stabile e ha licenziato un secondo disco, Last Night on Earth. Come già detto per la Gordon e Moore, il vero perno su cui ruota la musica di Lee Ranaldo and The Dust sono la genuinità e la personalità uniche dei pezzi. Canzoni più semplici e immediate rispetto a quelle della band madre, in cui spicca tutta la sensibilità autoriale di Ranaldo, con una leggerezza e una voglia di mettersi alla prova, sempre, che deve avere più a che fare con la sua indole e che con la data di nascita scritta sulla carta d’identità.

Questa accelerazione nelle scelte e nelle vite musicali dei quattro, all’inizio, è stata emotivamente spiazzante per chi era abituato a pensarli come un unico ensemble senza un vero leader. Perché questo sono stati da sempre i Sonic Youth. Ma come ci si deve comportare nel momento della separazione? Ci si schiera? Uno dei progetti prevarrà a discapito degli altri e finirà col fare breccia nei nostri cuori sonici? Finiremo per dividerci in fazioni di ascoltatori e ci combatteremo come mariti e mogli in una causa di divorzio? Oppure odieremo tutti e appenderemo la musica la chiodo?

La risposta è venuta con il tempo. Dopo due anni di domande del genere, passati comunque a osservare e ad ascoltare i quattro impegnati nelle loro nuove incarnazioni, la certezza è che la lunga pausa di riflessione che si stanno prendendo i Sonic Youth è servita soprattutto a noi ascoltatori e fan. Abbiamo scoperto che avere un rapporto personale con ognuno di loro è possibile. Abbiamo ricevuto dischi migliori rispetto alle ultime prove della band madre e i progetti, invece di fungere da meri tappabuchi, hanno parecchie potenzialità ancora da esprimere. Ovvio, il passato non si cancella, ed è ingombrante, ma il presente è organismo vivo che batte di nuove pulsioni altrettanto soniche, e se nel futuro ci sarà un ritorno nei ranghi, avrà ragione Lee Ranaldo: «Se alla fine torneremo insieme» ha dichiarato in un’intervista a BBC Radio 5 Live «immagino che saremo pieni di nuove energie sotto vari aspetti, magari con la voglia di esplorare altre strade.»

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