Si sentono in salute, più degli italiani, ma quasi il 13% degli stranieri in Italia ha difficoltà a svolgere le pratiche amministrative in ospedale. E il 15% non capisce quello che il medico dice. A dirlo sono i dati Istat sulla salute degli stranieri in Italia e sul loro rapporto con il sistema sanitario nazionale, da cui emerge che è la comunità cinese quella che preferisce curarsi con metodi alternativi evitando di rivolgersi al pronto soccorso o alle farmacie.
La condizioni di salute. L’87,5% dei cittadini stranieri esprime una valutazione positiva del proprio stato di salute, contro l’83,5% degli italiani. Per tutte le classi di età si riscontrano percentuali di “buona salute” più elevate fra gli stranieri rispetto agli italiani e il divario aumenta passando dalle età più giovani a quelle più anziane. Nella classe degli over 54enni, il 59,9% degli stranieri ha dichiarato di stare bene o molto bene, contro il 42,4% degli italiani. Questo andamento, però, non deve portare a pensare che al crescere dell’età le condizioni di salute degli italiani peggiorino più di quanto avvenga per gli stranieri. Si tratta invece presumibilmente del risultato di un comportamento, spiegano da Istat, secondo cui gli immigrati malati o anziani tendono a tornare nel loro Paese di origine per farsi curare (“effetto salmone”).
La quota di chi dice di stare bene aumenta tra chi ha un titolo di studio più alto. La percentuale varia anche in base all’area di residenza, con uno svantaggio per gli stranieri che abitano al Sud (85%), rispetto a quelli residenti al Nord (88%) o al Centro (88,2%). Anche la condizione occupazionale presenta una relazione con lo stato di salute mentale e psicologica dei cittadini stranieri. Considerando la popolazione straniera in età lavorativa, la condizione di disoccupato si associa a punteggi inferiori alla media sia per l’indice di stato mentale (71,5 contro il 77,9) che per quello psicologico (51,5 contro il 53,9).
Tra gli stranieri è meno diffuso il vizio del fumo: 23,2%, inferiore al 25,8% degli italiani. A fumare sono soprattutto romeni (35%), tunisini (29%) e ucraini (24,9%). Per quanto riguarda la forma fisica, invece, più della metà degli stranieri maggiorenni ha un peso corporeo adeguato; quasi un terzo è sovrappeso, mentre l’obesità interessa solo il 7,8 per cento. Le quote sono simili a quelle della popolazione italiana. E allo stesso modo, per italiani e stranieri, il problema dell’obesità aumenta con l’aumentare dell’età.
Le patologie più diffuse tra gli stranieri sono quelle dell’apparato respiratorio che, nelle quattro settimane antecedenti l’intervista, hanno interessato 65,4 stranieri ogni mille. Seguono le malattie dell’apparato digerente e dei denti (20,2 per mille), quelle del sistema nervoso (19,8) – con maggiore prevalenza nelle donne (25,7 rispetto al 13 degli uomini) – e quelle del sistema osteomuscolare (15,5).
Le cure. I farmaci sono acquistati quasi esclusivamente nelle farmacie italiane (82,8%). Più inclini all’uso di farmaci provenienti solo dall’estero o comunque non disponibili nelle farmacie italiane sono i cinesi. Il ricorso a terapie di cura non convenzionali è poco diffuso. Negli ultimi tre anni appena il 3,1% degli stranieri si è rivolto alla medicina tradizionale cinese o indiana, all’agopuntura, all’omeopatia o ad altri rimedi di cura non convenzionale. Incidenze superiori si osservano per le sole comunità asiatiche e, in particolare, per quella cinese (17,7%).
Se si considera la copertura economica delle prestazioni sanitarie effettuate, per il 63,3% dei cittadini stranieri la visita medica è stata interamente gratuita, per il 26,1% è stato necessario pagare il ticket e per il restante 10,6% si è trattato di prestazioni totalmente a carico dell’individuo o della famiglia. Le visite mediche totalmente gratuite sono prevalentemente quelle effettuate da bambini e ragazzi sotto i 14 anni (78,6%). E sono inoltre più diffuse tra gli stranieri che vivono nel Mezzogiorno (66,7%) e nel Centro (65,1%). L’incidenza delle prestazioni con il pagamento del ticket è superiore alla media al Nord-Ovest (30,9%), mentre l’incidenza di quelle totalmente a pagamento è maggiore nel Mezzogiorno (12,3%). Al pronto soccorso si rivolgono di più tunisini e marocchini. All’ultimo posto, ancora una volta la comunità cinese.
Un’altra dimensione dei servizi sanitari sono i ricoveri ospedalieri (in strutture sia pubbliche che private), cui hanno fatto ricorso circa 29 cittadini stranieri su mille nei tre mesi precedenti l’intervista. È interessante notare che una quota pari al 954 su mille ha dichiarato di non averne avuto bisogno, mentre 5 su mille non si sono ricoverati perché impossibilitati a farlo, malgrado ne avessero avuto bisogno, con una incidenza doppia nel Mezzogiorno (10 su mille).
Le difficoltà linguistiche. Nell’accesso ai servizi sanitari il limite dettato dalle difficoltà linguistiche può costituire un vero e proprio ostacolo per la popolazione straniera. Tra gli stranieri di 14 anni e più, il 13,8% dichiara di avere difficoltà nello spiegare in italiano al medico i disturbi o i sintomi di cui soffre e il 14,9% riferisce di avere difficoltà a comprendere ciò che il medico dice. Il problema linguistico è più accentuato per le donne (il 15,6% ha difficoltà ad esprimersi e il 16,3% a comprendere) che per gli uomini (l’11,9% ha difficoltà ad esprimersi e il 13,4% a comprendere). Con l’eccezione della classe 35-44 anni, tende a coinvolgere una quota sempre maggiore di persone con il crescere dell’età, arrivando ad essere un elemento che rende impossibile la comunicazione per circa un quarto degli stranieri di 55 anni e oltre (25% sul piano dell’espressione e 26,4% su quello della comprensione).
Le difficoltà a esprimersi in italiano con i medici risultano decisamente più contenute per i cittadini che provengono dai Paesi dell’area Ue (5,1% di 14 anni e più), con scarsa variabilità tra le diverse collettività, mentre appaiono più accentuate per quanti provengono dai Paesi non comunitari (17,8%), primi fra tutti i cinesi, con il 43,3% di persone di 14 anni e più che dichiara di avere difficoltà nell’esporre in italiano le condizioni di salute. Seguono la comunità indiana (34,8%), quella filippina (28,7%) e quella marocchina (21,4%). Queste stesse comunità mostrano anche le difficoltà maggiori a comprendere quello che il medico dice. Le difficoltà si attenuano con il prolungarsi della permanenza in Italia, interessando il 18,5% degli stranieri arrivati tra il 2006 e il 2008 e il 12,1% di chi è in Italia da almeno sette anni. Ma anche a distanza di più di 10 anni circa dall’ingresso permane una quota pari al 10,7% di cittadini stranieri che incontra ancora difficoltà linguistiche al momento di interagire con il personale medico.
Le difficoltà burocratiche, gli orari e le discriminazioni. Il 12,9% degli stranieri (di 14 anni e più) indica di avere difficoltà nello svolgimento delle pratiche necessarie per accedere alle prestazioni mediche. Il problema riguarda di più la comunità cinese (20,1%), quella indiana (19,3%), quella marocchina (17,8%), quella filippina (15,1%) e quanti risiedono nel Mezzogiorno (19,4%).
Il 16% degli stranieri (di 15 anni e più), inoltre, indica di avere delle difficoltà ad effettuare visite o esami medici per incompatibilità con gli orari di lavoro. La possibilità di conciliare le visite o gli esami medici con gli impegni personali o familiari pone delle difficoltà all’8,6% degli stranieri (di 14 anni e più).
Riguardo agli atteggiamenti discriminatori che possono condizionare l’accesso alle cure, invece, il 2,7% dei cittadini stranieri di 15 anni e più ha dichiarato di aver subito discriminazioni, solo perché straniero o di origini straniere, quando ha usufruito di prestazioni sanitarie (visite mediche, controlli, ricoveri, ecc.).