La svolta di Hollande: tagli al welfare e giù le tasse

Ricetta social-liberista

«Se la Francia vuole continuare ad esercitare la sua influenza in Europa e nel mondo deve ritrovare innanzitutto la sua forza economica». È con queste prime parole, pronunciate davanti ad un esercito di circa 600 giornalisti che lo aspettavano al varco, che il presidente francese François Hollande ha dato il via alla conferenza stampa di rito d’inizio anno, la terza del suo mandato, in un clima tutt’altro che sereno dopo gli strascichi di un autunno caldo fatto di scioperi e blocchi ed il subbuglio mediatico di un gossip gonfiato ad hoc prima di un passaggio politico cruciale. Del resto la morsa delle rivendicazioni delle categorie non si allenta: lunedì scorso è stata la volta dei tassisti che a Parigi, Lione, Marsiglia, Montpellier e Bordeaux hanno bloccato le strade per protestare contro la concorrenza sleale e l’aumento dell’Iva sui trasporti. Economia dunque, ma anche lavoro, riforme, sociale, politica estera e un pò della sua vita privata che però Hollande liquida in una frase: «La vita privata va trattata in privato».

Svolta liberista: via i contributi delle imprese alle famiglie
Davanti alla stagnazione economica (la Francia non cresce da oltre un decennio) e alla crisi che minaccia le imprese occorre una svolta «per mettere in movimento la Francia». Lo ha fatto capire chiaramente Hollande: vuole imprimere una svolta alla sua politica economica nei prossimi tre anni ed è una svolta in senso liberista, perché a vantaggio soprattutto delle imprese, strozzate da una politica fiscale eccessivamente austera.Il nuovo obiettivo per il 2017 per le imprese (ma anche per i lavoratori indipendenti) è dunque fissato: la fine progressiva del versamento dei contributi per le famiglie. Un carico di circa 30 miliardi di euro, un «peso», liberatosi del quale, le imprese potranno finalmente riprendere il largo. «Ma non si tratta di un regalo alle imprese», s’affretta ad aggiungere Hollande, «occorre agire sull’offerta». Il timore è che il peso della misura finisca per ricadere sulle spalle dei nuclei familiari anche se Hollande ha assicurato che questo non avverrà. Bisognerà trovare i soldi altrove. Ma dove? Su questo punto Hollande sembra sibillino. Ci potrebbe essere un nuovo aumento della Tva (l’Iva) – che ha già scatenato scioperi selvaggi durante tutto l’autunno – oppure il governo francese potrebbe optare per una diminuzione della spesa pubblica. A questo proposito Hollande vuole creare un Consiglio strategico della spesa per valutare le spese pubbliche. Ciò permetterà di risparmiare, tra il 2015 ed il 2017, circa 53 miliardi di euro. Basterà per far ripartire il motore Francia?

Patto di responsabilità: esulta la Confindustria francese, sindacati perplessi
Nel patto di responsabilità che prenderà il via il 21 Gennaio prossimo, l’abbassamento del costo del lavoro con benefits e sgravi per le imprese costituisce solo il primo di quattro cantieri. Certo quest’ultimo ha fatto esultare la Confindustria francese (Medef) che ha espresso tutta la sua soddisfazione subito dopo l’annuncio: «Fine dei contributi per le famiglie entro il 2017…finalmente!», ha twittato Laurence Parisot, ex presidente della Medef. Gli altri cantieri del patto prevedono maggiore visibilità per le imprese, semplificazione e infine le cosiddette contropartite.

Le imprese cioè dovranno impegnarsi su una serie di fronti: numero delle assunzioni, remunerazioni e modernizzazione del dialogo sociale. Un compromesso sociale nel quale il capo dello stato francese vede confluire diversi attori: lo stato, le collettività locali e le parti sociali. Il tutto sotto la supervisione di un «osservatorio». Bastera? In realtà non ci sono misure coercitive nei confronti delle imprese in cambio di quest’abbassamento del costo del lavoro. È quello che lamentano i sindacati, Cgt e Cfdt in testa. che pur aderendo in linea di principio alla linea dettata dal presidente della Repubblica hanno affidato ad un comunicato le proprie perplessità. I sindacati chiedono infatti « una generalizzazione della condizionalità degli aiuti e degli esoneri alle imprese e l’attuazione d’obiettivi d’investimento economici e sociali». Ci saranno? Non è dato saperlo per ora anche se Hollande assume piglio conciliante. Ma per il numero uno di Force Ouvrière, Jean-Claude Mailly, le contropartite delle imprese sono più che aleatorie e la soppressione dei contributi delle imprese alle famiglie minaccia l’avvenire di tutta la previdenza sociale. Hollande però vuole andare dritto per la sua strada: lottare contro gli eccessi di una previdenza sociale tra le più costose d’Europa (16 miliardi di euro spesi nel 2013) e questo a patto di eliminare rimborsi faraonici o superflui (ad esempio i farmaci generici).

Disoccupazione : una battaglia non ancora vinta
«Creeremo 50.000 nuovi posti di lavoro entro la fine del 2014 », assicura Hollande. Si tratta dei cosiddetti «contrats d’avenir», pensati per combattere la disoccupazione giovanile, punta di diamante della politica dell’impiego della presidenza Hollande. Fino ad oggi pare abbiano funzionato. Secondo il ministero del lavoro oltre 60.000 contratti sono partiti nel 2013 e l’obiettivo di 100.000 fissato per il 2014 sembra alla portata. E la promessa di far diminuire la disoccupazione? «Da circa 6 mesi la disoccupazione giovanile è diminuita», fa notare il presidente, «c’è stata una stabilizzazione ma non abbiamo ancora vinto la battaglia per l’impiego». In effetti il tasso di disoccupazione del 10,9% resta alto rispetto a quello di Gran Bretagna (7,5%) o Germania (5,2%) ma nella media dell’eurozona (11%). Una magra consolazione, certo.

Politica estera: tra interventismo e diplomazia
La politica estera delineata da François Hollande è improntata sull’equilibrio tra interventismo lì dove ci sono interessi cruciali per la Francia e soft power soprattutto nel bacino d’influenza delle ex-colonie. È il caso della Repubblica Centrafricana dove la Francia schiera oggi 1600 soldati a fianco dei 4.000 soldati africani. Hollande non solo rivendica il fatto che la Francia sia stata spinta ad agire dietro pressione della comunità internazionale per evitare una catastrofe umanitaria ma rivendica orgoigliosamente il successo delle operazioni in Mali dove i jihadisti sono stati respinti e si è avuta una stabilizzazione della situazione politica  La Francia, ricorda Hollande, ha forze militari dispiegate su tutto il continente africano (Senegal, Costa d’Avorio, Ciad, Gabon), da ciò deriva la sua facilità ed efficacia d’intervento. Nota che se l’Onu avesse dato il suo avallo la Francia avrebbe potuto bombardare la Siria in qualunque momento, e fa capire che gli interessi geostrategici e industriali della Francia restano prioritari, giustificando il suo attivismo interventista. Da questo punto di vista tra la sua presidenza e quella di Sarkozy non c’è una grande differenza se non nel linguaggio.

Un’Europa sempre più franco-tedesca
«L’avvenire dell’Europa è l’avvenire della Francia». Hollande veste i panni del paladino dell’Europa, forse per smorzare l’euroscetticismo in aumento, un grimaldello usato soprattutto nelle ultime virulente campagne del Front National per acchiappare voti nelle pieghe della società francese. Del resto anche in Francia l’Europa non gode di ottima reputazione. Austerity, leggi e leggine, ai cittadini normali appaiono incomprensibili e la burocrazia europea spaventa più di un racconto di Kafka. Restando prudente ma possibilista sull’unione bancaria («potrebbe aiutarci a premunirci dalle crisi», dice) Hollande fa capire la sua idea di Europa: prioritariamente franco-tedesca. L’armonizzazione della politica fiscale deve partire da un asse franco-tedesco, così come la transizione energetica.Hollande parla di un’alleanza franco-tedesca addirittura per la difesa europea. Un’idea pericolosa perché estrometterebbe tutti gli altri paesi creando gerarchie difficilmente sostenibili.

Vita privata: una lezione per l’Italia e per gli Usa
Giornalisti che aspettavano al varco, media italiani pronti a raccogliere chissà quali verità scabrose. Niente di tutto questo. Hollande liquida la faccenda del presunto tradimento con la frase «questi sono affari privati che si trattano in privato, in un’intimità rispettosa di ciascuno». Nulla di più. Una lezione per l’Italia, appiattita da 20 anni di berlusconismo e videocrazia sessista ma anche per gli Usa, che per un tradimento processarono in mondovisione il proprio presidente in modo quasi grottesco. In fin dei conti per i francesi è importante ciò che fa il presidente per la disoccupazione, per il lavoro, per l’economia, per le minoranze, per i poveri. Non con chi va a letto.

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