Anno 2003: un gruppo di scienziati ucraini sta sperimentando una cura con cellule staminali mesenchimali. Lo studio viene pubblicato sul “Russian Journal of Developmental Biology” e all’interno del team di ricerca ci sono due nomi che alcuni anni dopo finiranno nell’inchiesta sulla Stamina Foundation del pm di Torino Raffaele Guariniello: sono Vyacheslav Klymenko, ed Elena Shchegelskaya, ricercatori dell’Università Karazin di Kharkov. La tesi di fondo del team ucraino è di aver osservato un risultato mai visto prima nel trattamento delle cellule mesenchimali, note per trasformarsi in cellule del tessuto osseo, della cartilagine e del tessuto adiposo, ma non in neuroni. E riuscire a trasformare le mesenchimali in neuroni permetterebbe di curare gravi malattie degenerative. Un campo, quello delle staminali mesenchimali, che ancora oggi è in fase di esplorazione da parte degli scienziati, e in cui non esistono dimostrazioni inconfutabili che queste possano trasformarsi in neuroni con l’aggiunta di sostanze come l’acido retinoico e l’alcol etilico impiegate dagli scienziati dell’università ucraina.
Davide Vannoni arriva in Ucraina in seguito a una emiparesi facciale e si sottopone all’impianto delle cellule trattate dal team di Klymenko e Shchegelskaya, sostenendo che se quel metodo ha funzionato per lui (altri non sono concordi sul fatto che abbia veramente funzionato) possa funzionare per tutti. Mister Stamina convince così nel 2006 i due ricercatori a seguirlo in quel di Torino dove con loro fonda la Re-Gene srl. La società ha come scopo, si legge nell’oggetto sociale, «l’esecuzione di ricerche sperimentali su cellule staminali» e la «vendita di tali prodotti di manipolazioni estensiva». L’indirizzo della società è in via Giolitti, 41 a Torino. In quella sede, Davide Vannoni, professione sociologo, ha domiciliato anche la società Cognition con cui svolge ricerche di mercato per diverse realtà aziendali e politiche. Una ricerca in particolare ha portato Vannoni ad agganciare anche i piani della politica piemontese, che in questa vicenda sarà decisiva: con Cognition mister Stamina curò una ricerca di mercato per il gruppo regionale di Forza Italia.
A proposito dei biologi russi, a caso esploso il 2 luglio 2013, un’inchiesta di Nature denuncia «il trial italiano sulle cellule staminali è basato su dati fallaci», la giornalista Alison Abbott accusa Davide Vannoni, ideatore del tanto discusso metodo Stamina, di «plagio e inefficacia del metodo». Vannoni, secondo l’inchiesta, avrebbe rubato al gruppo di ricerca di Elena Shchegelskaya – biologo molecolare della Kharkov National Medical University e co-autore dell’articolo del 2003 in cui sono contenute le immagini originali incriminate – (e coindagata a Torino proprio per la vicenda Stamina) le immagini su cui si basa la sua domanda di brevetto e tutto il metodo Stamina, presentata nel 2010. «Duplicate da precedenti e non correlati studi» sostiene Nature.
Vannoni replicherà che «è il solito articolo politico e non scopre nessun segreto: noi abbiamo sempre lavorato e condiviso materiale con i russi e con gli ucraini, che ci hanno aiutato a perfezionare la metodica. Non c’è niente di trafugato e ho già detto in varie occasioni che il nucleo della metodica deriva dagli studi di due scienziati russi». Peccato che la ricercatrice russa Shchegelskaya non sia d’accordo. La Shchegelskaya ha infatti dichiarato a Linkiesta via email: «Nel suo brevetto sono state utilizzate due figure pubblicate nei miei articoli (anni 2003-2006) con altri coautori prima di aver conosciuto Vannoni. Queste figure non possono essere usate in nessun brevetto senza il permesso mio e dei coautori. Vannoni non aveva affatto alcun diritto di pubblicare queste figure senza il permesso scritto degli autori di quegli articoli».
Mail Schegelskaya
La mail di Elena Schegelskaya a Linkiesta
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