Malaria: un successo o un mancato obiettivo?

rubrica Scienza&Salute

Per certi versi il World malaria report 2013 – stilato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per disegnare lo stato della malattia nel mondo – porta buone notizie: dal 2000 al 2012, sono state salvate circa 3,3 milioni di vite, per lo più bambini sotto i cinque anni (la popolazione più colpita), riducendo la mortalità  per malaria del 45% a livello mondiale e del 49% in Africa, dove l’impatto della malattia è più grande che nel resto del mondo. Allo stesso modo è migliorata la prevenzione, riducendo i nuovi casi di malaria (incidenza) del 29% nel mondo, e del 31% in Africa. Quello che resta ancora assolutamente inaccettabile è che ogni minuto del 2012, un bambino africano è morto di malaria, nonostante questa sia una malattia curabile e prevenibile.

Potrebbe e deve essere fatto molto di più, e a dirlo è la stessa Margaret Chan, direttore generale dell’Oms. «I progressi fatti nell’ultimo decennio non sono motivo di compiacimento: il numero assoluto di casi di malaria e di decessi non si stanno riducendo velocemente come realmente potrebbero – spiega Chan – il  fatto che così tante persone ancora oggi siano infettate e muoiano a causa di una puntura di zanzara, è una delle più grandi tragedie del XXI secolo». A restare scoperte sono le popolazioni più vulnerabili ed emarginate, che soprattutto nei paesi con sistemi sanitari fragili non hanno accesso a diagnosi e trattamento.

La malaria è causata da un parassita, il plasmodio, che viene diffuso tra la popolazione attraverso la puntura di zanzare infette, le Anophele, i “vettori della malaria”. La trasmissione è favorita di notte e a seconda della condizioni climatiche: le zone più umide e calde sono le più colpite, e la maggior parte dei casi si verificano durante o subito dopo la stagione delle piogge. Per questo motivo epidemie della malattia possono verificarsi in zone in cui improvvisamente si sono create le condizioni climatiche favorevoli; o a causa di spostamenti di persone con bassa immunità alla malaria verso zone ad alto rischio di trasmissione.

Ruth Little, in una lettera pubblicata su The Lancet come commento al lavoro pubblicato sulla stesa rivista da Chris Cotter (The changing epidemiology of malaria elimination: new strategies for new challenges), scrive che il cambiamento climatico è uno dei responsabili della diffusione della malattia: «Le malattie trasmesse da vettori sono uno dei settore strategici che più saranno interessati dai cambiamenti climatici. La relazione tra l’incidenza della malaria, la distribuzione geografica e i fattori ambientali come la temperatura, le precipitazione, la stagionalità, e la deforestazione, indica che le strategie di mitigazione e di adattamento devono essere centrali negli interventi contro la malaria. In caso contrario il cambiamento climatico potrebbe annullare il successo compiuto finora nella lotta contro la malaria».

Le persone più colpite sono i bambini che nascono in zone endemiche e che non hanno ancora sviluppato l’immunità protettiva per le forme più gravi di malaria; le donne in gravidanza non immuni che possono essere soggette a morte o aborto; le persone colpite da Hiv/Aids; i viaggiatori internazionali, non immuni, che sono costretti a spostarsi per lavoro o altro, e provengono da zone non endemiche; immigrati che si sono trasferiti in zone non endemiche e tornano nel Paese d’origine, con i propri figli, per visitare parenti e amici.

Per arginare il problema basterebbero poche precauzioni usate anche nei paesi occidentali per “difendersi” dalle zanzare. Il controllo del vettore è il sistema più efficace per ridurre i casi di infezione e può essere praticato attraverso  zanzariere trattate con insetticida (Int) e l’irrorazione interna delle case con insetticidi. Ugualmente la diagnosi precoce e il trattamento sono in grado di ridurre notevolmente i casi di malaria e prevenire i decessi.  Il problema principale sono però i fondi e la scarsa volontà politica. Le donazioni internazionali per il controllo della malaria sono cresciute dai 100 milioni di dollari del 2000 ai 1,94 miliardi di dollari del 2012 e ai 1,97 miliardi nel 2013. Ma i fondi a disposizione per la malaria sono ancora al di sotto di quanto richiesto per raggiungere una copertura universale degli interventi. L’Oms stima che siano necessari circa 5,1 miliardi di dollari annui per questo scopo. Nel 2012 l’importo complessivo del finanziamento internazionale e nazionale per la malaria è stato di 2,5 miliardi di dollari: meno della metà di quanto servirebbe.

Maurizio Bonati, capo del laboratorio Per la salute materno infantile dell’I.R.F. Mario Negri di Milanoha spiegato a Linkiesta che «nonostante i toni trionfalistici dell’Oms l’obiettivo dei Millenium Goals 2015 per la malaria sono lontani nella maggior parte dei contesti locali, africani in particolare. L’accesso ai farmaci è ancora precluso in molte zone, l’uso delle zanzariere è largamente disatteso nel tempo e i bambini rimangono ancora la popolazione più a rischio e negletta: per esempio, i farmaci antimalarici pediatrici sono ancora scarsamente disponibili in molte realtà».

Nell’Africa Subsahariana la popolazione che ha avuto zanzariere da letto è stata meno del 50% nel 2013. Mentre è cresciuto l’uso di test diagnostici per la malaria: tra il 2010 e 2012 le persone che ne hanno eseguito uno nelle strutture pubbliche sono aumentate dal 44% al 64% globalmente. Continuano inoltre a essere sviluppati nuovi sistemi diagnostici, sempre più economici e veloci, come quello sviluppato dalla Rice University, in grado di diagnosticare la malattia con un laser, senza bisogno di un campione del sangue. Sebbene non ancora testato sugli esseri umani, se l’efficacia venisse confermata sarebbe una rivoluzione per la diagnosi della malaria. «Con una sonda a fibra ottica collegata ad un dito o lobo – riporta il New York Times – il dispositivo potrebbe analizzare una persona ogni 20 secondi per meno di 50 centesimi ciascuno».

Il trattamento farmacologico a base di artemisinina (l’Artemisinin-combination therapies ACTs), rappresenta il trattamento d’elezione per la malaria, ma in almeno quattro paesi del Sud-est asiatico è aumentato lo sviluppo di resistenze al trattamento. Questo, in aggiunta alla resistenza delle zanzare agli insetticidi hanno ostacolato i progressi contro la malattia.  Mentre il vaccino, che potrebbe risolvere parte dei problemi, non è stato ancora sviluppato. L’Oms ha contato ben 27 possibili candidati attualmente in sperimentazione clinica, la maggior parte dei quali si trova nelle prime fasi di sperimentazione. L’unico in fase avanzata è il RTS, S/AS01 sviluppato dalla GlaxoSmithKline che potrebbe essere introdotto già nel 2015, se il risultati dello studio clinico di fase 3 fossero soddisfacenti. Proprio lo scorso novembre la Malaria vaccine technology roadmap – un quadro strategico alla base dell’attività di ricerca e sviluppo sul vaccino contro la malaria a livello mondiale, già presentata nel 2006 –  ha subito un aggiornamento, che dovrebbe portare alla produzione di vaccini di nuova generazione entro il 2030.

In collaborazione con RBS-Ricerca Biomedica e Salute

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