Nel mondo editoriale, una delle parole chiave degli ultimi mesi – dopo la parola crisi, naturalmente – è selfpublishing, ovvero, autopubblicazione. Si tratta di una dinamica non certo nuova per l’editoria, tanto che abbondano gli esempi di grandissimi autori del passato – Edgar Poe, Walt Whitman, Alberto Moravia, Italo Svevo, Dino Campana, giusto per fare qualche nome – che proprio attraverso l’autopubblicazine hanno fatto il loro esordio.
La rapida ascesa del selfpublishing a fenomeno mondiale, capace di attrarre magneticamente le attenzioni di tutti gli attori della filiera editoriale, è legata a doppio filo all’ascesa di un altro fenomeno che ha marchiato indelebilmente questo inizio millennio. Sto parlando, evidentemente, delle tecnologie digitali, che hanno notevolmente abbassato, se non nella realtà almeno nella percezione comune, la fatica e gli investimenti necessari per pubblicare e diffondere un libro.
Tra le grandi case editrici italiane, quella che si è mossa con più enfasi in questi mesi è stata Mondadori, che a fine ottobre dello scorso anno ha lanciato il portale Scrivo.me, pensato e dedicato proprio a tutti coloro che vogliono autopubblicarsi. Scrivo.me si presenta come un progetto a doppia faccia: da una parte una cassetta degli attrezzi per chi vuole scrivere, le cui chiavi inglesi sono articoli scritti dai professionisti dell’editoria, quelli che, a Mondadori, ci lavorano quotidianamente. Dall’altra si presenta come una proposta di community, un luogo idealmente deputato alla condivisione di saperi e contenuti da parte degli aspiranti autopubblicandi.
Sul concetto e sulla fenomenologia del selfpublishing ci torneremo ben presto. Siamo convinti che sia un argomento che merita di essere trattato pezzo per pezzo, visto che non è affatto un territorio aproblematico e tira in ballo un mucchio di questioni che stanno diventando sempre più urgenti. Soprattutto in un paese come l’Italia, in cui il tasso di lettori non supera il 50 per cento della popolazione.
Per ora, per iniziare a capirci qualcosa in più, abbiamo deciso di sentire l’opinione, gli obiettivi e le speranze di chi ci sta lavorando su da un po’. Ecco perchè abbiamo sentito Edoardo Brugnatelli, che nel mare dell’editoria ci sguazza da parecchio e che, proprio di Scrivo.me, è direttore. Buona lettura.
Perché a Mondadori interessa il mondo del selfpublishing?
Per parodiare Terenzio potrei rispondere che siamo publishers e non riteniamo a noi estraneo nulla di quanto riguarda il publishing,
Quali sono le prospettive che pensate possa avere?
È evidente che si tratta di qualcosa di molto rilevante, anche se – ad essere totalmente onesti – si tratta di un fenomeno ancora ai suoi inizi, per cui arrischiare previsioni sul tipo di sviluppi futuri rientra nel campo della divinazione, nel quale non mi sento particolarmente ferrato. Di certo la facilità di scrivere e di pubblicare i testi autoprodotti cambia parecchie cose. Tanto per fare un esempio penso semplicemente alla necessità crescente per le case editrici “tradizionali” di monitorare questo mondo e, nel caso, assoldare nuovi talenti. Un tempo lo scouting editoriale aveva campi da coprire molto più definiti e quindi relativamente più semplici da tenere nel mirino.
Si dice spesso che in Italia ci siano più scrittori che lettori. cosa ne pensi?
Sinceramente non so che dire. Lavorando da oltre 20 anni per una casa editrice a volte anche io ho avuto il sospetto che scriva chiunque, ma penso che sia un errore prospettico: avessi fatto il pollivendolo sono certo che quasi nessuno mi avrebbe portato dei manoscritti da leggere (o almeno così voglio sperare). Certo è che da noi (ma non solo) troppo spesso la scrittura è vista come una specie di libera fiera dell’orrore, del dilettantismo assoluto dove chiunque si ritiene autorizzato a pensare di essere un autore per il semplice fatto di avere assemblato qualche decina di pagine. Uno degli scopi di scrivo.me è proprio di combattere questa malsana e superficialissima idea.
Come è sfruttabile commercialmente da una casa editrice il mondo del selfpublishing?
Dubito che il self-publishing sia sfruttabile commercialmente. Almeno per come vanno le cose al momento. Come dicevo poc’anzi, di certo questo diventa un ulteriore bacino dal quale cercare di trovare nuovi autori futuri. Ma da altri punti di vista al momento direi che l’unica strada commercialmente profittevole che vedo è quella di mettersi a vendere ai self publishers servizi editoriali di vario genere. E’ una cosa che all’estero qualcuno fa anche tra le grande case editrici, ma a noi come Gruppo Mondadori non interessa. Non solo perché da queste cose gestite da grandi marchi editoriali promana sempre un certo qual profumo di raggiro di incapace, ma anche perché alla fine della fiera i marchi editoriali stessi corrono rischi notevoli in termini di immagine.
Non avete mai avuto la paura che i grossi nomi del vostro catalogo possano decidere di fare a meno di voi e autopubblicarsi?
Mai, e per un motivo molto semplice che spesso molte persone estranee all’editoria trascurano. Scrivere non è un’impresa solitaria, pubblicare lo è ancor meno . Quello che una casa editrice è in grado di offrire in termini di professionalità in appoggio e a supporto dell’autore (dagli editors ai correttori di bozze, dai copertinari al marketing, alla comunicazione etc etc etc ) non è minimamente paragonabile a quello che un autore free lance può trovare “là fuori”. Gli autori lo sanno e non aspirano alla propria rovina. Quello che è poi molto indicativo è che i self publishers stessi lo sanno benissimo e per questo motivo il sogno più o meno nascosto di ognuno di loro è di essere scoperto (e poi pubblicato) da una casa editrice vera.
Quali sono gli obiettivi di Scrivo.me?
Gli obiettivi sono molteplici. Primo tra tutti quello di tuffarsi in questo mare per vedere come funzionano le correnti, quant’è salata l’acqua, chi ci nuota dentro etc etc . Ma avremmo anche l’ambizione di rendere condivise le competenze delle tante persone che si occupano di scrivere e pubblicare libri professionalmente. In questo modo ci piacerebbe far capire meglio come la scrittura sia una passione, ma che una passione che non è sorretta da un impegno serio non va da nessuna parte. Ma forse l’obiettivo che a me sta più a cuore è quello di far scoprire quanto sia difficile, dura ma alla fine terribilmente appagante l’impresa di scrivere e pubblicare. Scrivere e pubblicare non sono – come vuole una certa vulgata tanto superficiale quanto velenosa (alla Masterpiece, per non voler far nomi) – la porta d’ingresso al paradiso della ricchezza e della fama. Se si ha quello di mira, credo che in termini percentuali convenga molto di più investire il proprio tempo e i propri soldi in lotterie o scommesse. La ricompensa del non facile lavoro di scrivere e di pubblicarsi è qualcosa di molto più ricco e alla portata di tutti: è la soddisfazione di aver dato forma alle proprie idee, alle proprie esperienze, alle proprie storie, di averle rese comunicabili anche ad altri e di averlo fatto sul serio e al meglio. Scrivere – lo ripeto spesso– non è solo una forma di artigianato molto evoluta, è anche un gioco e come tutti i giochi va fatto seriamente, impegnandosi fino in fondo.
Che consiglio daresti a chi vuole pubblicare?
Di consigli ce ne sarebbero tantissimi, ma mi limito al più importante: se pensi di aver qualcosa di importante da raccontare cerca di farlo al meglio e ispirati ai grandi maestri presenti e passati di questa nobile arte. Leggi ,leggi e poi ancora leggi.
Avete paura che il selfpublishing possa rubare spazio all’editoria tradizionale?
No