Dall’inizio della crisi del 2009 i protesti (ossia, semplificando, le azioni di ufficiali giudiziari contro chi non paga) sono costantemente aumentati. È uno dei sintomi più drammatici della stagnazione economica, tanto più grave perché ha alimentato il circolo vizioso del credit crunch. Il terzo trimestre del 2013 si è però chiuso con una loro diminuzione. Sono scesi anche i ritardi e i mancati pagamenti. A dirlo è una ricerca di Cerved Group: «La situazione complessiva dell’economia rimane ancora difficile – commenta Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato della società – ma questo contemporaneo calo di fenomeni negativi, benché non diffuso su tutte le aree del territorio, potrebbe indicare il superamento del picco della crisi».
Questi i numeri: tra luglio e settembre 2013 i protesti sono stati 196mila, il 7,2% in meno rispetto allo stesso trimestre del 2012. Sono state coinvolte oltre 62mila aziende: in questo caso il calo è stato di sei punti percentuali.
La situazione è migliorata soprattutto per le imprese individuali. Tra idraulici, elettricisti e altri micro-imprenditori, nel terso trimestre 2013 le società protestate ammontavano a 41mila, in decrescita dell’8,5 per cento.
Mimina è invece l’inversione di tendenza per le altre forme giuridiche, ma è comunque importante, poiché interrompe un trend negativo in atto dal terzo trimestre 2011. I soggetti protestati sono solo lo 0,9% in meno.
«Nel caso delle società i dati indicano che si è interrotta la lunga striscia negativa dell’edilizia: dopo otto trimestri consecutivi di aumento del fenomeno – prosegue De Bernardis – il numero di aziende protestate cala dell’1,2% su base annua. Nell’industria la situazione risulta stabile, nel terziario si osserva un aumento del 2% mentre negli altri settori (energia, utilities e agricoltura) il miglioramento è con tassi a due cifre, -13 per cento».
A prendere una boccata d’ossigeno, comunque, sono solamente le società tra Milano e Torino. A trainare il miglioramento è il Nord Ovest, dove i protesti sono scesi del 5,5% grazie alla forte diminuzione della Lombardia (-8,9%), seguito dal Centro (-4,7%). Va male invece il Nord Est (+10,4% di protesti), e non c’è stata l’auspicata inversione di tendenza nel Mezzogiorno e nelle Isole (+1,3%), aree in cui la diffusione del fenomeno è su livelli molto critici.
Le differenze sono ancora più marcate tra grandi e piccole impree. Semplificando, chi è grande può anche prendersela comoda, chi è piccolo deve mettere mano al portafoglio. «Si tratta di un fenomeno che interessa soprattutto le imprese di dimensione minore, quelle con meno potere negoziale che più spesso devono accettare pagamenti immediati, spesso in contanti: in un anno il valore non saldato di queste fatture è diminuito di nove punti percentuali per le microaziende con ricavi inferiori a 2 milioni di euro (da 41,7% a 32,7%), di quasi tre punti per le piccole nella fascia 2-10 milioni di euro, mentre è risultato in aumento tra le imprese medio- grandi», conclude Gianandrea de Bernardis.
Il miglioramento sui protesti è stato accompagnato da un altro dato positivo, ovvero la diminuzione del valore dei mancati pagamenti, un indicatore ottenuto da Payline – il database di Cerved Group che raccoglie le abitudini nelle transazioni commerciali di oltre 2 milioni di aziende.
Non è stato saldato il 31,7% del valore delle fatture in scadenza, un dato inferiore di più di un punto se paragonato allo stesso periodo del 2012. Questo progresso è da collegare alla forte riduzione osservata sulle fatture con pagamento immediato rispetto alla consegna della merce: in un anno il valore non saldato su queste fatture si è ridotto di oltre sette punti percentuali, passando dal 43,6% al 36,4 per cento.