Tra la Borsa e il calciomercato, Erick Thohir sembra preferire la prima. Le ultime dichiarazioni del proprietario del pacchetto di maggioranza dell’Inter non lasciano spazio a interpretazioni: nessun nome grande arriverà dall’attuale finestra di calciomercato. Al momento il club nerazzurro non ha i mezzi economici per poter condurre un’operazione importante in entrata. E la lente d’ingrandimento della Uefa in ambito di Fair play finanziario incombe. Ecco perché il magnate indonesiano starebbe prendendo in considerazione l’idea di quotare l’Inter in Borsa. Non in Italia, però: Hong Kong o Singapore le probabili destinazioni.
Chiariamolo subito: l’Inter deve prima incassare, poi spendere. Primo, perché è il bilancio stesso a richiederlo. L’Inter ha chiuso l’esercizio al 30 giugno 2013 ancora in rosso: -79 milioni di euro. Il fatturato è stato di 167,3 milioni, ancora distante di almeno 100 da quelli delle altre due squadre storiche italiane Milan e Juventus. L’indebitamento netto è di 433 milioni, di cui 188 milioni di debiti verso banche e fornitori. E a fronte di una sole voce positiva, quella dell’abbassamento del monte ingaggi (128 milioni), l’Inter ha registrato anche un saldo negativo nel calciomercato. Basta fare due conti per notare che gli acquisti di Alvaro Pereira (12 milioni), Kovacic (14) e Schelotto (6) hanno superato le cessioni di Sneijder (7 milioni) e Coutinho (10 milioni).
Una situazione che da una parte tiene le mani legate all’Inter in sede di calciomercato e che, dall’altra, fa sì che il club sfori i parametri imposti dal Fair play finanziario. Il nuovo regime elaborato dal Governo del calcio europeo impone ai club che hanno partecipato ad almeno una competizione europea tra il 2012 e il 2014 un passivo complessivo massimo di 45 milioni di euro in questo triennio. E l’Inter, in questo momento, è fuori dai paletti di Michel Platini. Se si somma il passivo del 2012 (-77 milioni) a quello del 2013 si arriva a -156 milioni: tre volte il consentito. Così, ecco che si spiegano le dichiarazioni rilasciate da Thohir a “Republika”, foglio indonesiano di sua proprietà: «Io sono ovviamente deluso per la sconfitta con la Lazio, ma il nostro obiettivo è quello di continuare a lavorare tutti insieme. Il nostro progetto è molto chiaro, su questo non c’è dubbio. Vogliamo costruire un club sano, competitivo nel settore, quest’anno viviamo una stagione di transizione. Non è un anno zero ma l’ultimo anno di un’epoca fantastica. Dalla prossima stagione partirà una nuova era».
Una nuova era. In Italia la pazienza nel calcio non esiste o quasi. Thohir lo sa e si rivolge ai tifosi, che secondo lui «non dovranno aspettare molto per vedere i risultati della nostra filosofia. Già dal prossimo anno raggiungeremo risultati concreti in campo e fuori». Per farlo ci vogliono programmazione e soldi. Se l’Inter vuole provare a raggiungere la qualificazione in Champions League, il che significherebbe incassare subito 30 milioni di euro (più i premi partita e il gettito derivante dal market pool, cioè dalla suddivisione degli introiti dei diritti tv), bisogna arrivare terzi in campionato. Al momento, un’ipotesi di difficile attuazione vista la classifica della Serie A. Intervenire sul mercato, come visto, ora è molto difficile: non è un caso che l’Inter si sia fatta sfuggire il centrocampista Radja Naniggolan, andato alla Roma. E poi ci sono le spese che Thohir sta affrontando per l’acquisizione del pacchetto di maggioranza: 75 milioni già versati alla ratifica dell’accordo con Massimo Moratti, più altri 175 milioni che serviranno per accollarsi una parte dei debiti lasciati dall’ex proprietario. E il prossimo bilancio rischia di chiudersi a non meno di -50 milioni.
Ma se Thohir non può intervenire sul mercato ora, dovrà farlo nella prossima sessione estiva. Da qui, la necessità di garantire entrate al club. Come? In tre modi. La prima: puntando sul nuovo stadio di proprietà. L’Inter ha messo gli occhi su parte dell’area post Expo 2015 per costruirvi un impianto capace di generare introiti; ma dovrà vincere la concorrenza del Milan e, nel caso dovesse aggiudicarsi la gara, dovrebbe comunque aspettare il 2018 per avere una nuova “casa”. Il secondo modo è quello della valorizzazione del brand Inter tramite il merchandising. Non è un caso che l’Inter abbia firmato il nuovo accordo con il colosso statunitense Nike per 20 milioni di euro all’anno solo dopo la certezza dell’acquisto da parte di Thohir. La valorizzazione del brand passerà quindi da un’area di forte espansione, sin dai tempi della creazione della J-League (il campionato giapponese) nel 1993 passando per i Mondiali in Giappone/Corea del 2002. Un espansione che la Premier League insegue da tempo: ogni estate il Manchester United fa un tour di amichevoli in Asia e il Chelsea ha appena aperto una Academy in Corea del Sud. Anche in questo caso però, non si può pretendere che più magliette vendute raddrizzino il bilancio in un anno: il brand va valorizzato nel tempo.
E la terza via, anche se al momento è solo un’indiscrezione, è quella della quotazione in Borsa. Thohir sarebbe alla ricerca di un nuovo amministratore delegato proveniente non dal mondo sportivo ma da quello finanziario e, in particolar modo, con un background legato alla gestione di fondi d’investimento. L’Inter però non verrebbe quotata a Piazza Affari, ma in Asia: Hong Kong o Singapore, mentre appare più defilata la possibilità di approdare a Shenzhen. Due indizi condurrebbero a questa pista. Il primo riguarda le motivazioni che spingono una società a quotarsi: o per trovare nuovi capitali, o per cambiare gli equilibri della propria governance. Ma quest’ultima è già definita, almeno per il momento, con Thohir che ha in mano il 70% della società e Moratti la parte restante. Il secondo indizio è legato al Fair play finanziario, che impedisce ai proprietari di iniettare soldi nelle casse del club direttamente dalle proprie tasche per coprire i buchi di bilancio. Ci sarebbe, in realtà, un terzo indizio. La banca d’affari che ha fatto da advisor a Thohir durante la trattativa è la Lazard, la stessa che ha curato lo sbarco nella borsa di Hong Kong del marchio Prada. Per non parlare del fatto che, nel recente passato, il Manchester United di Malcom Glazer aveva valutato la possibilità di sbarcare a Singapore, prima di virare su Wall Street.