Effetto crisiCon la crisi spunta la disoccupazione part time

Il lavoro che (non) c'è

C’è in Italia un gruppo di persone che sfugge alle classifiche sulla disoccupazione. Compaiono come occupati, ma non lo sono. O meglio, non a tutti gli effetti. Sono i lavoratori a part time “involontario”, quelli che lavorano con un contratto di mezza giornata ma avrebbero bisogno – e voglia – di un impiego full time. Una categoria in crescita nell’Italia della crisi, un dato tanto allarmante quanto quello sulla disoccupazione. Anzi, potremmo chiamarla “disoccupazione part time”.  

I dati Istat mostrano come i lavoratori a tempo parziale siano cresciuti, negli anni della crisi, del 40% circa, passando da 1 milione 349mila del 2008 ai 2 milioni 241mila del 2012.

«Lavoro mezza giornata ma ho tempo, energie e bisogno di lavorarne una intera», dice Cinzia, 29 anni appena compiuti e un contratto di apprendistato part-time in un’agenzia di comunicazione. Con una laurea in Scienze politiche alle spalle, Cinzia ha già collezionato una lista ben nutrita di esperienze “lavorative”. Stage, disoccupazione, lavoro nero, borsa di studio regionale: nei cinque anni successivi alla laurea ha fatto incetta di tutti gli stati d’animo dei “giovani dell’Italia in crisi”: grinta e voglia di farcela durante il primo stage, scoraggiamento quando il tirocinio è finito con un nulla di fatto, determinazione al secondo impiego con contratto determinato, poi gioia per la vittoria di una borsa di studio regionale. Di nuovo crisi un anno dopo, al termine dell’anno di borsa, ora Cinzia sta per attraversare la nuova categoria dei “lavoratori part time involontari”. 

Dopo sei mesi in nero in un’agenzia di comunicazione a Milano, a breve firmerà un contratto di apprendistato part time. «Vorrei poterle fare un contratto full time, ma, per iniziare, non posso permettermi più di così», le ha detto la datrice di lavoro. 

nuovi lavoratori a tempo determinato sono giovani e soprattutto adulti tra i 35 e i 54 anni.

A rendere ancora più significativo il fenomeno è il fatto che sia in aumento, in Italia, anche tra gli uomini, solitamente più refrattari a questo tipo di contratto. Non è un caso che il part time involontario cresca anche in settori tradizionalmente di predominio maschile, come quello delle costruzioni, dell’agricoltura, dell’industria

Il part time involontario è un fenomeno sempre più frequente tra giovani laureati, e spesso si trasforma in una trappola. Davide Calloni, 28 anni, laurea in Scienze naturali, ha scelto un impiego a tempo parziale come lavoro di ripiego, per avere denaro e tempo sufficiente a fare quel che davvero gli piace. «Dopo quattro mesi da disoccupato ho portato il curriculum in un supermercato», racconta Davide. «Lavoro mezza giornata per 1.000 euro. Sono un tuttofare. Cassa, scaffali, merci da spostare. Pulizie».

L’idea iniziale di Davide era di dedicarsi nel resto del tempo a fare l’educatore ambientale nel parco di Cassano d’Adda, in provincia di Milano. Lavoro che da sé gli frutta solo poche centinaia di euro al mese.

Capita però che questi contratti siano part time solo formalmente. Davide colleziona straordinari su straordinari, e dedicarsi alle attività del parco è diventato sempre più difficile. «Dopo aver lavorato dalle 7.30 alle 13.30 a spostare pacchi e merci pesanti – da poco lo hanno spostato al reparto ortofrutta, ndr – torno a casa distrutto». Non solo. «Capita sempre più spesso di dover fare straordinari. Pagati, ma chiesti all’ultimo. Cosa che rende impossibile fare altri programmi per il pomeriggio». Tanto che Davide ha dovuto sospendere la collaborazione con il parco, che poi era quello, tra i due impieghi, che gli avrebbe arricchito il curriculum e lo avrebbe fatto crescere professionalmente.  

Per Cinzia, il brand Italia-in-crisi prevede invece di trascorrere il resto della giornata così: «Lavoro nero in uno studio notarile una volta alla settimana, arrabbiandomi perché chiedo da mesi una regolarizzazione senza ottenerla, poi do qualche ripetizioni in nero e continuo a inviare curriculum».
Una spirale di scoraggiamento solo un po’ più lieve di quella di un disoccupato. 

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