Ora entra in gioco anche la scaramanzia: «Questi lacci colorati mi hanno portato fortuna. Domenica contro l’Inter abbiamo ottenuto un pareggio prezioso: ho deciso che li indosserò per tutto il campionato». Daniele Dessena ci scherza un po’ su ma non rinuncia al messaggio importante: «Per combattere l’omofobia c’è da fare ancora tanto e scendendo in campo con un simbolo ci metto il mio impegno. Gli insulti mi hanno fatto infuriare, ma solo perché colpivano persone che non fanno niente di male: non mi sono sentito offeso personalmente da quello che è stato scritto sul web, ho reagito perché in ballo c’è una questione molto più importante».
Dopo i novanta minuti con i lacci arcobaleno, i tifosi lo hanno attaccato e lui, il centrocampista rossoblu, non ha perso tempo: «Siete solo degli ignoranti, abbiate rispetto». E ieri, durante il doppio allenamento del mercoledì, i compagni lo hanno accolto nello spogliatoio come un eroe: abbracci, tante strette di mano. «La società italiana è ancora molto indietro, all’estero queste scene non si vedono. Perché dalle nostre parti non siamo liberi di essere noi stessi?».
Quanto è omofobo il mondo del calcio?
«Rispecchia la società. Anche se negli spogliatoi non mi sembra ci sia tanta intolleranza».
Come mai nessun altro giocatore del Cagliari ha aderito alla campagna contro l’omofobia?
«Avevamo solo questi lacci, io li ho presi per primo. Li ho usati tutta la settimana per l’allenamento e domenica ho deciso di tenerli. Dalla prossima partita tutti i compagni si presenteranno in campo con le scarpette colorate».
Perché una reazione così dura dopo gli insulti?
«Semplicemente perché credo in questa battaglia di civiltà».
Difendendo i gay un calciatore rischia di non farsi buona pubblicità e di finire nel mirino delle curve.
«I miei genitori mi hanno insegnato il rispetto. Ognuno di noi deve fare qualcosa per migliorare la società, non solo per combattere l’omofobia ma anche per sconfiggere il razzismo e tutte le altre discriminazioni».