Quando si parla di “Modello Udinese” nel mondo del calcio, si pensa soprattutto alla strategia che la famiglia Pozzo ha attuato in questi anni nel trading dei giocatori. Una fitta rete di osservatori che trovano giovani promesse tra Europa, Africa e Sud America capaci, una volta arrivati a Udine, di crescere, magari portare la squadra a qualificarsi per le coppe europee e poi essere rivenduti a club di alto livello. Un affare sia per i calciatori, che possono sviluppare le proprie capacità in un ambiente lontano dai lustrini delle grandi città del calcio italiano; sia per il club, che con notevoli plusvalenze riesce a mantenere i propri bilanci sani. L’ultimo caso clamoroso riguarda il cileno Alexis Sanchez, scoperto dai bianconeri e rivenduto poi al Barcellona per 37 milioni di euro, tra prezzo base e bonus legati al rendimento del giocatore in Blaugrana.
Ora però si può parlare di “Modello Udinese” anche in un altro contesto: quello degli stadi di proprietà. E che ricalcherà quello del nuovo stadio “Friuli”. Parliamo quindi di un modello fatto di impianti dalla capienza ridotta per venire incontro al bacino d’utenza, cioè al numero dei tifosi, inevitabilmente più piccolo rispetto a quello delle grandi squadre. Ma saranno anche stadi senza barriere, così come accade in Inghilterra; e sarà il Comune della città rappresentata dal club a fornire il terreno in concessione per 99 anni. Il tutto con investimenti mirati, per rendere questi impianti vivibili tutta la settimana attraverso le attività commerciali. Insomma, degli Juventus Stadium versione provincia del calcio. E come nel caso dell’impianto torinese, il “Modello Udinese” aprirà le porte non a stadi ex novo, ma si tratterà di ristrutturare quelli esistenti. Questo anche per evitare lungaggini burocratiche: per costruirne uno nuovo, i tempi relativi a piani regolatori da modificare e concessioni da ottenere sono più lunghi.
Che l’Udinese fosse destinata a diventare capofila anche in questo ambito, lo si è capito nel lavoro svolto negli anni dalla famiglia Pozzo, proprietaria del club dal 1986. Dall’eliminazione delle barriere, primo caso in serie A, fino alla sperimentazione della moviola in campo elettronica, i cui risultati sono poi stati inviati alla Fifa. Fino al nuovo stadio “Friuli”, per il quale Pozzo ha combattuto per 10 anni, fino ad ottenere l’avvio dei lavori pochi mesi fa sugli spalti dell’attuale stadio. Lavori che proseguiranno il prossimo marzo. Il tutto per un investimento totale di 30 milioni di euro: «Non si tratta di un’operazione speculativa, spero che questa struttura diventi un luogo di aggregazione per i tifosi e i cittadini di Udine», ha spiegato lo stesso Pozzo.
Il tutto non grazie ad un quadro normativo di riferimento (vedi alla voce legge sugli stadi) – né a una piattaforma comune come il progetto “B Futura” in serie cadetta – ma a un iter intrapreso di pari passo da Comune e squadra di calcio. Per ottenere la concessione del terreno e dello stadio, Pozzo ha versato 4,9 milioni di euro nelle casse comunali, più 21 milioni di obbligo in opere di ristrutturazione. Tutti assegni staccati dal club, che ha ottenuto l’80% del finanziamento dal Credito Sportivo e che ha, come obiettivo minimo, quello di rientrare dall’investimento iniziale. Per farlo, dovrà offrire un impianto appetibile, in grado di richiamare pubblico sempre, visto che la capienza dello stadio verrà ridotta dagli attuali 40mila a 25mila posti. Il pubblico avrà wi-fi gratuito sempre e ovunque e nel futuro del nuovo Friuli ci sono una clinica riabilitativa, negozi, ristoranti.
Un futuro quanto mai prossimo. Lo scorso 16 gennaio l’Udinese ha pubblicato il bando di gara europeo (e come tale, reso visibile anche sulla gazzetta ufficiale della Comunità Europea) per l’affidamento dei lavori. Nel dettaglio, il progetto del II, IV e VI lotto prevede importo dei lavori a base d’asta di 23,7 milioni di euro e consiste nella demolizione e ricostruzione delle nuove curve, Sud e Nord, e della nuova Tribuna Distinti per 25.012 posti a sedere coperti. La documentazione di gara, che sarà aggiudicata con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, è attualmente visionabile sul sito del club. Il limite per la consegna delle offerte è stata fissata per il prossimo 3 marzo e l’apertura delle buste il giorno successivo, per poter partire subito con i lavori. L’obiettivo del club è quello di aprire il settore della Curva Nord entro fine 2014 e di avere tutto lo stadio ristrutturato entro il 31 luglio 2015.
La prima squadra ad imitare tale modello potrebbe essere l’Atalanta. Basta guardare l’intenzione del club nerazzurro, che a fine torneo presenterà al Comune di Bergamo un nuovo progetto: 24 mila posti tutti a sedere, museo, store, ristoranti e niente barriere, per un investimento da 30 milioni. L’idea del presidente Antonio Percassi è quella di effettuare i lavori sul Comunale già esistente: se sarà indetta una gara di vendita, l’Atalanta parteciperà. In alternativa, il club si muoverà chiedendo in concessione lo stadio per 99 anni, proprio come accaduto a Udine.
Ad appoggiare l’idea è subito accorso Giorgio Gori, candidato per il Pd a sindaco della città, che ha definito il progetto «una soluzione giusta anche per la città dato che la ristrutturazione dovrà infatti consegnarci una struttura accesa tutti i giorni e non solo 2 ore alla settimana, sulla strada già tracciata dal modello Udinese». L’intervento di Gori è di quelli mirati. Il 25 e 26 maggio a Bergamo si voterà il nuovo primo cittadino. A sfidarlo ci sarà Franco Tentorio, sindaco uscente a capo di una Giunta ritenuta “colpevole” di non aver dato vita a primo progetto del nuovo stadio, da costruire nell’area di Grumello del Piano. L’idea era quella di creare un vero e proprio parco dello sport di 620mila metri quadrati, per un investimento di 250 milioni di euro. Troppi, per una realtà di piccolo-medio cabotaggio come l’Atalanta.
Che ora si rifà sotto, con un nuovo progetto più sostenibile. Percassi ha già programmato tutto. Non è un caso che negli ultimi tempi si siano intensificate le voci di un possibile cambio di sponsor tecnico. L’Atalanta, già dalla prossima stagione, potrebbe vestire Nike. Il brand statunitense ha deciso di investire dal prossimo anno in Italia non solo vestendo Roma e Napoli, ma anche in una realtà di provincia in grado di offrire spazi di manovra per la propria attività di merchandising. Magari con dei negozi all’interno di uno stadio di proprietà.