Il caso Stamina è al centro del dibattito mediatico. È anche una vicenda di cui, da anni, si sta occupando la magistratura torinese. Da quando la trasmissione “Le Iene” ha dato visibilità nazionale a Davide Vannoni e a Stamina Foundation, ci sono stati ricorsi ai giudici del lavoro da parte di genitori di malati, discussioni in Parlamento, il lavoro di due commissioni del Ministero della Salute e ripetute stroncature da parte di prestigiose riviste scientifiche internazionali. In sette capitoli questa inchiesta ripercorre dall’inizio la storia di Stamina (con un’introduzione legata alla natura delle cellule staminali), che non inizia in Italia nel 2012 ma in Ucraina nel 2003 e ricostruisce, carte alla mano, come la fondazione possa aver avuto accesso ad uno degli ospedali più prestigiosi d’Italia, gli Spedali civili di Brescia e tratteggia una possibile conclusione una vicenda che è stata poco scientifica, molto mediatica e su cui si attende il pronunciamento della magistratura.
A cavallo tra settembre e ottobre 2014 è arrivato un nuovo stop, quello che sembra essere definitivo alla sperimentazione del “cocktail” di Vannoni: Il comitato di esperti, il secondo che si è pronunciato, all’unanimità ha detto, come scrive La Stampa che non esistono nemmeno le basi per tentare di sperimentare il metodo su pazienti disperati, affetti da terribili malattie neurodegenerative. Intanto il giudice per le Indagini preliminari di Torino a novembre deciderà se mandare a processo Vannoni e gli uomini di Stamina.
Dicembre 2012. La trasmissione tv di Mediaset “Le Iene” manda in onda il primo di una lunga serie di servizi riguardanti il cosiddetto “Metodo Stamina”. La vicenda di questo “metodo basato sulle staminali”, arriva sul piccolo schermo, in prima serata su Italia 1, in seguito al blocco del “trattamento” da parte dell’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco, arrivata nel maggio dello stesso anno. Saranno più di venti le puntate che il programma dedicherà a Stamina Foundation e al suo fondatore, Davide Vannoni. Già nel 2009 però una inchiesta del Corriere della Sera portò a galla il tema, e da lì in avanti è stata guerra a colpi di carte bollate e comitati, mentre un metodo con dubbi fondamenti scienitifici è approdato anche in uno dei maggio ospedali lombardi.
CAPITOLO I
Il tema delle cellule staminali è vasto e delicato: cosa è una cellula staminale, e che differenza c’è tra le cure a base di queste cellule e l’ormai famoso metodo Stamina?
CAPITOLO II
Prima di arrivare su giornali e televisioni però il “metodo Stamina” nasce lontano dall’Italia. Per la precisione in un laboratorio dell’Università Kharazin di Karkov in Ucraina, dove un team di scienziati lavora nel 2003 a una particolare categoria di cellule del midollo osseo, le mesenchimali. Vannoni si reca in Ucraina per curare una emiparesi facciale, dopodichè porta due scienziati russi del laboratorio in Italia per aprire la società per condurre i primi esperimenti nel 2006. Lo studio degli scienziati però è già stato pubblicato in Russia, ma non risulta come vincente. Così nei sotterranei di un palazzo di via Giolitti a Torino, dove Vannoni è già titolare della società “Cognition” (che svolge ricerche di mercato) hanno inizio le coltivazioni delle cellule.
CAPITOLO III
Vale la pena riavvolgere il nastro dell’iter che ha portato Davide Vannoni a essere riconosciuto dall’opinione pubblica e della strada che ha percorso fino a entrare in nosocomi come gli Spedali Civili di Brescia e scomodare giudici di mezza Italia per autorizzare o meno la terapia Stamina. Dai primi incarichi ai contatti decisivi con la politica piemontese e le istituzioni.
CAPITOLO IV
La vicenda Stamina è anche e soprattutto una storia di indagini giudiziarie, brevetti, società svizzere e Onlus create ad hoc. Ad accendere per primo i riflettori su Vannoni e i suoi collaboratori è il procuratore di Torino Raffaele Guariniello, noto soprattutto per l’inchiesta su Eternit e Thyssen-Krupp. Le prime denunce iniziano a comparire anche sui giornali già nel 2009: impianti di cellule fuori dalle norme, sostengono i pm di Torino e filmati che promettevano guarigioni miracolose da gravi malattie degenerative. Dalle inchieste della magistratura è stato possibile ricostruisce una nuvola di società che porta fino in Svizzera, dove spunta il patron di una nota multinazionale della cosmetica: Medestea.
CAPITOLO V
Come è stato possibile che il metodo Stamina sia entrato in uno dei maggiori ospedali lombardi? Perché la presunta cura Vannoni arriva fino agli Spedali Civili di Brescia e viene somministrata prima di qualsiasi sperimentazione di sorta? La storia inizia il 21 giugno del 2011 quando al Pirellone siede ancora la giunta guidata da Roberto Formigoni. Dopo una prima richiesta il 5 agosto il nulla osta con all’interno l’autocertificazione sulla sperimentazione Stamina viene inviato. Ma a chi? A Luca Merlino, attuale direttore vicario della sanità lombarda ed ex braccio destro dell’allora direttore generale Carlo Lucchina. Fu proprio lui, il direttore vicario, a gestire l’accordo tra la regione e la Fondazione Stamina nel settembre del 2011. Lo confermerebbero mail e documenti. Sulle presunte pressioni di Merlino sta indagando di nuovo la procura di Torino.
CAPITOLO VI
Un’altra domanda decisiva su tutta la vicenda, oltre all’ingresso del metodo agli Spedali di Brescia , si concretizza nel momento dell’autorizzazione. Il cavillo che sta diventando un paravento anche per chi, come la trasmissione “Le Iene”, ha fatto vera e propria pubblicità a Vannoni & Co., sta nelle maglie larghe del decreto legislativo del 24 aprile 2006 sulla classificazione delle terapie cellulare e nella pratica dell’autocertificazione usata e abusata.
CAPITOLO VII
La vicenda Stamina non è ancora all’epilogo. Sono anche partite le audizioni in Commissione Sanità alla Camera, in attesa della pronuncia del nuovo comitato. Proprio in quella sede lo scorso 29 gennaio sono stati ascoltati il direttore dell’AIFA Luca Pani e il comandante dei NAS Cosimo Piccinno. «Mi corre l’obbligo di segnalare che sono in corso accertamenti amministrativi che potrebbero evolvere in atti di Polizia giudiziaria su altri casi di infusioni di cellule staminali al di fuori delle regole, con rischi per la salute pubblica. Potremmo avere presto un caso Stamina 2, 3 e 4» ha segnalato il comandante Piccinno.
Intanto dalle relazioni emerge che nei migliori dei casi il pericolo è che il preparato della Stamina Foundation non contenga niente e non abbia alcun effetto; nel peggiore però potrebbe causare effetti collaterali non da poco. Sulla scena compare anche Camillo Ricordi, stimato scienziato italiano che a Miami dirige il Diabetes Research Institute, che si offre di analizzare il preparato somministrato della Stamina Foundation. Sarà questa la parola fine sul “metodo Stamina”?