Mentre la spesa sanitaria procapite in Italia è diminuita di oltre due punti percentuali negli ultimi anni (come registra il rapporto Health at Glance dell’Ocse), il costo medio degli errori nella sanità pubblica quasi raddoppia dai 66mila euro del 2011 ai 116mila euro del 2012, per un costo potenziale di oltre 7 milioni di euro in un anno (per 61 casi denunciati in media) sulle casse di ciascuna azienda ospedaliera italiana. Questo è il dato che emerge dalla quinta edizione del report Medmal sui sinistri nella sanità, realizzato dalla compagnia assicurativa Marsh. In nove anni, errori e incidenti sono costati alla sanità pubblica quasi 1,5 miliardi di euro, 300 milioni solo nel 2012.
L’analisi prende in considerazione 96 strutture sparse in tutto il Paese, con oltre 2 milioni di ricoveri annuali. Il numero medio di richieste di risarcimento che ogni struttura riceve i un anno, dopo il picco di 71 casi nel 2009, subisce un calo fino al 2011 per poi risalire a 62 nel 2012. In media, è un errore denunciato ogni dieci posti letto. Per denunciare un eventuale danno, un paziente ha dieci anni di tempo da quando se ne rende conto: circa la metà delle richieste di risarcimento vengono fatte nei primi sei mesi, ma molte arrivano anche sei anni dopo l’evento. E questo perché non tutti i danni sono immediatamente visibili. Nella maggior parte dei casi non si ricorre ai tribunali, e in questo caso per arrivare al risarcimento si aspettano anche tre anni; solo l’8% delle richieste di risarcimento si evolve invece in procedimenti penali, e qui bisogna aspettare almeno cinque anni per vedere la conclusione.
«L’aumento generale delle denunce può avere fra le sue concause anche il momento di crisi che stiamo vivendo», spiega Emanuele Patrini, responsabile del settore sanitario di Marsh. «In questo periodo si registra una maggiore attenzione e sensibilità all’“autodifesa”». E non è un caso che «oggi le aziende ospedaliere debbano inserire a bilancio, fra le passività presunte, anche le riserve per i sinistri in autoritenzione, cosa che può portare a una minore disponibilità economica per nuovi investimenti».
Non solo: «L’aumento delle denunce ha generato prudenza negli stessi medici, che talvolta sono portati a chiedere esami e analisi aggiuntive. Ecco perché si parla di medicina difensiva. Questo approccio è anche causato dal crescente fenomeno dell’autodiagnosi, che deriva da una più facile reperibilità di informazioni di tipo medico». Soprattutto in Rete.
Anche il valore assicurativo medio è aumentato nel periodo analizzato, passando da 3.400 euro a 4.000 euro per posto letto. Ma se i pazienti sono l’84% di coloro che denunciano i danni subiti nelle strutture sanitarie, i visitatori rappresentano però la seconda categoria più colpita, con il 9,5% dei casi. La maggior parte delle lesioni (16% sul totale) avviene infatti negli spazi in comune delle strutture ospedaliere, dagli ascensori ai corridoi, coinvolgendo quindi anche i visitatori. Il numero di denunce per danneggiamenti accidentali è cresciuto non a caso dal 5,8 al 9,9 per cento. Seguono i reparti di ortopedia (13%), il pronto soccorso (12,6%), chirurgia generale (10%) e ginecologia (7,4%).
Ed è proprio nel reparto di ostetricia e ginecologia che tra il 2011 e il 2012 si è registrato un incremento dei danni denunciati. «Il sinistro in ostetricia-ginecologia è quello che ha registrato il maggiore incremento dall’ultima edizione del nostro report, con un aumento dello 0,5 per cento rispetto all’anno precedente», conferma Patrini. «È il cosiddetto sinistro a bassa frequenza e ad alta magnitudo, che spesso ha maggiore risonanza sui media e conseguenze più gravi rispetto ad altri eventi». Si tratta, nella maggior parte dei casi, di problemi emersi durante il parto, che producono danni permanenti sul nascituro o sulla madre, o addirittura il decesso.
Il 78,6% delle denunce viene effettuata per lesioni da parte dei pazienti, ma sono aumentati anche i casi di denuncia per decessi sospetti, dal 7,1 al 7,7 per cento. L’evento denunciato più di frequente è l’errore chirurgico (27,2%), seguito dall’errore diagnostico (19,3%) e dall’errore nella scelta della terapia (10,5%).
Ma ci sono delle differenze geografiche tra Nord, Sud e Centro Italia. La maggior parte dei danni dovuti agli infortuni all’interno delle strutture avviene al Sud, dove si registra anche il picco per gli errori in ginecologia e le richieste dei risarcimenti per i decessi, e al contrario, il minor numero di richieste di risarcimento per lesioni procurate al pronto soccorso e per errori nella diagnosi. Il Nord è bandiera nera per i risarcimenti chiesti a seguito di danni in chirurgia generale, mentre il Centro Italia spicca per la più alta percentuale di errori nella diagnosi della patologia.
Il costo maggiore, però, si registra per quelli che vengono chiamati “grandi sinistri”, che sono solo il 2% e pesano per il 40 per cento. Si tratta di risarcimenti da 500mila euro in su, richiesti soprattutto per danni subiti durante il parto. Un esempio: per un errore diagnostico in un reparto di neonatologia del Nord Italia, nel 2005 sono stati pagati 4,6 milioni di euro. Solo dopo un’eventuale condanna interverrà anche la Corte dei conti, che potrà condannare il medico o l’infermiere a risarcire la struttura sanitaria.