Paralleli“Renzi faccia in fretta in questa Italia depressa”

Intervista ad Andrea Romano

«Un mago del travestimento politico, un infiltrato, un con-servatore camuffato da socialista. Un rinnegato, capace di svendere gli ideali della sinistra per brama di potere. Un opportunista. Un despota, un piacione innamorato della propria immagine. Un traditore. Un neocon. Un berlusconiano»

La citazione è tratta da The Boy, il libro che Andrea Romano, deputato in quota Scelta Civica e professore di Storia Contemporanea, ha dedicato al padre del New Labour britannico (Mondadori, 2005). Abbiamo riletto il volume, riguardato i video delle prime apparizioni di Tony Blair come premier britannico, e chiacchierato con Romano, per capire, dopo tanto scrivere di parallelismi tra i due, cosa c’è di Tony Blair nei primi passi di Renzi. Dal punto di vista privilegiato di chi partecipa ai lavori del Parlamento.

C’è un passaggio nel suo libro in cui si chiede da dove sia uscito Tony Blair. È un personaggio atipico e solitario, chiede? È un novello Prometeo? La risposta che si dà è “no”. La sua è una storia britannica, espressione di una nuova sinistra che già presenta istanze di rinnovamento. Possiamo dire che anche quella di Renzi è una storia italiana?
Renzi può sembrare un “animale strano”, ma in lui tornano molti elementi culturali che lo hanno preceduto. Compresi i tentativi falliti della sinistra italiana: D’Alema, Veltroni, Prodi. Quello di Matteo è di fatto un nuovo tentativo di liberare il Paese e dare nuove possibilità.
Certo, Renzi ha un elemento di novità forte rispetto alla tradizione degli anni ’90. Ha meno inibizioni, può fare cose che gli altri non hanno fatto perché portavano con sé il peso di un passato pesante. Renzi non è mai stato comunista. Ricordo che Veltroni nel 2007 fece un viaggio sulla tomba di Don Milani, e che i suoi discorsi erano carichi di citazioni celebri. Renzi non ha bisogno di costruirsi un pantheon. E in questo senso ha le mani più libere.

Romano, qual è il tratto principale che accomuna Matteo Renzi a Tony Blair?
Oltre all’elemento demografico, che unisce un trentanovenne Renzi a un Blair che diventa premier a 44 anni, direi che è quello che io chiamo “populismo democratico”. Nel 1997 Blair guida la sinistra sulla spinta di una riconnessione tra la politica britannica logorata – dopo gli anni thatcheriani – e la popolazione, compresa quella dai sentimenti “meno raffinati”. È in questo senso che introduce ad esempio la politica del “piccolo crimine”, assolutamente estranea a una sinistra che discuteva solo di come combattere le cause che portavano gli ultimi a commettere crimini. Blair invece dice: “Duri contro i criminali quanto contro le cause”. Blair è uno che ha imparato a semplificare la politica, a renderla più popolare. E questo lo rivedo anche nel linguaggio di Matteo. Nel suo tentativo di parlare a tutti abbandonando il paludato linguaggio della sinistra. C’è “populismo democratico” anche nella scelta renziana di viaggiare in Italia e di iniziare a farlo dalle scuole. Quando vengono sciolte le camere inglesi, il 12 marzo del 1997, Blair – che aveva previsto il momento – si fa trovare esattamente davanti a una scuola.

E sul piano dei contenuti, oltre all’istruzione?
Direi il focus sulle capacità imprenditoriali. Renzi ha ribadito più volte che l’Italia deve diventare un Paese in cui finalmente si possa investire. C’è in entrambi questo valore positivo dell’imprenditorialità.

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Prime minister’s questions del 21 maggio 1997

C’è un passaggio nelle Prime Minister’s questions del 21 maggio 1997 in cui Blair viene attaccato per le sue politiche giovanili. Anziché continuare a dare denaro ai giovani disoccupati, Blair propone di usare gli stessi soldi pubblici per creare posti di lavoro…
Certo, è lo stesso principio delle politiche attive che porta avanti Renzi. Si punta a inserire i ragazzi nel mondo del lavoro, anziché disperdere soldi in cambio di nulla.

A proposito di Blair: racconta nel suo libro il suo rimanere fedele agli ideali del Labour Party, nonostante quella sua apertuta all’imprenditoria, al capitalismo. Giustizia sociale, solidarietà, ricerca di maggiori opportunità e prosperità per tutti, questi i valori riconosciuti dal premier britannico. Si può dire lo stesso del nostro presidente del Consiglio?
Renzi non è un traditore. L’ho seguito nei lavori, e non ho mai pensato che avesse tradito gli ideali della sinistra. Lo dico io che mi considero un liberale di sinistra. Renzi cerca di valorizzare il tratto più liberale e libertario del suo partito. Prova di fatto a valorizzare alcune tendenze della sinistra italiana, anche se minoritarie. Ci provò anche D’Alema, ma in modo più duro. C’era in lui l’idea che la sinistra andasse in qualche modo “violentata”, cercava cioè di fare cose liberali andando contro la sua stessa famiglia, che lo voleva conservatore. Per Renzi forse è più facile perché sono passati più anni dall’esperienza del comunismo..

Quale la principale differenza dei due percorsi?
C’è in Blair un moralismo forte che in Matteo non vedo. In Renzi trovo più pragmatismo, perché è stato amministratore locale.

Matteo Renzi alla Camera il 26 febbraio 2014

Scrive nel suo libro che la Gran Bretagna uscita dall’era del New Labour blairiano è un Paese più ricco, più giusto. Ha un sistema educativo più aperto, efficace. Scompaiono i fenomeni di povertà più radicati. Ha gli investimenti pubblici tra i più alti in Europa.
Una domanda da cento milioni di dollari: se tutte le riforme proposte da Renzi alle Camere andassero in porto, otterremo gli stessi risultati?

Tra anni ’80 e ’90 l’Inghilterra subisce una vera trasformazione. Passa da uno stato di declino a uno di crescita. Ed è nel pieno di questa crescita che Blair inizia il suo premierato. L’Italia del 2014 è nel mezzo di una crisi economica grave. Siamo un Paese depresso e fermo. Ci sono anche, per Matteo, sfide politiche più dure con i sindacati. A fine anni ’90, Blair di fatto si trova il terreno già spianato in questo senso dalla Thatcher. Renzi è stato preceduto da un Berlusconi che ha fatto solo battaglie economiche o personaliste.

Insomma, Renzi dovrà essere bravo il doppio?
Ho paura di sì. Renzi ha meno tempo, dovrà fare tutto più in fretta, e riforme drastiche, radicali. Per lui, un risultato straordinario sarebbe anche solo quello di invertire il declino.

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