L’altro piano di paceSiria, il piano dei ribelli per unirsi contro Assad

La Umma iniziative

I negoziati di Ginevra II tra il governo siriano e il gruppo dei politici in esilio supportati dai Paesi occidentali hanno appena visto la conclusione della loro prima fase con un nulla di fatto. In Siria, tuttavia, un altro processo di pace è appena iniziato, lontano dagli occhi delle telecamere. Quello che potrebbe presto rivelarsi come il più importante tra i due. L’analisi del Canergie Endowment.

La guerra contro la Stato Islamico
Il 3 gennaio scorso diversi gruppi di ribelli siriani hanno attaccato l’organizzazione jihadista transnazionale nota come Stato islamico dell’Iraq e del levante (Isis) dopo mesi di tensioni crescenti nel nord della Siria.
I gruppi che hanno dato vita agli attacchi erano per lo più collegati al Supremo consiglio militare (Smc), un direttivo ribelle alle prime armi e un sistema di raccolta fondi supportato dall’Occidente e dai Paesi del Golfo e guidato da Salim Idris. Esso include l’esercito dei Mujahideen (o Mujahideen army) e il Fronte rivoluzionario siriano (Srf).

Inizialmente ne faceva parte anche il Fronte islamico, ex rivale del Fronte rivoluzionario siriano nonché principale coalizione islamista che ha poi tagliato i legami con il Supremo consiglio militare. Ci volle almeno una settimana perché i leader del Fronte islamico riconoscessero pubblicamente il loro ruolo nel conflitto, a causa della difficoltà di dover combattere contro un’altra fazione islamista.
Le cose furono ancora più complicate per il Fronte al-Nusra, un gruppo allineato con al-Qaeda nato dalle stesse radici dell’Isis. Dopo il 3 gennaio il Fronte al-Nusra ha cercato di distanziarsi dai combattimenti. Il suo leader, Abu Mohammad al-Golani, ha proposto il cessate il fuoco e la mediazione in un tribunale della sharia, criticando le politiche difettose dell’Isis. Ma il tentativo fatto da Golani è sembrato scivoloso, e in molte aree i membri del Fronte al-Nusra si sono uniti comunque alle battaglie.

Costruire la pace non la fitna
Entra in scena Abdullah bin Mohammed al-Moheisini. Da quando il conflitto è scoppiato, questo predicatore saudita e salafita è diventato una piccola celebrità sui social media, e ha aiutato a raccogliere fondi per la rivolta in Siria. La sua popolarità è esplosa quando è rientrato in Siria nel 2013 e ha iniziato a lavorare direttamente sul terreno con le fazioni islamiste come un finanziere girovago, istruttore religioso, e mediatore – twittando furiosamente ai suoi 270mila follower chiedendo loro di donare soldi alla causa siriana o di raggiungerlo per combattere sul campo.
Quanto più si dimostrava efficace il suo tentativo di finanziare la jihad siriana, tanto più cresceva la sua statura tra i siriani.

Verso la fine del 2013 era apparso in foto insieme a un presunto gotha fautore del segmento islamista più duro nella guerra siriana, che comprende comandanti di alto livello sia del Fronte islamico che del fronte al-Nusra che dell’Isil.

Così come molti altri islamisti, Moheisini era profondamente turbato dalla fitna, o conflitto interno, scoppiato nel Nord della Siria il 3 gennaio. Una fitna frutto dello spargimento di sangue musulmano per mano musulmana – cosa proibita dall’Islam – ma che avrebbe anche sviato la lotta contro il presidente siriano Bashar al-Assad e avrebbe esposto i ranghi islamisti alla penetrazione dell’Occidente e degli stati del Golfo.

L’Iniziativa chiamata Umma
Il 23 gennaio Moheisini ha lanciato un piano di pace chiamato Umma Initiative («umma» in arabo sta per «nazione», usata nel senso di una comunità islamica globale). Ha iniziato a tessere il piano facendo visita ai leader dei ribelli ma anche sui media e ha creato una sezione dedicata alla Umma initiative sul suo website, una pagina Facebook dedicata, un account Twitter e un hashtag.

Moheisini vede chiaramente la Siria come un fronte in un grande conflitto globale. Nel messaggio che introduce l’iniziativa, egli spiega che si è consultato con diversi leader dei ribelli e studiosi e che ha preso ispirazione dal leader di al-Qaeda Ayman al-Zawahiri e dalla sua recente proposta di una mediazione siriana sulle righe della sharia. 

Questo il piano: dopo un immediato cessate il fuoco tra Isis e gli altri ribelli, le fazioni eleggeranno una corte arbitrale da una lista di dieci studiosi religiosi indipendenti. I candidati vengono scelti da piccole fazioni di seconda linea come Suqour al-Ezz (situato in Latakia), il Great Battalion (Qalamoun) e il Jund al-Aqsa (Idlib/Hama), che secondo quanto afferma Moheisini sono rimasti finora estranei al conflitto. Tutte le fazioni ribelli coinvolte nella Umma Initiative devono essere d’accordo su tutti i candidati. Se non riescono a travarsi d’accordo su una lista di dieci candidati, possono suggerire altri nomi finché non si trovi l’accordo. 

Una volta creata la corte, le decisioni saranno vincolanti per tutti quelli che hanno sposato l’iniziativa. 

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